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Umanità Nova, numero 13 del 9 aprile 2006, Anno 86

I casi Aldrovandi e Palumbo e l'impunità della polizia
Sbirri assassini


Con quattro agenti di polizia indagati per omicidio preteritenzionale e la richiesta di una nuova perizia sul cadavere si è riaperto il caso di Federico Aldrovandi il diciottenne ferrarese morto durante un controllo di polizia il 25 settembre scorso. Come i lettori di UN certamente ricorderanno a 18 anni, Federico è morto nelle mani della polizia, dopo esser stato lasciato per 5 ore sull'asfalto, nascondendo la verità alla madre che lo stava cercando. Secondo la versione degli sbirri, quando Federico venne fermato in via Ippodromo a Ferrara, era in preda ad una crisi di autolesionismo, si dimenava e sbatteva con violenza la testa contro un palo della luce. La polizia nega la responsabilità della morte sostenendo che si sia ferito da solo e sia deceduto per overdose in seguito all'assunzione di droga. La determinazione e il coraggio della madre (che apre anche un blog su Internet) impediscono però che la sua morte cada nel silenzio. Gli esami tossicologici smontano da subito la favola dell'overdose. I dettagli emersi dai referti medici descrivono numerosi segni di percosse su tutto il corpo, una ferita lacero contusa alla testa, le strisce viola delle manette ai polsi e lo scroto schiacciato. La madre, che ha riavuto i panni di Federico letteralmente imbevuti di sangue, fa effettuare una perizia di parte che prova che la morte di suo figlio è avvenuta per asfissia posturale, dovuta alla posizione a pancia in giù in cui è stato ammanettato e alla pressione esercitata sulla sua schiena da almeno una persona (mentre la consulenza della Procura parla di asfissia dovuta ad un concausa legata all'assunzione di droghe e alcool).

La riapertura del caso premia sicuramente la tenacia di questa donna coraggiosa che si è sempre opposta alla verità ufficiale della polizia e che ha sempre denunciato le percosse subite dal figlio. È comunque improbabile che si arrivi al processo vero e proprio per i poliziotti coinvolti. La più probabile spiegazione dell'iscrizione nel registro degli indagati dei quattro birri è che la procura può decidere l'archiviazione di un reato solo se esistono soggetti indagati per quel reato (i 4 poliziotti, appunto). Il procedimento potrebbe finire quindi con una archiviazione.

L'impunità della polizia italiana è sicuramente una delle caratteristiche del Belpaese. La tragica fine di Federico non è, peraltro, un caso isolato. Poco più di un mese dopo la sua morte, la sera del 31 ottobre Domenico Palumbo, originario di Capua, si trova ad Aversa, in auto, quando con una ruota finisce in un avvallamento frutto di alcuni lavori in corso. L'auto si blocca e Domenico si allontana, alla ricerca di qualcuno che lo possa aiutare a spingere l'auto che si è "arenata" proprio di fronte alla Scuola di polizia penitenziaria di Aversa. Gli agenti di turno insospettiti dall'auto in sosta con motore acceso chiamano la polizia e i carabinieri e si avvicinano all'auto, con gli sportelli aperti e il motore ancora acceso, quando ritorna Domenico Palumbo. Infastidito dalla presenza degli agenti di polizia penitenziaria, il giovane ribadisce con veemenza - forse troppa - che quella è la sua macchina. Poi prova a mettere in moto l'auto. Gli agenti pensano di avere a che fare con un ladro d'auto, lo immobilizzano e lo bloccano faccia a terra sul marciapiedi esterno alla scuola. I ragazzi che avevano accompagnato Domenico per aiutarlo a spingere l'auto si dileguano. Una piccola folla assiste alla scena e rumoreggia sia per l'eccessiva veemenza con cui il giovane è trattenuto sia perché Palumbo comincia a non sentirsi bene. Il suo malessere è così evidente che gli stessi agenti si mettono in contatto col 118. Ai medici viene richiesto un intervento "per un giovane tossicodipendente, probabilmente in overdose". Quando arriva il medico del 118 vede un'auto in bilico sul selciato e vicino "un giovane in posizione prona, con la guancia sinistra poggiata a terra", tenuto da due agenti della polizia penitenziaria. Dopo aver fatto spostare tutti, si accorge che il giovane era deceduto. I tentativi di rianimazione, defribillatore prima e Narcan dopo, falliscono. La gente si accorge che la scena si è trasformata in tragedia: grida e inveisce nei confronti degli agenti. 

Il giorno dopo il direttore della scuola, Mario Mascolo, fornisce alla stampa la versione ufficiale dell'accaduto: il giovane si dimenava, sotto evidente effetto di stupefacenti, e appena si è sentito male è stata chiamato il 118. Si tratterebbe quindi di una morte per overdose. 

Quasi due mesi dopo, tra perizie e controperizie, arriva il risultato dell'autopsia: Domenico Palumbo non è morto per overdose e non era sotto effetto di sostanze stupefacenti. La sua morte, atroce, è avvenuta per un motivo banale: soffocamento, "per asfissia meccanica dalle vie respiratorie da parte di materiale alimentare nelle fasi iniziali della digestione". Intorno alla sua assurda fine nasce anche un comitato spontaneo, ma nonostante l'esito dell'autopsia il pubblico ministero ha chiesto l'archiviazione. I cani da guardia dello Stato devono essere lasciati liberi di commettere le peggiori atrocità...

robertino


Domande senza risposta

Queste sono le domande della madre di Federico che finora non hanno avuto nessuna risposta né da parte dei magistrati né da parte della polizia...

- Perché mio figlio è morto alle 6 del mattino del 25 settembre 2005 a poche centinaia di metri dalla sua casa, mentre noi genitori, che lo stavamo cercando in tutti gli ospedali, siamo da Voi stati informati ben 5 ore più tardi?
- Perché si è fatto in modo che io non lo vedessi quando era ancora sul luogo dove aveva trascorso i gli ultimi momenti della sua troppo breve vita?
- Perché quando ripetutamente lo chiamavo sul suo cellulare col mio ed appariva la scritta "mamma" nessuno rispondeva, mentre quando lo chiamò mio marito col proprio ed apparve la scritta "Lino", un agente rispose?
- Perché questo agente, che già sapeva perfettamente che stava parlando col padre di un ragazzo appena morto non gli disse nulla, ma anzi chiuse la conversazione in modo quantomeno sgarbato e sbrigativo, costringendoci a tempestare invano la Questura per chiedere informazioni sulla sorte di mio figlio?
- Perché quella maledetta mattina la Questura fornì ai giornali una versione dei fatti completamente falsata in quanto si sostenne che Federico era morto per un "malore" in circostanze apparentemente non violente, tacendo che nel fatto ben quattro agenti sono ricorsi alle cure mediche all'Ospedale S. Anna?
- Perché solo in Parlamento è stato ammesso il violento uso di manganelli sul corpo di mio figlio, fino a romperne addirittura due?
- Perché tanta violenza? Per impedirgli di farsi del male da solo?
- Perché si è falsamente sostenuto o comunque lasciato intendere che Federico fosse ancora vivo all'arrivo dei sanitari i quali, addirittura si sarebbero opposti alla richiesta di togliergli le manette?
- Perché si è chiesto l'intervento della DIGOS con la motivazione che il giovane, privo di documenti, indossava abiti che potevano corrispondere alle persone dedite a frequentare i centri sociali, mentre non si è voluto rispondere al telefonino che chiaramente diceva che lo stava chiamando la mamma?

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