Umanità Nova, numero 6 del 19 febbraio 2006, Anno 86
In questa "Giornata del ricordo" del 10 febbraio 2006 si sono sprecate le manifestazioni ufficiali che hanno voluto usare gli infoibati del 1943-45 in Istria e nei dintorni di Trieste per una specie di rivincita neofascista. Le vesti delle "vittime innocenti dello slavo-comunismo" sono state attribuite a tutti coloro che vennero buttati nelle cavità carsiche dai partigiani jugoslavi. Anzi si è parlato di "martiri" e poi addirittura di "eroi". In qualche città italiana, sia con amministrazioni locali di destra che di sinistra, si comincia a dedicare vie e piazze a queste persone uccise dopo il crollo del nazifascismo. Ormai l'ondata della propaganda governativa tricolorata sta imponendo l'idea che si tratta di onorare questi uomini inermi e innocenti colpiti dalla malvagità dei vincitori e per di più "ingiustamente dimenticati per tanti anni".
Occorre invece cercare di inquadrare la vicenda nel suo contesto storico e umano. Va tenuto comunque conto che le foibe non presentano i tratti della "giustizia popolare" in quanto sono conseguenza di un misto di rabbia per le proprie vittime da parte di partigiani sloveni e croati insieme a regolamento di conti personali. Esse sono poi da inquadrare nelle metodologie della giustizia sommaria e dello stalinismo dominante nell'immediato dopoguerra e non vanno esclusi gli intenti di espansione nazionale da parte dello stato jugoslavo. Soprattutto bisogna ricordare la dura opera di snazionalizzazione che il fascismo italiano (i due termini finirono per confondersi agli occhi di non pochi slavi oppressi dal regime) mise in atto nei territori occupati dopo il 1918 e nei quali la cultura era prevalentemente slava. E l'apparato repressivo italiano, prima liberale e poi fascista ma sempre molto militarizzato, fu generoso in fucilazioni di sospetti, in incendi di villaggi, in deportazioni e internamenti, in umiliazioni e vessazioni di ogni genere. Non era raro che, già negli anni Trenta, ai contadini sloveni e croati venisse sottratta la mucca per non aver pagato le tasse o che fosse impedito con la violenza di usare la propria lingua nei villaggi. Con l'annessione della Provincia di Lubiana nel 1941, ogni misura antislovena fu resa ancora più oppressiva dai funzionari statali, militari e civili. Per non parlare delle torture sistematicamente applicate da soldati e da poliziotti speciali durante la lotta contro i "banditi" nelle campagne e montagne slovene, oltre che contro i partigiani nelle città.
Tutto questo contesto di violenza bellica e prebellica del fascismo contribuisce a spiegare le ragioni di una risposta condotta sullo stesso piano violento che, in fin dei conti, fu meno dura che in altre regioni europee e in altri contesti di crisi e di sconfitta del nazifascismo. Si pensi che ci fu un esodo di vari milioni di persone dai territori persi dalla Germania nazista dopo il 1945 e che gli stessi eserciti alleati occidentali non esitarono a bombardare a tappeto varie città tedesche procurando centinaia di migliaia di morti civili. Fu la logica della vendetta: l'aviazione inglese volle pareggiare i conti con i bombardamenti subiti da Londra e altre città inglesi nel 1940-41. Intanto l'aviazione alleata non colpì i lager che continuarono a funzionare fino alla ritirata dei nazisti.
Nel dopoguerra ben poco spazio ebbe la denuncia di tali violenze alleate e anzi le spiegazioni più diffuse in Germania attribuirono, e attribuiscono, la responsabilità storica alla politica nazista di aggressione ai popoli vicini.
Paradossalmente l'Italia ufficiale cercò di usare la Resistenza per rivendicare un qualche merito istituzionale nella lotta antifascista per non venir punita come la Germania ex nazista dove quasi non vi fu opposizione popolare durante la guerra. Ebbene oggi, nel "Giorno del Ricordo", l'Italia ufficiale, con in testa l'ineffabile Ciampi, si dimentica delle responsabilità del fascismo al confine orientale e vuol presentare la solita stantia immagine dell'"italiano-brava-gente" ingiustamente colpito dalla malvagità slavo-comunista. È un ricordo ad uso e consumo di chi si vuole autoassolvere per le colpe storicamente assunte da istituzioni e funzionari in queste terre tormentate.
L'autoassoluzione funziona automaticamente anche quando si scoprono complicità e coperture verso i criminali nazisti. Proprio in questi giorni un'indecente Commissione parlamentare, presieduta da un esponente di AN, ha definito "semplice negligenza" della magistratura militare italiana l'aver dimenticato di condurre i processi per le stragi compiute dai nazisti nel 1943-45. Nessun comandante nazista, evidentemente aiutato dai camerati italiani, ha dovuto nemmeno rispondere per quegli assassini di abitanti di villaggi come Boves.
Non c'è da aspettarsi niente di buono, nemmeno su questo
piano, da un eventuale governo del centrosinistra se un leader come
Fassino ha sposato in pieno la tipica tesi neofascista degli italiani
uccisi in quanto italiani (e non in quanto fascisti). Quante penitenze
simili faranno ancora i nostrani aspiranti governativi? E quante comode
dimenticanze nelle loro ricostruzioni pseudostoriche? Sarebbero affari
loro se purtroppo tutto ciò non rafforzasse la cattiva abitudine
di subordinare l'analisi del passato alle convenienze e alle
opportunità del presente. E i mezzi di propaganda del potere, di
oggi e di domani, scelgono le verità da imporre e quelle da
emarginare e, all'occorrenza, da criminalizzare.
Altro che ingenue illusioni sulla Memoria e sul Ricordo!
Claudio Venza