Umanità Nova, numero 12 del 2 aprile 2006, Anno 86
Come annunciato nel tardo pomeriggio di giovedì 24 marzo la lapide dedicata a Pinelli dagli "Studenti e democratici milanesi", che era stata tolta nottetempo su ordine del sindaco Albertini e della sua giunta, è stata rimessa al suo posto, a poca distanza da quella collocata dal Comune. Nello stesso posto in cui era stata collocata il 16 dicembre 1977 dopo un'assemblea all'Università Statale organizzata dal Movimento dei Lavoratori per il Socialismo. L'iniziativa promossa dal circolo "Ponte della Ghisolfa", con il sostegno del Leoncavallo, di Rifondazione, dei Verdi e dei Comunisti italiani, ha visto la partecipazione di moltissimi compagni e compagne, di antifascisti, di democratici, sicuramente più di un migliaio, che si sono addossati al prato prospiciente la sede della Banca dell'Agricoltura, obiettivo della bomba del 12 dicembre 1969, a testimonianza del persistente significato che ha per Milano, questa tragica vicenda. Gli oltre settecento volantini preparati per l'occasione dalla Federazione Anarchica Milanese sono stati letteralmente "bruciati" nel giro di dieci minuti.
Il presidio è poi proseguito fino alle 20 registrando un continuo andirivieni di compagni e di curiosi.
Presente tra gli altri, Pasquale Valitutti, venuto appositamente da Roma, nonostante le sue condizioni di salute, per testimoniare, una volta di più, quanto da lui udito a quel quarto piano della questura di Via Fatebenefratelli, dopo aver scorto Pinelli calmo e tranquillo, poco prima del tragico volo. Una testimonianza, la sua, mai presa in considerazione dalla magistratura se non per essere opportunisticamente capovolta nelle parole del giudice D'Ambrosio in una sua intervista rilasciata alla stampa poco tempo fa. D'Ambrosio, ricordiamo, è l'estensore dell'incredibile sentenza che individuò in un misterioso "malore attivo" la causa della morte di Pino, una sentenza che scagionando i responsabili dell'ufficio politico della questura, era del tutto funzionale alla politica di "compromesso storico" inaugurata dal PCI, in quegli anni di duro scontro sociale.
Il giorno dopo la giunta Albertini, preso atto dell'insuccesso della provocatoria operazione di sostituzione, ha deciso di rimettere la questione alla magistratura per ottenere un'ingiunzione di rimozione. Una decisione che rimanda ad altri tempi, ma che lascia del tutto inalterata la volontà di non tenere conto dell'opinione e delle emozioni di una gran parte della cittadinanza.
Intanto il murales che era stato dedicato a Dax alla Darsena è stato imbrattato con svastiche a dimostrazione che la politica della provocazione continua. Una politica che solo un alto livello di attenzione accompagnato da mobilitazioni significative è in grado di stroncare.
mv