Umanità Nova, numero 12 del 2 aprile 2006, Anno 86
Prima dell'8 marzo. 7 marzo è datato un comunicato di Human
Rights Watch (HRW) intitolato "Messico: alle vittime di stupro negato
il diritto all'aborto" - il comunicato rimanda anche ad un dossier di
approfondimento. In Messico l'aborto è in genere illegale,
tuttavia alle donne vittime di stupro il diritto all'aborto sarebbe
garantito. Sarebbe. Il condizionale è d'obbligo, dato che in
realtà chi rimane incinta in seguito ad uno stupro si ritrova ad
essere anche vittima di intimidazioni ed ingiustizie da parte degli
addetti ai servizi sociali, dei medici e delle autorità
giudiziarie che di fatto limitano pesantemente ed impediscono di
abortire legalmente. Non solo: gli stupratori risultano normalmente
passare per innocenti. Come se non bastasse la legge messicana
considera l'incesto come un atto sessuale consensuale, pertanto bambine
e ragazze che vengono violentate da un membro della famiglia e
rimangono incinte sono costrette a portare a termine la gravidanza. In
tutto il paese l'età minima per poter avere un rapporto sessuale
che possa essere considerato consensuale è fissata a 12 anni, 14
nel solo stato del Messico. Teoricamente, comunque, un rapporto senza
consenso tra consanguinei dovrebbe essere considerato stupro, in
realtà ciò normalmente non avviene neppure nei casi in
cui le vittime siano minori di 12 (o 14) anni, né quando sono
troppo piccole per poter rimanere incinte. I dati del governo indicano
che più di 120.000 tra donne, ragazze e bambine vengono stuprate
in Messico ogni anno, inoltre circa il 10% delle donne messicane sono
vittime di aggressioni fisiche ogni anno. Nel mondo, afferma HRW,
l'aggressione fisica contro una donna implica anche lo stupro nel
30-40% dei casi: ciò significa che le donne messicane che
vengono violentate potrebbero essere più di 1 milione l'anno.
Durante l'8 marzo. Due comunicati, uno di HRW l'altro di Amnesty
International, escono rispettivamente il 9 e il 10 marzo, ma parlano di
qualcosa che è successo in Iran, a Tehran l'8 marzo: circa un
migliaio di attiviste si erano incontrate al parco Deneshjoo per un
sit-in pacifico allo scopo di celebrare la giornata internazionale
delle donne: nessuna protesta politica, nessuno slogan, solo
cartelli/manifesti "in solidarietà con il movimento
internazionale per i diritti delle donne", come dirà una
manifestante a HRW. Le forze della repressione di stato, assieme alle
"guardie rivoluzionarie", si sono precipitate attorno al parco e hanno
ripreso e fotografato le dimostranti intimando loro di disperdersi,
motivazione: la manifestazione non era stata ufficialmente autorizzata
- il giorno precedente il ministro dell'interno aveva convocato alcune
attiviste per i diritti delle donne, ordinando loro di cancellare
l'incontro, le attiviste avevano affermato di non essere le
organizzatrici dell'evento, che si trattava di un appuntamento annuale
per molti gruppi che sostengono i diritti delle donne. Dopo le
intimidazioni le forze di sicurezza hanno iniziato a lanciare cestini
di spazzatura sulle teste delle attiviste e a caricare picchiando molto
duro con i manganelli. Il comandante delle forze di sicurezza avrebbe
sostenuto poi che l'azione repressiva si era resa necessaria per
"evitare che il presidio assumesse una dimensione politica". Molti
giornalisti presenti sono stati arrestati e in seguito rilasciati, il
materiale fotografico e video che documentava l'accaduto è stato
sequestrato.
Silvestro