Umanità Nova, numero 11 del 26 marzo 2006, Anno 86
Il 16 gennaio 2006 il primo ministro Villepin annuncia la creazione
di un nuovo contratto di lavoro, il cosiddetto Contrat Première
Embauche, CPE (Contratto Prima Assunzione). Questo contratto riguarda i
giovani, il cui tasso di disoccupazione, in alcuni quartieri, raggiunge
picchi del 40%, uno dei più alti d'Europa. Questo contratto
permette durante 24 mesi ad un datore di lavoro di licenziare il
dipendente senza dover offrire una giustificazione in merito. È
una novità per quanto riguarda il diritto del lavoro in Francia:
istituirebbe una differenza di diritti tra giovani minori di 26 anni e
gli altri. Il CPE permette altresì ad un padrone di sciogliere
il contratto e di proporre un altro contratto identico alla stessa
persona, sì da rendere durevole la precarietà. Oltre alla
difficoltà che i giovani hanno per trovare un alloggio con
questo tipo di contratto - precario -, si va verso una nuova
competizione tra lavoratori che hanno un contratto classico, quindi con
più garanzie, e i giovani con un CPE. In generale, questo
contratto è un nuovo tentativo di generalizzare il precariato,
di inscriverlo nel diritto di lavoro, senza rimediare alle
difficoltà dei giovani. Questo provvedimento si aggiunge ad
altre recenti misure governative come l'abbassamento dell'età
scolare, o il Contrat Nouvelle Embauche, CNE (Contratto Nuova
Assunzione) che introduce un periodo di prova di due anni prima
dell'assunzione definitiva. Già questo tipo di contratto
impediva ai lavoratori di scioperare, ammalarsi, o, se donne, rimanere
incinte... per due anni, sennò...
La lotta contro il CPE
Qualche giorno dopo l'annuncio del CPE parte, timidamente, la contestazione. Gli studenti sono i più determinati poiché saranno i primi interessati da questo contratto. Si svolgono le prime manifestazioni che sfociano, il 7 febbraio, in una giornata nazionale di manifestazioni e scioperi nel mondo del lavoro e nelle università. Le vacanze invernali non fermeranno affatto la contestazione, sebbene il governo sottoponga il CPE all'approvazione del parlamento il 10 febbraio. Nei giorni seguenti le manifestazioni continuano, le facoltà vengono occupate. Il 7 marzo, una nuova giornata di azione mobilita poco meno di un milione di persone che manifestano l'opposizione al CPE. Quando, il 9 marzo, la Camera dei Deputati approva definitivamente il CPE il malcontento dilaga ovunque. Gli scioperi si moltiplicano nel settore dell'educazione, in appoggio agli studenti, e tuttora ci sono licei occupati in tutto il paese. Il 16 marzo nuova mobilitazione nazionale degli studenti: questa volta i liceali si schierano finalmente in modo netto. Qua e là si verifica qualche incidente in risposta all'incapacità del governo di rivedere la propria posizione, o per contrastare le squadracce di estrema destra che provano a "liberare le facoltà dai sinistrorsi" con le armi. Poi, il 18 marzo, più di un milione di persone sfilano in Francia, 60 facoltà sono occupate o chiuse. La mobilitazione non va scemando, anzi. In questo momento, tutte le organizzazioni sindacali dei dipendenti e studenti convocano una nuova giornata d'azione, il 28 marzo. Nel frattempo, i coordinamenti di studenti in sciopero, le organizzazioni sindacali di liceali e studenti fanno appello per uno sciopero generale e un blocco dei licei e delle università.
La fine di un periodo di insuccessi.
Un movimento che si allarga
Questo movimento è il frutto di lotte sociali in fase di rapida accelerazione. Il 4 ottobre 2005 vi erano stati scioperi e manifestazioni contro la precarizzazione e in difesa dei servizi pubblici. Qualche settimana più tardi, i giovani delle banlieue davano sfogo alla rabbia e alla disperazione affrontando le autorità fin sulle strade. Adesso sono gli studenti che trascinano i lavoratori. Questa situazione, che non ha nulla a che vedere né con il Maggio del '68 né con un processo pre-revoluzionario, obbliga a constatare che la coscienza sociale non è morta. Mano a mano le rivendicazioni si estendono: manifestazioni, assemblee generali di studenti estendono mettono in collegamento la più generale questione del precariato, o la repressione che ha colpito i giovani delle banlieue nel 2005. La solidarietà crea legami concreti attraverso rivendicazioni più ampie.
In generale gli studenti sono molto gelosi della propria autonomia. A volte arrivano anche a rifiutare contratti con lavoratori sindacalizzati! Diffidano delle organizzazioni politiche e sindacali e hanno creato il loro coordinamento nazionale. Hanno ragione: il movimento di protesta contro il CPE è molto strumentalizzato a livello sindacale dai politici di sinistra ed estrema sinistra. L'obiettivo dei rappresentanti sindacali e dei partiti della sinistra istituzionale è quello di orientare l'opinione pubblica (che è contraria al CPE al 68%!) contro il governo, in vista delle elezioni del 2007. Quindi di controllare il movimento che pur resta impacciato di fronte all'incapacità dei sindacati di decretare uno sciopero generale illimitato per ottenere il ritiro del CPE.
La radicalizzazione del movimento è guardata con favore da una parte dell'opinione pubblica. In primo luogo dagli studenti in lotta da circa cinque settimane e poi da una porzione crescente della società civile che non capisce il rifiuto di Villepin di ritirare il suo progetto. Sfortunatamente le burocrazie sindacali, tutte preoccupate a non destabilizzare l'ordine sociale per quanto ingiusto, rifiutano di andare allo scontro decisivo. La parte critica dei sindacati maggioritari, i sindacati alternativi Sud e la CNT francese, insieme anche agli anarchici, non bastano ad invertire la tendenza. Il governo rifiuta di tornare sui suoi passi; siamo quindi di fronte ad una guerra sociale di logoramento. Eppure la vittoria contro il CPE è necessaria: altrimenti un profondo sconforto si impadronirà nuovamente dei/delle sindacalisti/e e militanti più attivi. Il risveglio sociale del 2005 e 2006 viene dopo un lungo susseguirsi di annate nere quando gli arretramenti in campo sociale si sono moltiplicati senza che ci fossero risposte adeguate, come se gli sfruttati non credessero più alle loro capacità di cambiare le cose...
Non è una rivoluzione. Eppure oggi le prospettive sono migliori. Come sempre nelle lotte che vanno avanti, le coscienze collettive maturano in fretta; diventano chiare le contraddizioni dei politici, sbocciano le pratiche di autogestione e collettive, l'apprendimento della democrazia diretta, l'affermazione dell'autonomia, i dibattiti su chi ha tutto da guadagnare e chi tutto da perdere con la precarietà.
Una nuova generazione si sta formando una coscienza politica forte e pratica. Molti sono sensibili a idee che aprano prospettive di lotta anticapitaliste e libertarie.
Gli anarchici/che e anarcosindacalisti/e sono presenti, per quanto possibile, all'interno di questo movimento di lotta. Promuovono e partecipano alla creazione e alla messa in rete delle assemblee generali, spingono per l'autogestione e l'autonomia delle lotte, mirano a sensibilizzare la popolazione allo sciopero illimitato. Prendono parte alle manifestazioni facendo leva sulle proprie idee forza: sciopero generale contro il capitale che sfrutta e lo Stato che sorveglia e reprime, autogestione dei mezzi di produzione, di distribuzione e di educazione!
Daniel, militante della FA Francia - Belgio, 20 marzo 2006