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Umanità Nova, numero 8 del 5 marzo 2006, Anno 86

Gas: allarmismo per costruire i rigassificatori
Progetto off shore a Livorno


Dalla Russia arrivano normalmente in Italia ogni anno circa 27 miliardi di metri cubi di gas, mentre nel periodo gennaio-febbraio ne sono mancati circa 153 milioni, una quantità molto modesta (considerato che le riserve strategiche italiane ammontano a circa 10 miliardi di metri cubi) che non giustifica la campagna allarmistica montata dalla stampa di ogni tendenza. Ma chi ha interesse a creare questo allarmismo?

Tutti coloro che vogliono togliere all'ENI il monopolio del settore: l'Edison (largamente partecipata dai francesi), le spagnole Endesa (sotto OPA che interesserebbe anche all'ENEL) e Gas Natural, la stessa ENEL, l'inglese BP, l'americana Exxon, l'araba QP, i vari consorzi nati fra le ex municipalizzate più forti, ecc.

Berlusconi e il suo governo che grazie all'amico Putin e attraverso un altro suo "amico", tale Mentasti, vorrebbe cercare di commercializzare direttamente in Italia una quota del gas russo:

La stessa Gazprom che vuole più spazio nel mercato italiano ed europeo e per questo è entrata in conflitto con l'ENI della cui mediazione vuol fare a meno.

Questo coacervo di interessi spesso contrastanti si ritrova però unito attorno ad un'unica parola d'ordine: costruire rigassificatori. Costruire cioè quegli impianti che servono a ricevere, lavorare e immettere nella rete italiana e poi europea il gas (GNL, gas naturale liquefatto) scaricato da enormi gassiere, evitando così i gasdotti gestiti dall'ENI.
Attualmente ci sono almeno dodici progetti di terminale: alcuni già autorizzati (Porto Viro-Rovigo, Livorno e Brindisi) altri da autorizzare (Rosignano, San Ferdinando, Porto Empedocle, Priolo, Gioia Tauro, Taranto, Minurbio, Monfalcone, Trieste). In questa orgia di progetti ci sono impegnati tutti: Endesa, Edison, Exxon, QP, BP, Erg, Shell, Gas Natural ma ci sono interessi anche di ENEL, AMGA, Solvay, Falk, tanto per citarne solo alcuni. (Repubblica del 5 gennaio 2006)

A Brindisi il terminale (potenzialità 8 mld di metri cubi di GNL) trova la fiera opposizione popolare che ha costretto anche Comune, Provincia e Regione Puglia a sostenere la lotta. Il progetto di Porto Viro (una piattaforma galleggiante da 8 mld di metri cubi di GNL) sta inciampando sui ricorsi. A Livorno, il Ministro dell'ambiente, Matteoli, ha recentemente dato il via al progetto presentato dalla OLT (attualmente AMGA-Belleli ma dovrebbe entrare Endesa) per un terminale off shore (in realtà on board, cioè su nave e non su piattaforma, che sarebbe il primo del suo genere nel mondo) da 3 miliardi di metri cubi. Ma anche qui l'opposizione monta.

Estate 2002: l'ing. Aldo Belleli presenta al sindaco di Livorno Lamberti, il progetto di terminal off shore gas da costruire al largo delle coste livornesi. Anche se l'ing. Belleli era stato condannato nel 1995 e nel 1997 dal GIP del Tribunale di Milano nell'ambito delle inchieste per "tangentopoli" e nel 1999 dal Tribunale di Mantova per bancarotta fraudolenta, Lamberti accoglie entusiasticamente il progetto e vi impegna il Comune di Livorno. Inizia così la brutta storia del terminale off shore gas di Livorno, Una storia fatta di silenzi (il nome poco raccomandabile di Belleli viene tenuto nascosto dietro il paravento di alcuni prestanome), di bugie (come il fantomatico coinvolgimento dell'allora agonizzante Cantiere navale), di affermazioni propagandistiche senza fondamento (come l'affermazione che la costruzione del terminale farebbe diminuire del 10% le bollette del gas dei livornesi). Dal punto di vista dell'opposizione alcuni comitati ecologisti, molto attivi in città, denunciano immediatamente le tante cose che non vanno, a partire da uno studio sulla sicurezza (redatto da un noto consulente  membro della segreteria pisana dei DS) che non affronta i rischi di incidente. Fra i partiti, invece, tutti sono d'accordo da Alleanza nazionale a Forza Italia, dalla Margherita ai DS, che controllano Comune e Provincia. Tiepidamente contraria Rifondazione, almeno fino alla fine del 2005, e ambigua la posizione dei Verdi, contrari in alcuni loro esponenti livornesi ma favorevoli con i loro assessori regionali a Firenze (che sono quelli che decidono). Il procedimento autorizzativo del terminale livornese, ridicolo dal punto di vista delle valutazioni ambientali, sociali ed economiche e tutto indirizzato a confortare la scelta politica voluta dai DS, trova resistenze inaspettate nel ministro dell'ambiente, Matteoli, cecinese per anni consigliere comunale missino a Livorno, che si scontra con il presidente della Regione Toscana, il DS Martini. Martini è favorevole all'off shore di Livorno ma contrario al terminale a terra di Rosignano, Matteoli è invece favorevole ad entrambi i progetti. Solo dopo che Martini toglie il veto regionale a Rosignano, Matteoli firma il nullaosta ministeriale per Livorno. Un vero accordo fra gentiluomini.

Ma intanto i Comitati livornesi "scoprono" che negli Stati Uniti, dove si sta sviluppando un forte movimento contro la costruzione di terminali per il GNL, sono stati redatti molti studi sulla pericolosità di questi impianti. Si scopre che nel caso d'incidente catastrofico, come una collisione fra una gassiera e un'altra nave a dieci miglia dalla costa e la conseguente rottura dei cinque serbatoi, si sprigionerebbe una nube di gas che si potrebbe spingere fino ad un raggio di 30 miglia (55 km) distruggendo tutto nel suo cammino. Si scopre anche che la Capitaneria di porto di Savannah, dove esiste uno dei quattro terminali americani, in caso di incidente grave prevede di "ordinare l'immediata evacuazione dall'area interessata". Si scopre che alcuni filmati dell'US Bureau of mine mostrano che il GNL, in caso di perdita, si diffonde senza alzarsi, che il GNL può prendere fuoco spontaneamente e che il GNL può esplodere spontaneamente poiché la "finestra" di infiammabilità di questo gas è più alta di altri gas come il propano (GPL), il butano, ecc. Si scoprono queste ed altre cose. E nascono le contraddizioni. Nel giro di una decina di giorni 1500 livornesi firmano una petizione perché venga fatta chiarezza sui reali rischi di incidente. Striscioni appaiono allo stadio, prima in curva sud e poi anche nella famosa curva nord dove gli sportivi applaudono un breve intervento anti off shore. Anche Il Tirreno, maggiore quotidiano cittadino notoriamente molto vicino ai DS e per questo fino ad allora blindato sulle posizioni favorevoli al terminale, apre alle ragioni dei contrari al progetto. 

Il 10 marzo, ore 21,30, al cinema dei salesiani i comitati proietteranno un documentario realizzato negli Stati Uniti e mostreranno i veri rischi che corre non solo la città ma tutta la costa livornese-pisana. La battaglia, anche a Livorno, continua.

Maurizio Z.


Altre informazioni: www.offshorenograzie.it

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