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Umanità Nova, numero 6 del 19 febbraio 2006, Anno 86

L'ordine dei cimiteri
Fabio Capello e l'elogio della dittatura franchista


Non bastassero le dichiarazioni di ministri e presidenti del consiglio, ora ci si mettono anche gli allenatori di calcio. Non c'è davvero più religione!

Dopo quel "Mussolini più grande statista del secolo" con cui si presentò Gianfranco Fini, chiarendo fin da subito come la pensava, e dopo le dichiarazioni sul "fascismo che non ha mai ammazzato nessuno" e sulle villeggiature dorate di cui usufruivano gratuitamente, nelle isole, i confinati politici durante il ventennio, rilasciate a suo tempo dal redivivo Napoleone Bonaparte (se non altro, sulla equivalenza della statura fisica non si nutrono dubbi), ecco che dalle pagine di "Repubblica" Fabio Capello, oggi allenatore della Juventus e qualche anno fa del Real Madrid, si abbandona alla nostalgia dei bei tempi spagnoli, rievocando in una intervista "il calore e la creatività latina regolati da un ordine rigoroso. L'ordine che viene da Franco". Sollecitato dall'incredulo giornalista a chiarire quello che pareva un equivoco, il trainer ha pensato bene di rincarare la dose, spiegando che Franco "ha lasciato in eredità l'ordine. In Spagna funziona tutto e funziona bene, ci sono educazione, pulizia, rispetto e poca burocrazia".

I lettori di "Umanità Nova" conoscono molto bene quale fu "l'ordine rigoroso" con il quale Francisco Franco oppresse e irreggimentò, per interminabili decenni, il popolo spagnolo. Ma non è male ricordarlo. Un ordine fatto di violenza pubblica e privata che portò alla morte centinaia di migliaia di oppositori. E non solo durante il conflitto armato innescato dall'avventura criminale di quei generali felloni, ma anche, e ben più tragicamente, dopo la definitiva vittoria delle armate clericofasciste. Carceri rigurgitanti di prigionieri che venivano prelevati a decine, giorno dopo giorno, per essere condotti davanti ai plotoni d'esecuzione, la feroce repressione di ogni forma di opposizione, l'esilio e la diaspora di milioni di spagnoli per i quali sarebbe stato semplicemente impossibile sopravvivere nella propria terra, l'impossibilità di esprimere, a qualsiasi titolo, anche il più pallido e innocente dissenso nei confronti della dittatura. Un "ordine rigoroso", indubbiamente, che fece della Spagna il buco nero dell'Europa, il paese più chiuso e arretrato, asservito a un clero famelico e vendicativo, che ricostruiva, con la nascita e la crescita dell'Opus Dei, quel malavitoso potere finanziario ed intellettuale finalmente distrutto dalle comunità anarchiche e rivoluzionarie. Un "ordine rigoroso" fatto di violenza e terrore, anche se, probabilmente, così come nell'Italia fascista, anche in quella franchista i treni arrivavano finalmente in orario.

Non seguo il calcio, per cui non posso esprimermi sulle qualità professionali di questo tecnico. Sicuramente, però, quelle umane sono assai scarse. Se non inesistenti. Pur tralasciando, infatti, la banalità del luogo comune per il quale, per vivere in maniera educata e rispettosa, si debba per forza soggiacere a un regime ferocemente dittatoriale (e questo già la dice lunga sul concetto di "educazione" che hanno tutti i fautori della maniera forte), associare, per rimpiangerlo, l'ordine dei cimiteri creato dalla dittatura franchista alle nuove qualità di un paese, è una di quelle bestialità che non si possono perdonare neppure a un tecnico del pallone. Tanto più che se oggi la Spagna è veramente quella che vagheggia Capello, è tale proprio perché, nonostante tutto, è riuscita a gettarsi alle spalle la maleducata, irriverente, sporca e burocratica eredità lasciatale dal franchismo.

Ma questo, forse, è un ragionamento troppo complicato per il nostro bravo allenatore, che sicuramente farebbe meglio ad occuparsi di altro che non dell'ordine rigoroso che vorrebbe anche per noi.

Massimo Ortalli

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