Umanità Nova, numero 13 del 9 aprile 2006, Anno 86
Valle Peligna (AQ): la polveriera di San Cosimo
La polveriera di San Cosimo è un costante pericolo per gli
abitanti della Valle Peligna. Situata quasi al centro della Valle,
Monte San Cosimo ospita, all'interno dei suoi cunicoli, uno dei
più grandi depositi di armi e munizioni dell'Italia
centro-meridionale. L'area militare copre una superficie di oltre 133
ettari ed è dotata di ogni tipo di infrastruttura (strade,
fabbricati, elettrodotti, acqua potabile, etc.); un raccordo
ferroviario di tre chilometri collega direttamente la stazione di
Pratola Peligna Superiore con il deposito. Tutt'intorno alla base
è in vigore, per una fascia di 200 metri, una servitù
militare che, tra l'altro, proibisce di fare costruzioni di qualsiasi
genere, aprire strade, impiantare depositi di gas e di liquidi
infiammabili.
I paesi della Valle Peligna sono adagiati letteralmente su una
polveriera e per di più in una zona sismica di primo grado. Il
deposito militare costituisce un grave pericolo per gli abitanti della
Valle, sia a causa di possibili eventi naturali, ma anche di eventuali
incidenti.
Va tenuto presente che ad ogni crisi internazionale che tocchi in
qualche modo il nostro paese, l'area di San Cosimo viene posta in stato
di allerta in quanto inclusa tra gli "obbiettivi sensibili".
Va ricordato che nel 1986, secondo le autorità, la polveriera
era nel mirino della Libia che la indicò come uno degli
obbiettivi da colpire in Italia.
Eppure le autorità di governo hanno sempre minimizzato
l'importanza del deposito e le amministrazioni locali non sono mai
andate oltre qualche sporadica presa di posizione.
I cittadini della Valle Peligna hanno il diritto di conoscere cosa si
nasconde realmente nelle viscere di Monte San Cosimo e quali misure
sono state predisposte per garantire la loro sicurezza e la loro
salute.
All'interno di Monte San Cosimo, oltre ad armamenti tradizionali, sono custoditi anche esplosivi ed armi "sofisticate"?
Vi sono anche altri materiali pericolosi, come scorie radioattive?
Sono domande pienamente pertinenti dal momento che nel 1990
l'Enea-disp. individuò il deposito di San Cosimo come uno dei
quattro possibili siti, in Italia, idonei per lo stoccaggio di rifiuti
radioattivi.
Più recentemente, nel 2003, dopo la rivolta di Scanzano Jonico,
fonti di stampa hanno riferito che i rifiuti nucleari sarebbero stati
stoccati in aree militari.
Negli ultimi tempi, intanto, il deposito di San Cosimo è stato
ampliato e sulla questione delle scorie radioattive è scesa una
cortina di silenzio.
Invitiamo tutti i cittadini della valle a farsi interpreti delle
legittime preoccupazioni, di adottare ogni iniziativa mirante a fare
chiarezza sul problema, di riprendere e portare avanti con
determinazione un progetto di pace e di gestione democratica del
territorio, già promosso da alcuni compagni nel 1970.
Al di là di ogni possibile, e non verificabile, rassicurazione
che possa venire dal governo nazionale, siamo convinti che l'unica
soluzione che garantisce i cittadini è la smilitarizzazione
dell'area e la sua riconversione per finalità civili e di pace.
Edo
Torino: la memoria non si rimuove!
Nel pomeriggio di venerdì 31 marzo un gruppo di anarchici
torinesi ha iniziato una campagna contro la cancellazione della
memoria.
Sul ponte pedonale che attraversa il trafficatissimo Corso Unità
d'Italia sono stati appesi un manichino e uno striscione con la scritta
"Pinelli ucciso dallo Stato".
