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Umanità Nova, numero 9 del 12 marzo 2006, Anno 86

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Viareggio: 14 a giudizio
Mercoledì 22 febbraio, a due anni di distanza dall'attentato incendiario al centro sociale S.A.R.S. (Spazio Antagonista di Resistenza Sociale) di Viareggio, il giudice per le udienze preliminari presso il tribunale di Lucca ha disposto il rinvio a giudizio per 14 compagni che nel 2004 presero parte, insieme a moltissimi altri, alle iniziative di solidarietà con il centro sociale viareggino. Come Gruppo anarchico versiliese siamo intervenuti sulla questione con un volantone che riportiamo di seguito: "Sempre avanti! Pochi giorni fa, in appena venti minuti, il giudice di turno presso il Tribunale di Lucca ha rinviato a giudizio 14 persone appartenenti a diverse realtà politiche di Viareggio e della Versilia (Centro sociale autogestito S.A.R.S., Circolo Linearossa, Gruppo anarchico versiliese). Il 1° febbraio del 2004 il centro sociale S.A.R.S. di Viareggio ed un box vicino ad esso in cui dormivano alcuni immigrati fortunatamente rimasti illesi subirono nella notte un attentato incendiario. In risposta a questo vile gesto ci furono varie iniziative di solidarietà: assemblee, presidi, una manifestazione cittadina molto partecipata, interventi in consiglio comunale, cortei contro la disinformazione della stampa locale, etc. etc. La Giustizia, come in tante altre occasioni, fece il suo corso. L'incendio del centro sociale, chiaramente doloso, venne archiviato (e con esso il duplice tentato omicidio degli immigrati). Contemporaneamente 14 compagni, fra i molti attivi nelle iniziative sopradette, ricevettero alle prime luci dell'alba del 30 aprile di quello stesso anno la sgradita visita della Digos e, con la perquisizione domiciliare, avvisi di garanzia per reati associativi (poi depennati dall'inchiesta), di violenza e minacce al consiglio comunale, di interruzione di pubblico servizio. Oggi la magistratura di Lucca ha deciso che questi 14 compagni devono essere processati. Che facciano pure. Noi andiamo avanti. Come nel 2004. Sempre in strada, in piazza, vicino agli immigrati ed ai centri sociali, lontano dai politici e dai partiti (tutti). Per difendere ed aprire spazi di libertà e di autogestione. Per un mondo senza sfruttamento e senza padroni, senza galere e senza frontiere."
Gr.a.v.

Milano: asilo politico
L'incontro sull'asilo politico, promosso dal coll. "Spazi Liberati", si è svolto venerdì 24 all'Ateneo Libertario.
Una breve introduzione evidenziava le drammatiche situazioni repressive dalle quali sono costretti a fuggire molti profughi immigrati. Una volta sbarcati sulle sponde delle "nostre democrazie" sono costretti a nuove lotte per farsi riconoscere il diritto di "rifugiato" o "asilante politico".
È avvenuto di recente a Milano con l'occupazione di uno stabile da parte di 267 immigrati tra Eritrei, Etiopi, Sudanesi richiedenti asilo politico (è significativo che Eritrei ed Etiopi, i cui stati stanno conducendo una sanguinosa guerra di frontiera, in questa situazione sono accomunati dalla stessa lotta).
C'è stato un primo intervento da parte di chi aveva partecipato a questa lotta. Nell'intervento è stato evidenziato che chi richiede l'asilo politico vive, nel proprio paese, situazioni di profonda ingiustizia sociale, sotto regimi tirannici e di costrizione alla guerra ed è pertanto costretto alla fuga.
Comincia quindi un viaggio lungo e drammatico in cui si è costretti ad attraversare grandi deserti e mari con pescherecci in condizioni precarie, mettendosi nelle mani di trafficanti senza scrupoli, pagati a caro prezzo. Molti quelli che perdono la vita in questi lunghi e terrificanti viaggi. Per chi riesce a raggiungere le nostre coste inizia un altro calvario. Fermo da parte delle forze dell'ordine, centro di identificazione, peggiore del carcere, rilascio dopo un mese, senza il riconoscimento di asilo politico, con la concessione del permesso per motivi umanitari della durata di un anno – questo il drammatico racconto di chi ha affrontato questa terribile esperienza, che non si esaurisce qui. La messa in libertà è priva di ogni sostegno e protezione. Il governo e le istituzioni non sono in grado né si preoccupano di sostenere chi arriva in Italia ed ottiene lo status di rifugiato o asilante politico, che si ritrova letteralmente in mezzo alla strada.
Per questo, assieme agli altri immigrati nella stessa situazione era stata decisa l'occupazione di una palazzina abbandonata in via Lecco, dove, anche se non c'erano luce, gas e acqua, almeno c'era un tetto.
La trattativa con il Comune e la Provincia non ha portato a nessuna intesa o soluzione concreta. In seguito è stato eseguito lo sfratto per ordine del Prefetto. La lotta è proseguita e non è ancora conclusa. I 267 ragazzi sono tuttora in condizioni precarie, senza prospettive concrete per il futuro.
È poi intervenuto un Eritreo della Cub Immigrazione che ha rimarcato il carattere politico della rivendicazione del diritto di "asilo". Chi fugge dall'Eritrea, lo fa per l'insopportabile mancanza di rispetto della dignità umana da parte di un regime tirannico. Testimonia che in Italia, dove ormai vive da molto tempo, è sempre stato difficile ottenere il riconoscimento di asilo politico, anche per i rapporti politici ed economici che l'Italia intrattiene con i vari paesi di provenienza. Ed infatti, l'escamotage trovato è la concessione del permesso per motivi umanitari. Altra drammatica contraddizione – tutta italiana – è la richiesta ai richiedenti asilo di presentare il passaporto, che assurdamente dovrebbe essere rilasciato dagli stessi regimi dai quali si è scappati.
Un compagno avvocato è entrato nel merito dell'ambiguità della legge italiana.
Dopo la caduta del fascismo, con grandi enfasi, è stato sancito a livello costituzionale il diritto di asilo politico, ma la norma è rimasta una mera dichiarazione di principio: nessuna legge è intervenuta a disciplinare compiutamente tale istituto. Non è casuale che l'asilo venga concesso solo in rari casi.
Dopo un dibattito approfondito che si è incentrato principalmente sulle contraddizioni della legge in materia, ci si è espressi sul significato della lotta degli ex occupanti di via Lecco.
L'incontro si è concluso nella prospettiva di incontrarsi nuovamente per una possibile manifestazione per il diritto di asilo politico e al fine di approfondire la tematica del diritto all'abitazione, anche in previsione del fatto che il 31 marzo si concluderà la cosiddetta emergenza freddo programmata dal comune, per cui, ancora una volta, molti si troveranno in mezzo ad una strada.
Enrico e Valeria

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