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Umanità Nova, numero 5 del 12 febbraio 2006, Anno 86

La partita di Caracas
Forum Sociali: la stasi dei movimenti genera mostri


La stasi dei movimenti genera mostri, verrebbe da dire - parafrasando un celebre detto - osservando gli sviluppi dei Forum sociali mondiali (MSF), che hanno appena concluso i loro lavori in successione: il primo a Bamako ed il secondo a Caracas. Mentre in Africa, in un continente che si pensava desertificato dal neocolonialismo e posto in condizioni di incapacità di produrre idee di cambiamento, una società civile si è manifestata con forza, interloquendo alla pari con i delegati delle varie organizzazioni presenti, prevalentemente europee; indicando linee ed orientamenti diconfronto e di azione, soprattutto sul terreno della difesa dell'agricoltura dai piani del WTO, dell'acqua come bene di tutti, delle conseguenze delle migrazioni, del ruolo femminile; costruendo convergenze e percorsi che troveranno altri momenti di verifica negli incontri che si terranno prossimamente. Parrebbe in sostanza che, pur non potendosi parlare di movimento nei termini consueti, a Bamako si siano posti alcuni paletti per una crescita autoctona sostanzialmente autonoma da governi e sedicenti avanguardie politiche. Non a caso il tentativo dei soliti noti (leggasi Samir Amin e compagnia) che avevano addirittura scritto il "Manifesto di Bamako" prima del Forum non ha prodotto i frutti che si proponeva.

A Caracas invece si è riproposto con grande evidenza il conflitto che contrappone quanti sostengono da tempo che i Forum sono inconcludenti, che non fanno politica, con chi li difende, con sempre maggiore difficoltà, come luoghi di confronto, di produzione di cultura cercando, con scarsissimi risultati, di riannodare i fili con la vitalità del movimento iniziale di Porto Alegre e di Genova. L'impazienza della sinistra statalista ed istituzionale di incamerare gli indubbi risultati del movimento dei movimenti, su scala mondiale, in questi cinque anni, affossando di fatto una pratica di base, sicuramente insufficiente e permeata di idealismo, ma fatta di partecipazione e di volontarismo, per integrarne gli attivisti, non consente vie d'uscita, se non con quella di riprendere in mano la propria completa autonomia. A Caracas, in un clima dominato dal nuovo caudillo terzomondista, Hugo Chavez, che ha detto strumentalmente di temere una folclorizzazione dei Forum, si è di fatto giocata una partita finale tra una prospettiva di subordinazione definitiva di quel che resta dei "movimenti" ai governi "amici", presentati come unici baluardi antimperialisti, e chi, non opponendosi con energia a suo tempo all'infiltrazione dirigista, tenta di salvare il salvabile. Una partita i cui risultati sono apparsi scontati in un contesto come quello sudamericano che ha visto negli ultimi anni l'affermazione elettorale di molti partiti di sinistra, i quali si sono presto dimenticati di quanto il loro successo sia stato determinato dalla vitalità e dall'autonomia dei movimenti di base. Niente di nuovo sotto il sole: la democrazia partecipativa rimane sempre vittima del potere se non è in grado di farne a meno, se non riesce ad innescare percorsi reali di autogestione.
La tentata omologazione bolivariana del Forum deve aprire anche qui una riflessione propositiva sul ruolo di quanti pretendono di rappresentare i movimenti di base dentro le istituzioni (vedi Rifondazione), una riflessione ormai indifferibile in prossimità delle prossime scadenze elettorali: è in gioco la vitalità dei movimenti che in questi mesi si sono espressi sul territorio in tema di sviluppo ed ambiente (Val di Susa in primis).

mv


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