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Umanità Nova, numero 8 del 5 marzo 2006, Anno 86

Carità elettorale
Berlusconi taglia l'Onu e distribuisce agli amici


La notizia è di una settimana fa: l'Italia, per decreto dell'attuale "duce" della Farnesina, ha deciso di tagliare alcuni milioni di dollari che volontariamente donava alle maggiori agenzie dell'Onu (Fao, Undp, Oms, Unicef, tra le altre) per privilegiare quelle i cui vertici fossero gestiti da italiani vicini alle posizioni politiche della CdL. Siamo in campagna elettorale, e bisogna contentare i clientes in attesa che rinnovino il loro voto, e quindi ben venga l'annullamento dei fondi all'Unfpa che analizza lo stato di salute delle popolazioni nel mondo, avanzando raccomandazioni specie a tutela del genere debole: ma la Santa Sede contesta da anni i suoi rapporti in cui anche l'aborto (almeno dalla Convenzione del Cairo nel 1994 in poi) rientra tra le opportunità di difesa della donna, e quindi zero euro all'Unfpa!

I lettori di UN probabilmente conoscono già i fatti e le reazioni, cerchiamo di vederne i motivi. L'Italia è il sesto finanziatore del sistema ONU, con 87 mln $ regolarmente versati ogni anno in ritardo rispetto alla data del 31 gennaio (noi paghiamo sempre in ritardo, a marzo nel 2004, a febbraio nel 2005). Solo pochissimi paesi rispettano gli impegni presi, e fra questi, ad esempio, il Burundi che versa 17795 $, il Gabon (160156 $) e il Bangladesh (177951 $, dati 2005). I principali sostenitori Onu sono gli Usa con 440 mln $, il Giappone (346 mln $), la Germania (154 mln $), il Regno Unito (109 mln $), la Francia (107 mln $). Russia (19 mln $) e Cina (37 mln $), che pure godono del diritto di veto nel CdS, e quindi comandano in condominio con le ex potenze alleate vincitrici della II guerra mondiale, sono alle spalle dell'Italia. Non si tratta di grandi cifre per nessuno, ma gli Usa sono stati fino a poco tempo fa i principali morosi, per ricattare la struttura Onu, più di quanto essa non faccia già di per sé, per ragioni "oggettive" data la mole della superpotenza, ad ossequiare il cosiddetto "Washington Consensus". Forse l'Italia, che con Berlusconi ambisce ad essere il primo maggiordomo fedele al padrone oltre-atlantico, inizia anche sul piano delle risorse finanziarie a imitare l'amministrazione statunitense, sperando di contare di più nella redistribuzione delle carte in palio nel futuro assetto dell'ONU.

Certo, la contraddizione tra il dire e il fare è palese e clamorosa, ma chissenefrega!, direbbe il post-fascista Fini. I miliardi di dollari spergiurati da Berlusconi per debellare la povertà nel mondo, per sconfiggere l'Aids (giusto nel G8 di Genova 2001!) vengono sbandierati come specchio per le allodole, mentre la scure dei tagli cala proprio sull'Unaids e sull'Undp che dovrebbero occuparsi di povertà e aids… Ciò è in linea con l'intento strategico, forse addirittura bipartisan, di piegare la cooperazione "non-governativa" allo sviluppo a favore di una cooperazione "troppo-governativa" (come dicono gli inglesi) destinata all'emergenza declinata in termini militari, ossia tende e pacchi di pasta distribuiti dal genio militare in teatri di guerra, pardon, di operazioni umanitarie più o meno legalizzate dall'Onu.

Le risorse sono quelle che sono, il declino economico dell'Italia forse non consente mano libera a gruppi privati di spendere senza la certezza di un ritorno positivo per la compagine governativa in sella in un dato tempo storico. 

Quindi la sinistra predilige Emergency, che interviene in aree di crisi senza proiettare sviluppo, qualsiasi cosa voglia dire il termine (criticabile, beninteso) di sviluppo, mentre la destra aiuta concretamente la Cei, la Caritas, la Banca mondiale e altre agenzie Onu minori che realizzano mini-progetti etichettabili e quindi impadronibili a livello propagandistico dai governi – cosa ben difficile da fare quando si versa un fondo donativo alla Fao o all'Oms, finendo nel calderone delle spese generali di funzionamento o in programmi multilaterali di cui nessun singolo governo può vantare copyright elettoralistici.

L'appiattimento sugli Usa, poi, vede l'Italia militarizzare una spesa sociale a livello internazionale: armi, guerre, sistemi di controllo satellitari, alta tecnologia di sorveglianza a distanza, piuttosto che pozzi, presidi farmaceutici, scuole nei paesi in via di (interminabile) sviluppo. Del resto, quando la seconda carica dello stato aizza i sentimenti sciovinistici presenti nel Bel Paese per orientarli contro la civiltà islamica tout court, al di là delle belle parole di rito verso gli antichi cultori dell'umanesimo arabo grazie ai quali conosciamo le radici ebraico-cristiane della filosofia antica (tanto per fare un sempio), c'è poco da stupirsi se la miopia politica della CdL finisce con l'indebolire una politica estera degradandola a braccio diplomatico del Made in Italy, col risultato di vedersi ridicoleggiata da una manifestazione ostile a Bengasi, patria di quel Gheddafi amico degli italiani che manovra dietro le quinte per distogliere attenzione sulle condizioni economiche del suo popolo, dopo un ventennio di saldo controllo del paese, e per anticipare un dissenso integralista che anche dall'altra parte del Mediterraneo trova terreno fertile non tanto nelle vignette, quanto nel welfare di povertà diffusa e ricchezza oligarchica.
La solidarietà internazionale in tempi di guerra preventiva e permanente rischia di dissolversi se non si barrica dietro le appartenenze e gli schieramenti ingiunti dal capofila americano: le ong realmente autonome sono le prime vittime, mentre qualche inutile briciola verrà pur sempre elargita a sindaci e parroci di provata fede politica, grazie alla cooperazione decentrata che, con poche risorse, può fare ben poco se non qualche intervento spettacolare con assessori e vescovi al seguito, ma soprattutto non "fa" politica estera, che ritorna in mano all'unico attore titolare da sempre, dopo la sbornia dei no global con l'illusione della diplomazia dal basso tutta giocata sull'improvvisazione e sul rispecchiamento mediatico. Come se i problemi dei sud del mondo potessero essere risolti d'incanto comparendo una tantum sui teleschermi italiani, e non invece con un impegno prolungato e tenace che dovrà tenere in conto che il nemico da debellare non è solo la povertà o la pandemia di turno, bensì il sistema di organizzazione statuale e il dispositivo capitalistico di predazione delle ricchezze per pochi.

Salvo Vaccaro

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