testata di Umanità Nova

Umanità Nova, numero 8 del 5 marzo 2006, Anno 86

Cane non mangia cane
G8 a Evian: la polizia taglia la corda i giudici assolvono


"Cane non mangia cane", questo detto cade a fagiolo per commentare il definitivo proscioglimento dei due agenti svizzeri che tagliarono la corda cui erano appesi due attivisti sul ponte autostradale dell'Aubonne il primo giugno del 2003. Si trattava di una della tante manifestazioni di protesta che, anche nella Confederazione Elvetica, caratterizzarono il vertice dei G8. 

Ricordiamo brevemente i fatti.

Quel primo giugno 2003 era una giornata torrida di un'estate che sarebbe stata caldissima. Intorno al lago Lemano, sia in Francia che in Svizzera si svolsero manifestazioni, blocchi, campeggi, contestazioni, scontri e feste contro G8 di Evian, una cittadina situata sulla sponda francese del lago. Quel giorno decine e decine di migliaia di persone scesero in piazza per dar voce ai senza voce, ai miliardi di individui che le politiche di predazione e dominio degli 8 criminali riuniti ad Evian condannavano a vite senza futuro, per gridare che non erano disposti a subire in silenzio, che la rivolta anche nel nord ricco stava crescendo. 

Quel giorno poco mancò che la celebre acqua di Evian prendesse un sapore amarissimo. 

La grande manifestazione giunta da Annemasse, in Francia, a Ginevra si era da poco congiunta con quella proveniente dal centro della città elvetica, in un incontro ideale oltre le frontiere imposte dagli stati, quando si sparse la voce che sull'autostrada, all'altezza di Aubonne, un manifestante era stato ucciso dalla polizia. I tanti di noi che erano stati a Genova rivissero i momenti concitati del 20 luglio 2001, quando, nel tardo pomeriggio, cominciarono ad arrivare le prime, confuse notizie da piazza Alimonda. Per fortuna quel giorno la mano assassina del poliziotto di turno non finì il suo compito. Martin Shaw e Gesine Wenzel che stavano compiendo un'azione dimostrativa sul ponte autostradale di Aubonne sulla A1, con l'intento di bloccare o, almeno rallentare, l'arrivo delle delegazioni dirette ad Evian, rischiarono seriamente la pelle. I due attivisti provenienti dalla Spagna e esperti climber si erano calati dal ponte dopo aver legato le loro imbragature con una fune. Un'azione spettacolare, non violenta e priva di rischi perché effettuata da persone esperte. La polizia elvetica si diede da fare per cercare di non essere da meno di quella italiana. Un poliziotto, Deiss, tagliò la corda cui erano appesi Martin e Gesine. Martin fece un volo di 20 metri, procurandosi numerose fratture da cui non si è mai del tutto rimesso. Da quel salto, equivalente a quello dal settimo piano di un palazzo, ne uscì vivo solo per un caso fortuito: invece di rovinare sull'asfalto finì nel letto del fiume sottostante, sì che la caduta venne attutita. Gesine fu più fortunata perché un manifestante riuscì ad afferrare il capo della corda cui era appesa salvandola dall'impatto col terreno. 

Come già in piazza Alimonda numerose testimonianze visive mostrano quello che è accaduto. In un video il gendarme Deiss viene ripreso mentre tenta di tagliare la corda ma viene fermato da un collega. Nello stesso video si vede Deiss che, dopo essersi consultato con un superiore, afferra un coltello da tasca e taglia la corda. È quindi chiaro che l'uomo era ben consapevole di quello che stava facendo. 

Come già in piazza Alimonda, dopo oltre un anno di silenzi e omertà, il giudice istruttore cantonale Jaques Antenen il 25 ottobre del 2004 emise un decreto di non luogo a procedere nei confronti del poliziotto Deiss, che era stato denunciato per "messa in pericolo della vita altrui", "lesioni corporali gravi" e " falsa testimonianza". La motivazione aveva dell'incredibile: secondo il giudice "La temerarietà dei manifestanti deve essere riconosciuta come la causa preponderante dell'incidente" e "l'accumularsi di una serie di mancanze di precauzione da parte dei manifestanti fa passare in secondo piano l'agire del poliziotto". In parole povere Martin e Gesine i guai erano andati a cercarseli… ed il buon Deiss ed il suo superiore Poget non avevano fatto altro che dar loro una mano a raggiungere lo scopo!

I due attivisti hanno fatto ricorso. Il dibattimento si è concluso il 15 febbraio di quest'anno a Nyon, nel cantone di Vaud, con il proscioglimento dei due agenti. Lo stesso Pubblico Ministero aveva abbandonato l'accusa di lesioni personali ed il tribunale lo ha seguito. Daniel Stoll, il procuratore, ha sostenuto che i due poliziotti non potevano essere accusati di negligenza colposa, perché, sebbene "non si fossero comportati come avrebbero dovuto" i due manifestanti avevano creato una situazione di "pericolo che doveva essere allontanato immediatamente. Nello stress e nell'urgenza, le manchevolezze degli agenti sono comprensibili". In parole povere la tesi è sempre quella avallata dal tribunale di primo grado nell'ottobre del 2004. Martin e Gesine sono stati vittime di un "incidente" dovuto alla loro stessa imprudenza. Come dare torto al procuratore Stoll? Si sa che manifestare il proprio dissenso è un'imprudenza che può costare cara se nei pressi si trovano uomini in divisa. 

Giunge così al suo sin troppo prevedibile epilogo una vicenda, che dopo aver sfiorato la tragedia ha man mano assunto i caratteri di una farsa ignobile. Non è bastato alla giustizia elvetica condannare Martin e Gesine ed un altro compagno presente, Olivier, per blocco stradale (Cfr. UN 24 2004 in Brevi dal Mondo), condanna confermata l'11 ottobre 2004, ma sono giunti al punto di trasformare un tentato omicidio in incidente quasi "voluto" dalle vittime. Con buona pace delle anime belle che credono che nelle aule dei tribunali si onori la giustizia.

Mortisia

una storiasommarioarchiviocontatticomunicaticollegamenti