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Umanità Nova, numero 7 del 26 febbraio 2006, Anno 86

Un mondo in fiamme
Tra razzismo padano e delirio integralista


Il consolato italiano a Bengasi incendiato, almeno undici dimostranti morti sotto le raffiche della polizia libica, la rivolta che investe lo stesso regime di Gheddafi, le dimissioni del ministro leghista Calderoli che con la sua maglietta anti-islamica ha provocato qualcosa più grande di lui.

Infatti Calderoli è probabilmente vittima di se stesso, ossia di quel limitato orizzonte sottoculturale padano per cui i confini della comunità d'appartenenza sono alle porte del paese natio e il mondo che vive oltre di esse è già extracomunitario.

Calderoli è in fondo uno dei prodotti della cosiddetta teoria dell'agire comunicativo: ha come interlocutore principale quella parte di realtà pedemontana che è connotata e regolata da superlavoro, bassa scolarizzazione e morboso consumismo, e si rivolge ad essa con gli argomenti che questa produce e circuita nei bar, nei treni, negli stadi, nelle chat, nelle discoteche.

D'altra parte, altre e più alte cariche dello Stato, avevano in passato fatto affermazioni non meno discriminanti e offensive delle sue, basti ricordare quelle di Berlusconi sulla superiorità della civiltà occidentale o Marcello Pera quando ha parlato della necessità della "solidarietà occidentale" contro la "guerra santa" islamica; ma vale la pena anche citare lo stesso presidente della repubblica Ciampi, ora "preoccupato", che ha recentemente insignito con una medaglia d'oro in quanto "benemerita della cultura" quella seminatrice d'odio che risponde al nome di Oriana Fallaci, legittimandone le desolanti semplificazioni storiche, le volgari quanto razziste invettive contro i "nemici dell'Occidente", le esaltazioni maschiliste e militariste.

Calderoli ha però fatto male i suoi conti e la sua maglietta, spettacolarizzata a livello globale, ha permesso all'integralismo islamico di penetrare anche in Libia dove, fino a ieri, il regime nazionalsocialista di Gheddafi l'aveva represso e tenuto sotto controllo. Col pretesto della difesa della libertà d'espressione, il ridanciano ex-ministro leghista, con ogni probabilità, in vista della scadenza elettorale voleva utilizzare l'ennesima provocazione per suscitare facili consensi padani attorno ai soliti luoghi comuni della xenofobia di cui la Lega Nord è da tempo la principale imprenditrice politica; ma, suo malgrado, ha dovuto rendersi conto che oltre il suo verde cortile c'è un mondo in fiamme.

Per quanti credono e lottano per l'affermazione autentica e totale della libertà, non esclusa quella da ogni potere religioso, la situazione attuale non appare certo favorevole; eppure ora come non mai risulta chiaro, come ebbe a scrivere in versi G.K. Gibran, che "Gli dei si nutrono di sacrifici, la loro sete si placa col sangue".

E parlare oggi di libertà passa inevitabilmente dall'opposizione più decisa contro chi vuole impedire il dialogo e la comunicazione tra individui, generi, culture, classi sfruttate; a partire dal cercare di rompere quella visione superficiale quanto stereotipata che nel colto, ricco e democratico Occidente si ha di quello che viene sbrigativamente definito come "mondo musulmano".

Si tratta infatti di una articolata pluralità di realtà non solo religiose, ma anche culturali, geografiche e politiche, tanto quanto è storicamente e culturalmente diversificata la "nostra" società, massacrata e oppressa da regimi e fondamentalismi non meno feroci e totalitari di quelli che oggi si vedono soltanto guardando ad oriente.
In questo senso, in primo luogo, è necessario continuare ad affermare che la creazione della figura del nemico esterno è da sempre funzionale ai poteri dominanti che da sempre hanno avuto tutto l'interesse a dividere e confondere le classi subalterne, coinvolgendo in questa diversa visione anche quel "mondo islamico" composto non soltanto da musulmani praticanti, più o meno fondamentalisti, ma anche donne e uomini laici, credenti con varia intensità e non credenti, che appartengono o provengono da paesi arabi o da paesi musulmani, sovente lasciati per prendere la via dell'esilio o per guadagnare la libertà; il che dovrebbe apparire scontato come appare scontato il fatto che la "nostra" società comprende anche in modo conflittuale credenti di diverse confessioni, integralisti, non praticanti, agnostici, atei e materialisti dialettici.

Una strada certo difficile, come ogni scelta rivoluzionaria, ma ineludibile.

Anti

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