Umanità Nova, numero 11 del 26 marzo 2006, Anno 86
Roma: forum per l'acqua
Lo scorso 10 e12 marzo si è tenuto il primo forum italiano dei
movimenti per l'acqua a Roma, presso Corviale, un edificio lungo 958
metri e abitato da circa 8000 persone situato alla periferia Sud Ovest
di Roma. Scelta del tutto condivisibile quella di far svolgere il forum
in una periferia dal passato e dal presente difficile, invece che in
una luccicante sala del centro città.
Il forum, che segue cinque forum locali (Cecina, Firenze, Roma, Napoli,
Pescara), ha riunito associazioni nazionali (Comitato Italiano per il
Contratto Mondiale dell'Acqua, Attac, Arci, Cobas, Comitato Italiano
del Contratto Mondiale dell'Acqua, Funzione Pubblica CGIL, Mani Tese,
Rifondazione Comunista, Lilliput, RdB Energia Cub) e realtà
locali costituitesi per opporsi alla privatizzazione della gestione del
servizio idrico.
Negli ultimi anni è effettivamente cresciuto in Italia un
"movimento" che, movendosi a livello locale, con diverse forme e
livelli di mobilitazione, ha denunciato e provato a rispondere ai
sempre più numerosi processi di privatizzazione del servizio
idrico che dal nord al sud Italia hanno coinvolto le (ex) aziende
municipalizzate. Queste infatti si sono via via trasformate in SpA le
quali, di proprietà pubblica o privata, sono guidate dalla
logica del profitto secondo cui le sole tariffe coprono i costi
complessivi della gestione del servizio idrico integrato (full cost
recovery). Da qui l'aumento delle bollette riscontrato un po' ovunque
sul territorio a cui si aggiungono altri due fattori: il peggioramento
della qualità dell'acqua in alcuni casi (per esempio in Lazio) e
un abbassamento ancora più rapido che in passato delle falde
acquifere (più acqua si vende più profitto se ne trae; a
che pro quindi salvaguardare le risorse idriche?). La privatizzazione
dell'acqua mette in serio pericolo il diritto all'acqua: contro questo
il forum afferma: "L'acqua è fonte di vita. Senza acqua non
c'è vita. L'acqua costituisce pertanto un bene comune
dell'umanità, un bene irrinunciabile che appartiene a tutti. Il
diritto all'acqua è un diritto inalienabile: dunque l'acqua non
può essere di proprietà di nessuno, ma deve essere
condivisa equamente da tutti."
In quest'ottica il forum mira ad un ritorno alla proprietà
pubblica dell'acqua (e "partecipata": ciò significherebbe nella
pratica la presenza di due esponenti della società civile nei
consigli decisionali dei vari ATO): ovvero la proprietà pubblica
statale che ha gestito (e gestisce ancora in molti casi) in maniera
clientelare e mafiosa le gestione del servizio idrico in Italia e
grazie alla quale a oggi circa 35% della popolazione italiana - in
particolare nel Sud e nelle isole - non ha sufficiente accesso
all'acqua potabile. Il mezzo per raggiungere ciò è stato
individuato (precedentemente allo svolgimento del Forum e da esso solo
ratificato) in una legge d'indirizzo di iniziativa popolare per la
ripublicizzazione dell'acqua da presentare al prossimo (?) governo di
centrosinistra. Insomma "Il movimento si fa legislatore". Questa,
insieme alla costituzione di un osservatorio di coordinamento dei
comitati locali, la principale conclusione del Forum.
Non è mancato chi ha espresso critiche, mettendo in evidenza una
questione pratica e di principio allo stesso tempo. Il Coordinamento
dei comitati di Napoli e Caserta, capaci di bloccare il processo di
privatizzazione del sistema idrico integrato voluto da Bassolino, hanno
messo in chiaro come il loro risultato sia arrivato rifiutando le
avance e i compromessi offerti loro dai "privatizzatori" e facendo
invece controinformazione sul territorio e portando avanti una
mobilitazione popolare.
