Umanità Nova, numero 12 del 2 aprile 2006, Anno 86
Alla fine ce l'hanno fatta, e la medaglia d'oro al valore civile al contractor Quattrocchi, ucciso in Iraq, sono riusciti a fargliela avere. Anche se solo alla memoria.
Del resto, viste le forze che si erano messe in moto, e soprattutto i "valori" che questa classe politica condivide in maniera bipartisan, c'era solo da chiedersi quando sarebbe venuto il momento. Quando, cioè, il "presidente di tutti gli italiani", Carlo Azeglio Ciampi, avrebbe accondisceso, più o meno convinto, a soddisfare il coro delle prefiche che da più parti, anche con raccolte di firme nelle piazze del paese, chiedeva il prestigioso riconoscimento.
Fin dal rapimento dei quattro mercenari, infatti, si era levato un moto di esaltata ammirazione per il "coraggio" che i quattro malcapitati stavano dimostrando di fronte ai loro barbari aguzzini, e gli eredi del fascismo, inconsolabili orfani di guerresche ed eroiche imprese di italiani veri dalla mascella volitiva, hanno avuto finalmente quanto cercavano. E ci si sono buttati sopra come avvoltoi, a corpo morto. Tanto più concretamente, perché poi un "corpo morto" su cui banchettare, purtroppo, c'è stato davvero.
Poco importa che, recentemente, abbiano trovato conferma le supposizioni che i meno smaliziati, avevano avanzato sui veri compiti che i nostri mercenari, e gli altri provenienti da mezzo mondo, dovevano svolgere. Ovviamente ancora non abbiamo e non possiamo avere certezze matematiche – come sempre si dovranno attendere decenni per conoscere le verità di regime - ma le rivelazioni sulla presenza di contractors anche italiani nei tanti Abu Ghraib del libero Iraq, la dice lunga su molte cose. Sul perché, ad esempio, i quattro siano stati rapiti mentre giravano con armi sofisticate in dotazione all'esercito americano e perché soltanto uno di loro, il capo, sia stato ucciso.
Sospetti, solo sospetti, certamente, ma che dovrebbero comunque consigliare cautela. Anche e soprattutto in chi afferma, un po' troppo pomposamente, di ragionare solo in termini costituzionali.
Ma tutto questo evidentemente non importa. Dopo la tempestiva messa in onda del video con la famosa frase con la quale Quattrocchi ha creduto di dover riscattare un ipotetico onore nazionale, si è subito cominciato a sfruttare opportunisticamente questa provvida manifestazione di coraggio e amor patrio. Perché le elezioni sono alle porte e tutto fa brodo. E questo non solo, come è logico aspettarsi, da parte di fascisti e accoliti (esemplare l'esagitazione di La Russa!), ma anche di un ceto politico che a suo tempo, con la retorica patriottica, ci faceva più o meno quello che diceva di voler fare Umberto Bossi con il tricolore.
Adesso, invece, a parte qualche onesta e coerente eccezione - che non riguarda però chi sta solo elemosinando voti no global - sono tutti lì, chi più chi meno, a plaudire al riconoscimento a Quattrocchi e a cercare di dividersene le spoglie. Tutt'al più, per non perdere del tutto la faccia, con qualche timida recriminazione sul mancato riconoscimento di una medaglia ai soldati morti a Nassirya. In poche parole, l'unica perplessità su questa sortita, riguarda la presunta discriminazione a danno dei dipendenti statali, che non si sono visti assegnare la patacca d'oro, a differenza di quanto è stato fatto per il dipendente privato. Insomma, perché la medaglia a un mercenario privato e non a quelli pubblici? Quale poi fosse la natura del lavoro dell'uno e degli altri (un mestiere che, come strumenti, non richiede cacciaviti o computer bensì mitragliatori) non interessa a nessuno, anzi!
Perché in fin dei conti, la questione è tutta qui. Cosa ci stavano facendo quei quattro signori, in Iraq? E cosa stanno facendo, ancora oggi, gli uomini dell'esercito italiano? A fare volontariato, a prestare assistenza alla popolazione civile, a distribuire caramelle e cantare 'O sole mio per la gioia degli iracheni? O piuttosto a coprire gli interessi pubblici e privati dei criminali istituzionali che regolano i propri affari con guerre, morti e distruzioni? E se poi, per proteggere questi pescicani multinazionali, si deve girare armati e ogni tanto ammazzare qualcuno… beh, si sa! il lavoro del mercenario è quello, mica altro!
Il deputato Ignazio La Russa, rispecchiando evidentemente un pensare comune a destra e a manca, ha detto, in un attacco d'incontinenza verbale, che "Quattrocchi è di tutto il popolo italiano, e che tutti noi gli dobbiamo riconoscenza". Lungi dal metterci a polemizzare con un fascista, anche perché non ci sarebbe partita. Però ci viene da dire che, o noi non siamo parte del popolo italiano, oppure il signor La Russa sbaglia. O per lo meno, come spesso gli accade, esagera. Fortunatamente, infatti, ancora non tutti la pensano come lui, ma sono convinti che il mestiere del mercenario non sia un bel mestiere. Avventuroso, probabilmente. Ma bello proprio no! Altri sono, infatti, i valori di cui parliamo e a cui andrebbe mostrata riconoscenza. Valori che poggiano sulla solidarietà, sulla reciprocità, sul rispetto delle differenze, sul senso di uguaglianza, sul principio della libertà. Valori "normali", portati avanti giorno per giorno, nella piena quotidianità, da chi intende uniformare i propri comportamenti ad essi. E in questo senso sono davvero valori eroici. Di un eroismo che fortunatamente non ha bisogno, per esprimersi, di una morte tanto "bella" quanto inutile.
MoM