Umanità Nova, numero 14 del 16 aprile 2006, Anno 86
L'incidente - Aprile 1986, centrale nucleare di Chernobyl,
Unione sovietica. I tecnici devono chiudere per una normale
manutenzione uno dei quattro reattori dell'impianto e i dirigenti
decidono di approfittarne per eseguire un'esperimento sulle parti non
nucleari del reattore. L'esperimento viene avviato senza che i tecnici
si rendano conto del rischio che corrono. Quando gli errori compiuti
diventano evidenti è troppo tardi per rimediare: alle 1,23 di
sabato 26 aprile 1986 nel reattore n. 4 di Chernobyl avvengono due
tremende esplosioni che distruggono il nucleo e il tetto protettivo
provocando la fuoriuscita di detriti e di una nube di fumo altamente
radioattiva. Mentre gli incendi provocati dalle esplosioni distruggono
completamente il reattore, le componenti più pesanti della nube
si depositano a terra nell'arco di circa 1 km dalla centrale ma quelle
più leggere vengono trasportate dal vento in direzione
nord-ovest. Complessivamente vengono immessi nell'atmosfera circa 100
milioni di radionucludi (xeno, iodio, cesio, ecc.) pari a circa 600
volte quelli prodotti dall'esplosione della bomba atomica su Hiroshima.
Nella mattina del 27 aprile le autorità sovietiche decidono di
far evacuare la vicina città di Pripyat (49mila abitanti); nei
giorni successivi verrà evacuata tutta l'area in un raggio di 30
km da Chernobyl (circa 137mila persone, tutt'oggi quest'area è
off limits). Solo il 9 maggio i pompieri riescono a spegnere il rogo
della grafite e si inizia a costruire una struttura protettiva
("sarcofago") intorno alle rovine del reattore n. 4. Il 28 aprile,
mentre le autorità sovietiche tacciono, l'allarme internazionale
scatta quando i sistemi di rilevazione della centrale svedese di
Formarsk rilevano un improvviso aumento di radioattività
proveniente dall'URSS. Solo dopo questa denuncia l'agenzia ufficiale
del governo sovietico, la Tass, rende pubblica la "avaria" alla
centrale di Chernobyl, sostenendo che non ci sono vittime e che tutto
è sotto controllo. Il 27 e 28 aprile la nube arriva oltre che
nei paesi scandinavi anche in Polonia e in Germania, il 29 aprile
colpisce la Francia, il 30 aprile investe l'Italia.
Le conseguenze - Tre persone morirono immediatamente. Altre 28,
in gran parte pompieri, morirono nei giorni successivi. 237 persone
furono colpite da sindrome acuta da radiazione. Il 23% del territorio
della Bielorussia è stato contaminato, pari a 44mila km2 (come
pure il 4,8% di quello ucraino e l'0,5% di quello russo). In pratica
nel primo mese successivo alla catastrofe tutta la popolazione
bielorussa è stata sottoposta all'esposizione dello iodio
radioattivo. Questo ha portato ad un aumento senza precedenti nella
storia mondiale dei cancri alla tiroide, specie fra i bambini e i
ragazzi. Negli anni successivi è stato registrato un sensibile
incremento delle forme tumorali, specie nei bambini, e una rilevante
diffusione di un generale stress mentale dovuto al timore di subire
conseguenze dell'incidente. In realtà gli effetti del disastro
non sono stati quantificati con esattezza né nei territori
direttamente colpiti (Bielorussia, Ucraina e Russia) né nei
territori europei investiti dalla nube (fall-out radioattivo). Anche se
nel suo intervento in occasione della presentazione dello studio sulle
conseguenze dell'incidente sulle popolazioni, 6 febbraio 2002, il
segretario generale aggiunto per gli affari umanitari dell'ONU, Kenzo
Oshima, ammetteva che "gli effetti della contaminazione radioattiva -
specialmente riguardo l'aumento del cancro alla tiroide fra coloro che
erano bambini al momento dell'incidente, riguardo i numerosi casi di
irradiazione interna dovuti al consumi di alimenti irraggiati
così come ai problemi psicologici dovuti all'incidente -
continuano a farsi largamente sentire in Bielorussia, nella Federazione
Russia e in Ucraina", in questi ultimi anni l'Agenzia Internazionale
per l'Energia Atomica (AIEA) e l'Organizzazione mondiale della
Sanità OMS) hanno condotto una campagna tesa a minimizzare gli
effetti del disastro. Oggi è difficile trovare qualche articolo
sul disastro di Chernobyl se non su pochi siti specializzati.
