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Umanità Nova, numero 9 del 12 marzo 2006, Anno 86

La piramide infame
La normalità dell'orrore tra Sassuolo e Milano


La normalità dell'orrore è ormai parte integrante del tessuto profondo della società italiana. Quando poi singoli episodi degenerano a tal punto da guadagnarsi i riflettori della comunicazione di massa, l'opinione pubblica si ritrova a prendere posizione e a pronunciarsi su temi come quello della convivenza civile che pesano come macigni. Perché la coscienza degli italiani, il più delle volte, è una cattiva coscienza.

Sulla bocca di tutti, in questi giorni, un fatto di ordinaria violenza: il pestaggio di un immigrato a opera di due carabinieri e di un poliziotto in borghese.

L'immigrato è malconcio di suo, è nudo, in mutande. Poco importa se sia stato lui a spogliarsi nella concitazione del suo malessere o se invece sia stato volutamente umiliato dai picchiatori dell'Arma. Lo hanno picchiato forte, e un energumeno in divisa è saltato a piè pari sul torace del marocchino. Il tutto è stato filmato col videofonino da un altro immigrato e la notizia è rimbalzata sui media nazionali dopo il filtro dei Giovani musulmani d'Italia, un'associazione che si è affrettata a consegnare il materiale alla Digos e a buttare acqua sul fuoco nel momento in cui la notizia è diventata di dominio pubblico.

È successo a Sassuolo, nella provincia profonda di quell'Italia costretta da tempo a una industrializzazione che ha spazzato via il concetto stesso di socialità individuando negli immigrati, sempre più presenti, il capro espiatorio di ogni malessere. I due carabinieri sono stati trasferiti in previsione di ulteriori indagini chieste tra l'altro a gran voce da Amnesty International.

Ma la solidarietà politica ai carabinieri è garantita. Il ministro Pisanu non ha perso tempo nel precisare che l'Arma "non ha nulla da nascondere" e lo schiamazzo del mondo politico segue il solito copione: la Lega Nord vomita tutta la sua xenofobia aizzando le folle contro gli immigrati, il centrosinistra si esercita nei machiavellici distinguo tra immigrati buoni e cattivi nonché tra carabinieri buoni e carabinieri cattivi, il centrodestra esprime solidarietà incondizionata ai tutori dell'ordine. Ciò che più intristisce è, da parte italiana, la raccolta popolare di firme a sostegno dell'operato dei carabinieri con annessa voglia di linciaggio etnico-mediatico e, da parte immigrata, la volontà di guadagnarsi una rispettabilità borghese che distingue fra gli stessi immigrati quelli buoni-lavoratori-contribuenti da quelli cattivi-spacciatori-scansafatiche.

Nessuna solidarietà, né identitaria né di classe ma solo un gran desiderio di rispettare, per il quieto vivere, la ragione della forza. Ogni giorno gli immigrati vengono espulsi o fermati, picchiati, umiliati da polizia e carabinieri. I soggetti marginali vanno trattati così. All'occorrenza, l'immigrato lo si ammazza. 

È successo a Milano, pochi giorni fa, al civico 11 di via Cavezzali, alla periferia del capoluogo lombardo. Un delitto consumato ai margini violenti della metropoli, in un palazzone di quasi 170 alloggi affittati a prezzi esorbitanti a famiglie di immigrati che lottano ogni giorno per la sopravvivenza. I padroni di casa sono tutti italiani e si contendono l'egemonia sul racket degli affitti assoldando vigilantes privati, armati di tutto punto, che ogni giorno bussano - pistola alla mano – alla porta di inquilini in ritardo coi pagamenti minacciandoli di sgombero e picchiandoli. È in questo scenario da incubo che Abdelkhalek Nakab, 37 anni, è stato ucciso con un colpo di arma da fuoco alla gola da un vigilante, incriminato per omicidio colposo, che ha spiegato di essersi difeso da quell'immigrato ubriaco.

Immediata la reazione dei famigliari della vittima e di tutto il quartiere abitato massicciamente da immigrati che denunciano pubblicamente l'insostenibilità di un'esistenza schiacciata dal costante ricatto dei proprietari degli appartamenti che preferiscono affittare a transessuali, più danarosi, che alle famiglie operaie di origine straniera. Il tutto condito da violenze e intimidazioni quotidiane: proprio nel momento in cui scriviamo, infatti, apprendiamo dell'incendio quasi certamente doloso di uno degli appartamenti di via Cairoli 11. Nell'inferno del condominio, è trapelata una notizia agghiacciante: all'ultimo piano del palazzo, il nono, abitano alcuni misteriosi privilegiati, forse i parenti di un proprietario. Hanno un ascensore privato, l'ingresso con telecamera e piante d'alto fusto sul terrazzo.

Proprio come nelle vecchie rappresentazioni allegoriche di fine ottocento, la società di oggi è una piramide infame il cui vertice è sostenuto dalle spalle e dalla sofferenza di una larga base di sfruttati, di umili e derelitti.

È la normalità dell'orrore alla quale non possiamo e non vogliamo rassegnarci.

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