Nel volantino distribuito per l'occasione, dopo aver ricordato la
vicenda dell'anarchico Pinelli ucciso nei locali della questura di
Milano il 15 dicembre del 1969, tre giorni dopo la prima di una lunga
serie di stragi di stato, si evidenziava che la lapide in ricordo del
nostro compagno, collocata in piazza Fontana nel 1977 e rimossa dal
comune di Milano due settimane orsono era "segno tangibile che la
verità, rimossa sul piano giudiziario da Gerardo D'Ambrosio, uno
dei futuri "eroi" di "mani pulite", con l'incredibile invenzione del
"malore attivo" restava scolpita nel marmo e nelle coscienze dei tanti
che avevano vissuto da protagonisti quella straordinaria stagione di
lotte." Al posto della lapide con la dicitura "ucciso innocente" il
sindaco Albertini ha fatto collocare una lapide con la scritta "morto
innocente". Nonostante la lapide revisionista sia stata prima coperta
dai compagni della FAI milanese e successivamente affiancata da una
copia di quella vecchia, la lapide del comune resta lì a "a
testimoniare l'infamia di chi pensa di poter cancellare la memoria, di
poter riscrivere la storia.
Sono gli stessi che solo una settimana prima avevano permesso una
parata neofascista per le strade di una città in cui vivo
è il ricordo della lotta contro la barbarie fascista e nazista.
25 antifascisti sono ancora in carcere per gli scontri di quel giorno.
Mentre la lapide dedicata dagli antifascisti milanesi al partigiano
Pinelli, ammazzato nella questura dove governava il funzionario
fascista Guida, viene rimossa.
Lo Stato Uccide. Per questa verità scritta su uno striscione del
Fenix di Torino il sindaco Chiamparino pretese ed ottenne lo sgombero
dell'osservatorio contro la repressione. 10 antifascisti anche a Torino
sono in attesa di processo per aver manifestato contro l'ennesima
aggressione fascista, quella che per poco non è costata la vita
a due anarchici accoltellati nella loro casa da una squadraccia
penetratavi di notte.
Albertini è di centro destra, Chiamparino di centro sinistra, ma
non sono che la stessa faccia di un potere che uccide, reprime,
riscrive la storia.
Un potere che non si limita all'omicidio politico ma colpisce chiunque
si opponga all'ordine feroce di questo mondo, un "ordine" basato sullo
sfruttamento selvaggio, sulla predazione delle risorse, sulla
sottrazione di spazi di libertà. Un potere che si accanisce in
modo particolare sui più deboli, sulle non persone che una legge
fascista colloca nel limbo della clandestinità. Si muore ogni
giorno a causa di questa legge.
Un anno fa a Torino nel volgere di pochi giorni tre immigrati sono
morti per sfuggire ai controlli della polizia: uno annegato nel Po, uno
sfracellato dal terzo piano, uno colpito da un proiettile durante un
fermo.
Ieri a Como, nello stesso modo è stato colpito a morte un
ragazzo cingalese di 19 anni. Un assassinio di Stato, uno dei tanti."
Euf.
Foto quest'indirizzo:
http://italy.indymedia.org/news/2006/03/1035059.php
Pietrasanta: arrestati due anarchici
Il 29 marzo la polizia ha tratto in arresto due anarchici, arresto
confermato dal GIP sabato 1 aprile. Di seguito il comunicato di
solidarietà emesso dal Gruppo Anarchico Versiliese: "Sono ancora
rinchiusi nel carcere di Lucca i due compagni anarchici di Pietrasanta
arrestati nella notte di mercoledì 29 marzo. Sono accusati di
aver danneggiato con un congegno incendiario la sede elettorale di
Forza Italia a Pietrasanta. L'arresto, diversamente da quanto
inizialmente riportato da giornali, radio e tv, è avvenuto
mentre i due compagni dormivano nelle loro rispettive case e non "in
flagranza di reato". Ma, come in tante altre occasioni, i giornalisti
non fanno altro che riportare le veline della questura e se la
verità è un'altra poco importa. Quello che conta è
servire il Potere spargendo menzogne e falsità sulla pelle dei
compagni. Come Giuliano e Doriano, da anni in prima fila in tutte le
lotte significative della zona. A Massa contro i crimini ambientali
della Farmoplant, a Pietrasanta contro l'inceneritore del Pollino, un
impianto nocivo contro il quale i due compagni hanno lottato e lottano
con costanza e determinazione. Ricordiamo poi che il primo inceneritore
del Pollino, autentica fabbrica di diossina e veleni a cielo aperto,
con moltissimi casi di morti per tumore riscontrati in quella zona, fu
chiuso nel 1988 anche e soprattutto grazie alle proteste, alle lotte,
all'impegno di persone come Giuliano e Doriano.