Solo un incendio e poco più? - Il 5 settembre 2005 AIEA,
OMS e Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo hanno presentato il
rapporto "Chenobyl: la reale ampiezza dell'incidente" realizzato dal
Forum Chernobyl composto da scienziati, economisti e specialisti della
sanità che hanno sintetizzato in 600 pagine i loro studi. Nel
comunicato stampa si può leggere: "Venti anni dopo l'incidente
un rapporto delle istituzioni delle Nazioni Unite fornisce delle
risposte definitive e propone dei rimedi per ricostruire
(…) Un massimo di 4mila persone potranno morire a causa
dell'incidente (…) tuttavia alla fine del primo semestre 2005
solo una cinquantina di decessi erano attribuibili direttamente alla
catastrofe (…) Praticamente tutti facevano parte del gruppo di
salvataggio esposto a dosi massicce di radiazioni." Sempre nel
comunicato stampa si possono leggere la rassicuranti parole del
presidente del Forum, Burton Bennet: "Si tratta di un incidente assai
grave che ha avuto ripercussioni sanitarie notevoli, specialmente fra
le migliaia di lavoratori esposti durante i primi giorni… e per
le migliaia di altri colpiti da cancro alla tiroide… Tuttavia,
generalmente, non abbiamo constatato alcuna incidenza grave sulla
salute del resto della popolazione delle zone adiacenti." In sintesi:
è successo qualcosa di grave, ma non di gravissimo. Certi
discorsi ci fanno ricordare il famoso rapporto dell'AIEA, firmato dal
suo presidente di allora, Hans Blix, pochi mesi dopo il disastro, nel
quale si affermava fra l'altro che "L'industria atomica può
sopportare una Chernobyl all'anno."
Negare l'evidenza del legame fra malattie e "nube" - Dietro al
Forum Chernobyl ci sono AIEA e OMS, due organizzazioni ONU che operano
di concerto fin dal maggio 1959 per minimizzare rischi e conseguenze
dell'energia nucleare. Da diversi anni gli ambienti favorevoli al
rilancio del nucleare lavorano per rimuovere dalla coscienza collettiva
gli effetti del disastro di Chernobyl. Il rapporto del settembre 2005
è solo l'ultimo dei lavori scientifici sponsorizzati dalla lobby
nucleare per minimizzare gli effetti del disastro. Ne ricordiamo un
altro, realizzato nel febbraio 2002 per conto dell'ONU da alcuni
ricercatori russi, bielorussi e ucraini che falsificando la
realtà e fornendo informazioni incomplete e non obiettive
arrivava alla medesima conclusione: sull'onda emotiva del disastro si
era sopravvalutato il suo impatto sanitario e ambientale. Su queste
posizioni si schierano gli Stati atomici e le lobby filonucleari ma
anche gli Stati Bielorusso, Ucraino e Russo che hanno tutto l'interesse
a ridimensionare le cifre della tragedia per risparmiare gli
investimenti e favorire le politiche di ripopolamento delle aree
contaminate.
Il Forum Chernobyl, si badi bene, non dice che le malattie non sono aumentate dopo il passaggio della nube, ma sostiene che non esiste un legame dimostrabile fra i due eventi. E chi dovrebbe dimostrare il nesso: l'AIEA, l'OMS o, magari, l'ente nucleare bielorusso? Il Forum Chernobyl dimentica di citare alcuni dati:
- che oggi solo il 20% dei bambini bielorussi è ufficialmente dichiarato in "buona salute" contro l'80% del 1986.
