Umanità Nova, numero 8 del 5 marzo 2006, Anno 86
Ciò che meglio caratterizza l'anarchismo sociale non è
il solo rifiuto della società gerarchica, non è solo la
lotta contro ogni forma di potere e sfruttamento dell'uomo sull'uomo,
non è il mero fine di prospettare ogni sua azione verso la
distruzione dello stato, in quanto istituzione che della società
gerarchica ne è lo specchio, ma è anche e soprattutto la
proposta concreta di una società altra, di una società ex
novo, realmente autogestionaria, di un vivere sociale basato sulla
libertà che, categoricamente, solo della libertà si serve
per realizzarsi.
L'anarchico E. Malatesta amava ricordare, a quanti nella sua epoca si
spendevano nel pensiero e nell'azione per radicalmente cambiare lo
stato delle cose presenti, (ne cito a memoria il senso) che "se
vogliamo andare in un determinato luogo e sbagliamo strada, non
giungiamo dove volevamo andare bensì dove la strada sbagliata ci
ha condotti". E come aveva ragione.
E non certamente perché fosse animato da spirito profetico, ma semplicemente perché era riuscito a sintetizzare con semplici parole (anche grazie all'esito della rivoluzione russa di cui all'epoca solo gli anarchici denunciavano con estremo coraggio l'involuzione controrivoluzionaria) come bisognava agire se si voleva realmente trovare il bandolo della matassa, come e quale strada percorrere se si voleva realmente costruire una società diversa non solo nella forma ma soprattutto nei contenuti.
Infatti, proprio perché la strada percorsa in effetti era quella sbagliata, cioè non la strada della libertà per giungere alla libertà, bensì la strada di distruggere un potere per sostituirvi un altro, dalla rivoluzione russa non nacque la nuova società nel cui nome la rivoluzione era stata fatta, ovvero non nacque il comunismo bensì una barbara dittatura di stato, ed in Italia da un contesto con caratteristiche prerivoluzionarie, quello del biennio rosso, si passava alla controrivoluzione fascista.
Tutto ciò sarebbe dovuto servire da lezione storica. Tutto ciò avrebbe dovuto far comprendere che se si vuole realmente cambiare l'iniquo sistema sociale in cui il potere ci costringe a vivere con una società dove il benessere e la libertà di ognuno corrispondano al benessere e alla libertà di tutti e viceversa, non solo non bisogna darsi come obbiettivo la costituzione di un nuovo potere, ma non bisogna neanche servirsi del potere come strumento di lotta, e tanto meno servirsi degli strumenti che il potere mette a disposizione dei suoi sudditi con l'illusione di permettere agli stessi di poter rendere migliore il sistema di dominio, come oggi succede all'interno dei regimi democratici.
Da qui saltiamo dagli esempi storici già citati all'attualità, trattando da un lato l'illusione che molti nutrono all'interno dei regimi democratici di poter migliorare il sistema sociale dominante attraverso il voto (arma quest'ultima che, ci dicono, può essere spesa in un modo anziché in un altro, che può essere offerta a quelle forze che di più garantiscono il cambiamento anziché a quelle che difendono lo status quo) e dall'altro lato le ragioni della radicalità della proposta sociale degli anarchici.
Una proposta quest'ultima che bandendo ogni illusione riformisteggiante afferma che alla libertà si può giungere solo attraverso la libertà e che uguaglianza e giustizia, che della libertà sono sinonimi, possono prendere corpo nella società solo sostituendo alla gerarchia, all'accentramento, allo Stato, la praticabilità di un vivere sociale in orizzontale, in rete, senza più né centro e né periferia, un vivere sociale che parta dall'individuo per giungere poi alla libera associazione fra individui, alla comune ed infine ad una federazione dal basso che racchiuda in sé l'intero corpo sociale, che unisca le liberi comuni dal territorio al mondo intero.
Detta così, questa proposta a molti può apparire come
mera poesia, come una proposta bella ma impraticabile o in ogni caso
come una proposta lontana anni luce dalla misera attualità del
momento. Ma non è così.
È una proposta urgente
È urgente, oggi più che mai, dinanzi a intere fasce di
popolazione che ovunque nel pianeta vivono a stenti, soprattutto da
quando la politica del liberismo selvaggio la sta facendo da padrone.
È urgente dinanzi alla cancellazione del posto fisso, alla
flessibilità, mobilità, legalizzazione del lavoro nero o
interinale, agli attacchi alle pensioni, ai servizi pubblici
essenziali, che versano in uno stato precario, alla mercé di
lobby economiche che guardano semplicemente al profitto, ai sistemi di
sanità e scuola trasformati in vere e proprie aziende, dove gli
interessi economici hanno preso il posto della salute pubblica e della
cultura.
È urgente dinanzi all'ingerenza dell'occidente imperialista
nei confronti di intere popolazioni sparse qua e là nel pianeta,
che continua a provocare guerre fratricide, è urgente dinanzi
alla famigerata globalizzazione del capitale, che giorno dopo giorno
peggiora le condizioni di vita e di lavoro (sfruttamento minorile) a
nord come a sud dell'emisfero terracqueo, che giorno dopo giorno
deturpa, saccheggia e distrugge le risorse ambientali.