Al contrario la legge di iniziativa popolare portata avanti (con 43.000
firme) dal Tavolo Toscano dell'Acqua a livello regionale è stata
completamente ignorata dal DS Martini. Il Coordinamento campano teme
evidentemente che una legge nazionale faccia la stessa fine, notando
come gli interessi che stanno dietro alle varie Acea e Hera sono
trasversali agli schieramenti politici, un po' come per il TAV, e che
concentrarsi sul piano legislativo possa smobilitare le situazioni di
lotta. Una qualche voce libertaria si è alzata, trovandosi
solidale con il Coordinamento campano nel denunciare alcune questioni:
tutta la classe politica nel suo insieme è nostro avversario e
finché questa consapevolezza non sarà patrimonio dei
movimenti non si avrà emancipazione. Emancipazione oggi è
anche capire e fare in modo che l'acqua sia un diritto di tutti; che il
movimento non si può dividere tra chi va in piazza e le "teste
pensanti", che proprio questa è stata una delle cause del
fallimento dei social forum e che la necessità prioritaria
è quella di allargare il movimento e non di infilarsi in
scorciatoie (?) legislative. Ma, non sorprendentemente, i modi e i
tempi della politica hanno prevalso e l'iniziativa di una legge
popolare è stata accolta con giubilo dalla maggioranza dei
presenti. Vedremo a cosa porterà. Il dato positivo è
l'esistenza di una parte critica verso questa decisione e in generale
nei confronti di una deriva (rapidissima) del movimento verso la
politica ufficiale. La scommessa è che si rafforzino quelle
situazioni che si muovono con mobilitazioni popolari e che crescano i
contatti tra queste diverse realtà. Dalla loro hanno l'evidenza:
i risultati, parziali ma importanti, ottenuti dai comitati in Campania
e il fallimento della via legislativa in Toscana.
Toni
Bologna: denunce per occupazione della stazione allo scoppio della guerra
Il 20 marzo del 2003, all'indomani dell'inizio ufficiale della seconda
guerra irachena, anche a Bologna, migliaia di persone manifestarono la
loro avversione all'avventura bellica.
Dopo un primo concentramento spontaneo in piazza Maggiore, il corteo si
diresse verso la stazione centrale ed i binari furono invasi da
centinaia di manifestanti. L'occupazione durò per alcune ore.
Come ricorderanno i lettori di Umanità Nova quella
manifestazione fu preceduta e seguita da innumerevoli altri iniziative
di protesta e boicottaggio della guerra: blocco dei treni a supporto
logistico delle truppe USA-NATO-Italiane, altri sit-in, blocchi del
traffico, scioperi spontanei ed autorganizzati.
Il 18 marzo del 2006, una quarantina di compagne e compagni (fra cui
oltre 10 anarchici/e, in gran parte del circolo anarchico "Camillo
Berneri" di Bologna) hanno ricevuto un avviso di garanzia per il reato
di interruzione di pubblico servizio. Fra gli indagati, oltre agli
anarchici già ricordati altri compagni/e del sindacato di base
(Cub, USI e Cobas), dei collettivi autonomi, dell'area "disobbediente"
e di Rifondazione Comunista.
La coincidenza delle notifiche avvenute nella giornata internazionale di lotta alla guerra aggiunge la beffa al danno.
La magistratura bolognese, come abbiamo più volte sottolineato
in precedenti resoconti e cronache, non perde occasione per svolgere
con zelo il suo ruolo di cane da guardia del potere (governo nazionale
o locale poco importa).
Il reato contestato assume rilievo penale (con possibili significative
condanne) proprio per la congiunzione delle legislazioni speciali
"antisciopero" ed "antiterrorismo".
L'atto legislativo e l'atto giudiziario mettono bene in evidenza la
natura della guerra di classe che il governo vuole condurre contro
l'insorgenza sociale.
Nulla di nuovo sotto il sole, si direbbe!
E, come al solito, non saranno certo le azioni repressive a fermare il
movimento di lotta e di protesta, ciò sicuramente per gli
anarchici ma, possiamo ben dirlo, neanche per ciò che riguarda
gli altri compagni.
Alla prossima, per nuove e aggiornamenti.
Cassandre felsinee