- che dal 1986 al 1995 la frequenza dei nati malformati in Bielorussia è aumentata del 40% che diventa dell'80% se si considerano i feti abortiti per malformazione.
- che nelle zone della Russia più colpite si registra un aumento della mortalità nei confronti delle altre zone.
- che per stessa ammissione dell'ONU: "secondo le previsioni, oltre all'aumento continuo dei casi di cancro tiroideo e del numero di persone irradiate dallo iodio radioattivo (almeno 8/10mila secondo l'ONU, ndr), ci si può aspettare nei prossimi anni un aumento dei casi di altri tipi di affezioni maligne e un accrescimento delle affezioni cardiovascolari e di altre patologie non oncologiche." (rapporto del segretario generale del 24 ottobre 2005)
- che si registra un sensibile aumento della cataratta agli occhi sia nella popolazione che fra i lavoratori impiegati nella zona del disastro nei mesi successivi all'esplosione.
- che il professor Yuri Bandazhevsky, anatonomo-patologo bielorusso, si è fatto tre anni di galera per aver scoperto che il cesio 137, incorporato attraverso l'alimentazione in dosi deboli, distrugge progressivamente gli organi vitali. Assieme alla moglie, Galina, Bandazhevsky ha scoperto che l'insufficienza cardiaca diventa irreversibile a partire da una certa soglia e durata di intossicazione da cesio.
- che le radiazioni provocano una trasformazione genetica e che questi cambiamenti sono ereditari.
- che i cancri radioindotti non compaiono immediatamente ma ci vogliono circa 20 anni, per esempio, per il cancro al seno e al polmone e circa trenta anni per quello all'intestino: solo nel 2016, dunque, sarà possibile tirare le somme sulla catastrofe!
- che, infine, il peggioramento catastrofico delle condizioni di salute (soprattutto dei bambini) in Bielorussia sono causati non dalla "radiofobia" come vorrebbero farci credere gli esperti del Forum Chernobyl, ma dall'azione cronica delle radiazioni emanate dalla "nube": tuttora 1,5 milioni di persone vivono nei territori contaminati, per non parlare dei circa 200mila uomini e donne che hanno fatto parte delle squadre incaricate di bonificare l'area nei mesi successivi al disastro.
Abbiamo tratto questi dati dal lavoro di D.M. Grodzinski, ucraino,
V.B. Nesterenko, bielorusso, e A.V. Yablokov, russo, tre scienziati che
hanno puntualmente contestato lo studio ONU del febbraio 2002.
Per rilanciare il nucleare occorre dimenticare Chernobyl -
Sappiamo bene che l'incidente di Chernobyl ha messo in crisi una fonte
di energia già agonizzante: il nucleare. "Dimenticare Chernobyl"
è diventata quindi la parola d'ordine dei filonucleari che da
anni ripetono che si è trattato "solo" di un incidente
tecnologico che ha provocato la morte di alcune decine di persone e
meno di 2000 cancri alla tiroide (facilmente curabili), un incidente le
cui conseguenze sono state esagerate. La realtà è ben
diversa: la tragedia di Chernobyl ha coinvolto milioni di persone su
scala planetaria a dimostrazione dell'avventurismo dei sostenitori del
nucleare. Il problema, oggi come ieri, è quello di valutare gli
effetti del disastro in tutta la loro ampiezza al fine di trarne una
lezione per il futuro dell'umanità. A vent'anni dal disastro il
problema è come aiutare popolazioni che soffrono sulla
propria pelle le conseguenze della "nube": come diminuire il loro
patimento, come cercare di normalizzare la vita nei territori
contaminati. A vent'anni dall'esplosione del reattore n.4 di Chernobyl
la parola d'ordine rimane una sola: NO AL NUCLEARE:
Antonio Ruberti