È una proposta praticabile
È praticabile attraverso la promozione di una aggregazione sociale realmente alternativa al Dominio, nel terreno delle contraddizioni storiche del momento, fra tutti coloro che oggi esprimono amarezze, delusioni, rabbia, proteste, rivolte sia individuali che collettive, nei confronti del potere e delle sue istituzioni.
È praticabile stimolando fra i lavoratori, disoccupati, studenti, giovani, pensionati, emarginati, immigrati, all'interno delle nostre comunità, dove lavoriamo e viviamo, proposte minimali e complessive, conflittuali, alternative, praticabili qui ed ora.
È praticabile promuovendo assemblee popolari sulle questioni territoriali per passare la parola e le decisioni direttamente a coloro che nel territorio vivono e lavorano, delegittimando nel contempo sindaci, giunte municipali e tutti gli altri organi di potere che impongono le loro decisioni sulle comunità.
È praticabile dando vita a strutture municipali e
territoriali di base, ovunque siamo presenti, dal paese alla metropoli,
aperte e unite nell'accettazione della metodologia libertaria, nel
rifiuto della delega, nella prospettiva di una società
autogestionaria: strutture di base extraistituzionali, né
subalterne e né meramente rivendicative nel campo economico e
politico sia nei confronti delle organizzazioni municipali gerarchiche
che del padronato; strutture autonome e complessive che si diano
obbiettivi di natura rivendicativa (il battersi per il miglioramento
delle condizioni di vita) e di natura politica e sociale (il battersi
per il conseguimento in prospettiva dell'autogestione del lavoro, della
democrazia diretta, dell'autogoverno municipale).
È la proposta del comunalismo libertario
Una proposta rivoluzionaria da costruire giorno dopo giorno, insieme ai dominati, agli sfruttati e che propugna l'azione diretta quale mezzo risolutore dei problemi di natura sociale.
Una proposta certamente non affidabile a partiti o movimenti che pretendono al pari di altri partiti e movimenti di essere delegati ad imporre le proprie ricette di risoluzione sociale.
Una proposta non affidabile a liste, a candidature elettorali e che si pone automaticamente fuori dalla logica riformista della delega, del voto.
Una proposta che non rimanda la rivoluzione per la costruzione della società altra al domani, ma che con iniziative conflittuali e alternative determina gradualmente nel quotidiano e nel contempo il superamento della società del dominio attraverso la realizzazione della società altra.
Una proposta che non delega nell'oggi ai poteri dello Stato la formulazione di leggi che garantiscano falsa autonomia ai comuni (vedi tam tam mediatico sulla devolution di cui oggi in Italia è paladina la CdL, che in effetti altro non è che un semplice decentramento di alcuni poteri dello stato a favore di regioni, province, comuni).
Una proposta che non si affida alla cosiddetta democrazia partecipativa, ossia al collaborazionismo con le amministrazioni comunali di Stato e col padronato, attraverso trattative che nascono di già sul compromesso (ricetta oggi tanto sbandierata come rivoluzionaria da quelli dell'Unione e da quanti a quest'ultima intendono dare il voto, magari turandosi il naso o servendosi volutamente della stessa come giustificazione, ma ben spiegata invece da Prodi con la sua affermazione sulla linea Torino-Lione, ossia "la TAV si farà punto e basta", dimenticandosi evidentemente di aggiungere "perché sappiamo noi come imporre, pardon, cosa fare per rendere democraticamente partecipi le popolazioni valsusine alle nostre decisioni").
Il nostro comunalismo è una proposta non delegabile, è una proposta gradualista rivoluzionaria, è una proposta convinta che la realizzazione della società altra può solo nascere dall'abolizione della società del dominio, e proietta la sua attività rivoluzionaria nel quotidiano gettando le basi allo scardinamento del potere e dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo con la costruzione graduale nel "qui ed ora" del vero federalismo, del federalismo dal basso.
Il nostro comunalismo è una proposta che si tiene fuori dalle logiche elettorali ma non fuori dal dibattito comunitario, che intende contribuire alla costruzione di una reale prassi libertaria attraverso campagne sociali sui problemi collettivi e territoriali con iniziative concrete, di azione e democrazia diretta, di autogoverno, alternative e inconciliabili con/al rito demagogico della delega.
Il nostro comunalismo era ieri solidale con le lotte di Scanzano, così come lo è oggi con la lotta delle popolazioni della Val Susa, come lo sarà domani al fianco di tutti i dominati e gli sfruttati che intendono affrancarsi dalla società del dominio nella prospettiva di una società di libere e di uguali, di una società autogestionaria, libertaria e realmente federalista.
Sono queste le ragioni dell'astensionismo di noi anarchici ed il 9 e il 10 aprile diserteremo le urne elettorali, così come abbiamo sempre fatto.
Domenico Liguori