Umanità Nova, numero 8 del 5 marzo 2006, Anno 86
Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Tornano sempre buoni i vecchi adagi. E infatti basta vedere la "qualità" delle adesioni al manifesto sulla difesa dell'occidente (anzi, dell'Occidente con la O maiuscola), testé lanciato da Marcello Pera, per farsi un'idea della sua sostanza. Ne citiamo a caso alcune: Bondi, Buttiglione, Gasparri, Alemanno, Pierino Gelmini, Letizia Moratti, Adornato, Vito, Formigoni (e gli affari petroliferi con quei miscredenti dei dirigenti iracheni?), Bartolini, Schifani, Giovanardi, Vittadini, Cesana, Pupi Avati, e vorremmo non nominare, per rispetto del cognome, Renzo Foa. A seguire l'immancabile caterva di presidenti e segretari delle più improbabili ed esaltate associazioni tradizionaliste cristiane. Manca Oriana Fallaci, ma è lecito presumere che ciò sia dovuto solo a un banale bisticcio fra le due primedonne.
Per l'Occidente, forza di libertà. È questo il titolo vagamente minaccioso dell'appello con il quale il Presidente del Senato ha chiamato a difesa dell'identità europea quanti la vedono minacciata dagli effetti del processo di globalizzazione di popoli e religioni che sta interessando l'Europa in generale e l'Italia in particolare. L'occidente, dunque! Una grida dai toni apparentemente pacati, ma che poi individua nella presenza di altre religioni sul sacro territorio italiano un autentico attentato alla integrità fisica e morale del nostro popolo. Un attentato terroristico, al quale si deve cominciare a rispondere con la fermezza e l'intelligenza necessarie. E come farlo, lo si intuisce dalla dichiarazione con la quale Pera ha definito la maglieria intima di Calderoli: una mossa sbagliata nel metodo ma giusta nella sostanza.
Come si sa, Marcello Pera ama definirsi un liberale. Anzi, presuntuoso e vaniloquente quale è, come il liberale nel senso proprio della parola, il più degno erede di quella tradizione laica e tollerante (almeno in campo politico, se non economico) nata nel Settecento, sviluppatasi nell'Ottocento e maturata nel secolo scorso nello scontro con i totalitarismi. Ma che in questo suo appello ci sia davvero alcunché di liberale è arduo da sostenere, visto che, ben poco liberalmente, interpreta quello che dovrebbe essere un confronto fra civiltà e religioni come uno scontro frontale nel quale chi detiene il bene, l'occidente, anzi, l'Occidente, deve usare ogni mezzo per imporre la sua verità.
Il concetto forte del Pera-pensiero sta infatti nel rifiutare categoricamente ogni forma di relativismo, e nell'interpretare la reciprocità come una specie di legge del taglione, in base alla quale al fondamentalismo musulmano - e dentro al termine "fondamentalismo" ci sta proprio tutto - si deve contrapporre quello crociato, pena il soccombere all'Islam. Se questo è il portato delle "radici giudaico cristiane" di cui si riempiono la bocca reazionari e integralisti, è anche il contrario esatto dei principi liberali che sono, (forse) le vere radici dell'Europa odierna, e che affermano che i diritti devono valere per tutti senza essere messi in discussione ogni volta che le cose non vanno come si vorrebbe. E difatti Alfredo Biondi, che nonostante tutto è un liberale doc e non ha firmato l'appello, ribatte che "la tradizione liberale si ispira alla parità dei diritti e che la cultura dell'Europa non è la contrapposizione a quella islamica, ma la distinzione" e che pertanto è necessario un rapporto "che prescinda totalmente dalla pretesa di stabilire i livelli di civiltà".
Il fatto è che oggi un pensiero conservatore e antilluminista, in cerca di rivincite e, come Pera, opportunisticamente orientato là dove il vento gira, ritiene di riacquistare credibilità reinventando la preminenza delle abusate radici giudaico-cristiane e del loro bagaglio oscurantista. Buttando così alle ortiche quanto venuto dopo la rivoluzione francese. Invece il vero pensiero liberale - sicuramente non il nostro per una infinità di motivi - è quello che ritiene di potere accettare, e sostenere la diversità, perché convinto che un confronto laico e senza dogmi sui temi politici e sociali sia un utile fattore di sviluppo e progresso. Potrà anche non piacere, ma resta il fatto che il liberalismo politico è questo, per cui richiamarsi al liberalismo senza regole in economia e pretendere al contempo una struttura rigida in campo sociale, è una contraddizione in termini, coerente figlia dell'incontro fra conservatorismo religioso e sociale. Del resto di esempi, nel corso della storia, ne abbiamo avuti a iosa, e non saranno certo Pera e compari i soli liberali reazionari e repressivi. Non a caso, comunque, mancano all'appello quanti, pur con i difetti che sappiamo, liberali lo sono davvero e quindi non potrebbero sottoscrivere che "le nostre tradizioni sono messe in discussione, che il laicismo o il progressismo rinnegano i costumi millenari della nostra storia, che si sviliscono i valori della vita, della persona, del matrimonio, della famiglia, predicandosi l'uguale valore di tutte le culture".
Come si vede, la diversità è intesa come
contrapposizione e non come ricchezza e la reciprocità come
legge del taglione e non paritario riconoscimento dei diritti di tutti.
E poco importa che il neofita Pera, esaltato dal proprio zelo
confessionale, si prenda le sue brave bacchettate dal più
navigato mons. Laiolo, che gli ricorda quell'utilissimo fondamento del
cristianesimo che è il concetto di perdono. L'importante
è dare risposte irrazionali ma apparentemente razionali a
problemi razionali ma apparentemente irrazionali, e questo non tanto
per la sostanziale inadeguatezza ad affrontare il problema con
strumenti idonei, quanto, più banalmente, per il desiderio di
accaparrare strumentalmente consensi facendo leva sull'emotività.
Da Pera ormai ci possiamo aspettare di tutto, ma purtroppo non che
prenda i voti e si ritiri in convento con altri fratacchioni suoi pari.
E quindi ci toccherà tenerlo, anche se da uno che a suo tempo
sosteneva che "per essere anticlericali bisogna sentire la
dignità della propria identità e delle proprie idee e che
occorre rispettare la propria coscienza senza avere altra tutela
all'infuori di sé", e che oggi afferma che "il relativismo
è il veleno che attraversa la civiltà occidentale" non
può certo venire niente di buono.
Massimo Ortalli