Umanità Nova, numero 12 del 2 aprile 2006, Anno 86
Da sempre la comunicazione di massa gioca un ruolo fondamentale nelle guerre, serve a motivare la propria opinione pubblica e a demonizzare l'avversario. Più recentemente le tecniche di marketing si sono applicate alle guerre anche per convincere le opinioni pubbliche dei paesi non belligeranti a sostenere l'uno o l'altro esercito in conflitto. Ormai ha fatto scuola il ruolo giocato dalla Ruder Finn nel sostenere le ragioni USA nella guerra in Jugoslavia, anche se a me fa sempre una certa impressione rileggere il presidente di quella compagnia che dichiara: "Mentre gli americani si chiedevano in quale parte dell'Africa fosse il Kosovo, noi gli abbiamo fornito una storiella semplice, con i buoni e i cattivi". Ed è finita con qualche decina di migliaia di morti per i bombardamenti contro i "cattivi".
Una novità di questi ultimi tempi è invece l'utilizzo delle tecniche di marketing alle rivoluzioni ed ai movimenti di massa.
Lo schema sembra essere sempre lo stesso. Viene individuato tra i candidati alle elezioni di un paese, quello più filoccidentale e presentabile. Si fanno circolare sondaggi che lo accreditano di una probabile vittoria. Dopo la sconfitta si denuncia la frode elettorale e si prova a ribaltare l'esito delle elezioni (corrette o meno che fossero state) a vantaggio del candidato prescelto.
Dietro queste campagne ci sono società di marketing finanziate dal governo USA. Le più note sono la PBN Company e la National Endowment for Democracy che hanno operato nella rivoluzione "arancione" in Ucraina, il Global Strategic Group che è stato attivo nella rivoluzione "delle rose" in Georgia ed altre, meno note, attive in Uzbekistan ed in Kirghizistan durante i sommovimenti di massa in quei paesi.
C'è uno scontro di potere in corso tra il governo Bush e la Federazione russa e gli scenari su cui si sta giocando lo scontro sono le repubbliche ex sovietiche.
Non sorprende quindi che, anche nella recente rivolta bielorussa, si sia ripresentato questo schema con tutti i media occidentali schierati a sostegno del candidato filoamericano, Milinkevich.
Nella contesa bielorussa si è però inserito a sorpresa
un elemento non previsto dai sondaggisti americani: il movimento
anarchico bielorusso.
La Bielorussia vanta infatti una solida presenza anarchica,
benché di recente radicamento. Il settimanale della federazione
Anarchica Bielorussa "Navinki" vendeva 30.000 copie la settimana che
sarebbero tante anche in Italia, e in un paese di neanche 10 milioni di
abitanti sono ancora di più. Il giornale dopo essere stato
ripetutamente censurato è stato messo fuorilegge e viene ora
stampato clandestinamente e saltuariamente.
I nostri compagni, nello scontro tra i due imperialismi, hanno visto la possibilità di inserirsi per cacciare il dittatore e per portare avanti una lotta con caratteristiche autogestionarie. La storia ci insegna come, a volte, proprio per la situazione di stallo che si può creare tra due imperialismi contrapposti, si possano aprire spazi per esperienze libertarie di massa. Il percorso autogestionario di Nestor Makno nella vicina Ucraina stretta tra le armate bianche e le armate rosse ce lo ricorda.
Il boia Lukashenko ha deciso allora di far partire la repressione,
brutale come al solito. Migliaia di oppositori arrestati, centinaia di
desaparecidos, pestaggi selvaggi nelle galere, gente deportata in tutta
la Bielorussia per mancanza di spazio nelle carceri e nelle caserme di
Minsk. In mezzo agli arrestati tanti anarchici, alcuni più noti
(cantanti punk, giornalisti) altri di cui i compagni ci hanno pregato
di non divulgare i nomi temendo di esporli a rappresaglie ancora
più brutali.
Di fronte ad una repressione dittatoriale e fascista, l'Unione Europea,
pronta a fare una guerra per la violazione di diritti religiosi in
qualsiasi paese produttore di petrolio, non ha trovato nulla di meglio
da fare che imporre ridicole ed inutili sanzioni. Visto che
l'interscambio commerciale della Bielorussia con l'Europa è
quasi nullo è come un via libera alla prosecuzione della
repressione.
A conferma della politica migratoria xenofoba perseguita dei governi europei non hanno pensato neanche alla misura minima per salvare qualche oppositore dalla repressione: il riconoscimento dello status di rifugiato politico per tutti i bielorussi richiedenti asilo.
Invitiamo tutti i compagni a manifestare solidarietà agli anarchici bielorussi perseguitati.
FRK