Oggi, mentre i politici chiedono il voto per continuare a sfruttare, ad
inquinare, fare guerre e reprimere, chi ha sempre lottato a testa alta
in difesa dell'ambiente e della salute di tutti è sequestrato
dallo stato e rinchiuso in galera."
Bologna: antifascismo ed elezioni
Interrotta la melina istituzionale
In queste ultime settimane, ancor più dopo gli scontri di
Milano, la presenza nella campagna elettorale delle formazioni
dell'estrema destra, raccolte sotto il cartello di Alessandra
Mussolini, assurge agli onori della cronaca grazie al mai sopito
sentimento antifascista che "minaccia incidenti".
La campagna vittimistica dei fascisti che vorrebbe l'ennesima
"pacificazione" per poi riorganizzare le loro fila e poter menar le
mani con più libertà, trova la sponda dell'arco
istituzionale che vuole loro garantire il diritto politico in quanto
forze concorrenti alle elezioni.
Di fronte a questo anche a Bologna alcune centinaia di compagne e
compagni si sono mobilitati ribadendo e rimarcando l'antifascismo di
sempre: contro l'autoritarismo, lo squadrismo, il razzismo, il sessismo
prodotto a piene mani da questa canea.
L'azione dei gruppi "organizzati" che fungono da cerniera fra movimenti
e istituzioni (Rifondazione, disobbedienti e anche qualche gruppo
autonomo) è stata quella di narcotizzare l'insorgenza
antifascista. Ciò è avvenuto sabato 25 marzo, ciò
è avvento sabato 1 aprile. Il colmo si è avuto proprio
sabato primo aprile, quando gli antifascisti erano stati chiamati a
presidiare la piazza partigiana di San Lazzaro di Savena ed i fascisti
della Fiamma Tricolore si sono radunati in piazza Galvani (ben protetti
dai carabinieri) per un comizio del boia Romagnoli di fronte a 150
squadristi, in gran parte del Veneto Fronte Skinhead.
Per lunedì 3 aprile era previsto un comizio, sempre della Fiamma
Tricolore in piazza San Francesco. La piazza era stata concessa
dall'amministrazione Cofferati dopo la prima melina del 25 marzo. La
piazza era poi stata negata dal prefetto anche a seguito di una
petizione popolare degli abitanti della zona e di via del Pratello. Gli
anarchici e gli antifascisti "non democratici" hanno occupato la piazza
già nel pomeriggio del 3 aprile mentre in piazza Maggiore si
svolgeva un presidio "democratico" indetto da CGIL-CISL-ACLI nel quale,
per altro, si illustrava il programma dell'Unione; qui, ad ingrossare
le fila, Rifondazione, i disobbedienti e qualche autonomo.
In piazza San Francesco circa 200 persone, del circolo anarchico, della
rete universitaria, del Lazzaretto occupato, del centro sociale
Fioravanti hanno rotto la melina che vorrebbe addormentare le coscienze
e criminalizzare con la solita logica dei buoni e dei cattivi.
Come riportato nel volantino diffuso in piazza, "… è stato
confermato dalla stampa e dalle dichiarazioni di tutti i partiti
l'intento di dividere tra antifascismo buono e cattivo. Noi riteniamo
che dividere l'antifascismo sia già una sconfitta..." la
volontà unitaria si era già espressa il 25 marzo e il 1
aprile ma era andata a cozzare con l'inazione ed i soliti giochi della
politica.
L'iniziativa del 3 aprile, in piazza San Francesco, rilancia invece
l'azione ed il coordinamento fra le forze antifasciste. Un antifascismo
che deve, prima di tutto, rioccupare il territorio e gli spazi sociali
che le politiche neoliberiste del centro-sinistra allargano
all'agibilità del fascismo montante. Un fascismo che non si basa
solo sul folklore squadrista ma che affonda le sue radici nelle
collusioni istituzionali e nel sostegno che una borghesia sempre
più impaurita porge loro. Oggi con 90 anni fa l'antifascismo
è, prima di tutto, una questione di classe.
Cassandre felsinee