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Umanità Nova, numero 15 del 30 aprile 2006, Anno 86

Contro la servitù del lavoro per la liberazione umana
Ben venga Maggio


Il mondo del lavoro si trova ad affrontare una situazione complessa e a tratti contraddittoria ed ambigua. I classici tempi del reddito e della sicurezza, si scontrano da tempo con crisi economica, precariato, concorrenza di mercati del lavoro privi di qualsiasi regola.

Ma ciò che pare essere in sofferenza è un modello di società in cui i lavoratori erano soggetti portatori di valori propri, conflittuali con quelli di altri pezzi di società. In una parola, ciò che pare carente è una dimensione di autonomia politica dei lavoratori eterodiretti, di chi si trova in una situazione di subordinazione sia giuridica che economica.

Per restare in Italia, il dilagare della precarietà, dal pacchetto Treu del 1997 che introduceva il lavoro interinale, alla legge Biagi del 2003 che ha dilatato in modo ipertrofico la precarizzazione del rapporto di lavoro, si coniuga ad una complessiva diminuzione della sicurezza sul posto di lavoro, al massiccio uso di manodopera immigrata a basso costo indotto dall'impossibilità o dalla grave difficoltà a regolarizzarsi.

Ma queste pur diverse facce del problema hanno in comune il determinare un abbassamento del peso dei fattori della produzione in termini di reddito, appunto, e di costi per la sicurezza, quindi di essere effetto dello spostamento del baricentro dal lavoro al capitale che si deve poter riprodurre con l'utilizzo degli strumenti più efficaci per esso.

Se l'impresa è il perno della società, tanto che si arriva a parlare della società stessa come di un'azienda da gestire, di conseguenza gli altri pezzi della società e l'ambiente in cui essa vive, devono essere finalizzati all'impresa.

E tutta la vita del lavoratore è in balia delle esigenze dell'impresa stessa: non solo il suo tempo (flessibilità), ma anche il suo reddito, sia quello diretto che quello indiretto, costituito da TFR e pensioni, deve essere asservito alle esigenze di riproduzione del capitale. Il denaro deve produrre direttamente o indirettamente altro denaro e quello che finisce momentaneamente nelle mani del lavoratore deve subito essere reinvestito in consumi o in fondi pensione o in borsa.

Il capitalismo non è solo un fatto economico, di brutale dominio e sfruttamento. È anche fatto culturale, egemonia sulla progettualità del futuro, modello di costruzione di relazioni interpersonali, di desideri, di sogni. Molto più che in passato, il dominio non passa solo per meccanismi repressivi, ma per la quotidiana riproposizione di immagini e suoni, di comunicazione.

Nelle società di massa, i potenti mezzi della comunicazione si fanno banditori del totalitarismo della mercificazione: e non è affatto semplice sottrarsi e battersi contro il loro pervasivo messaggio. Il modello conflittuale veicolato è quello del successo personale che svilisce e addirittura deride forme solidali di esistenza che superino la religiosa compassione e si facciano critica dell'esistente e azione politica per eliminare in radice le diseguaglianze.

Proprio la sottrazione della solidarietà e dell'eguaglianza alla sfera del politico per consegnarle in esclusiva gestione alla sfera religiosa e dell'esercizio individuale della virtù è uno dei dispositivi più sottili ed efficaci per snervare la possibilità di ogni discorso di autonomia progettuale dei subordinati.

Se si sganciano l'economico e i valori, per consegnare i secondi in gestione alla religione, si perde la capacità di critica radicale dell'esistente e di elaborazione di un adeguato discorso politico. Se la virtù è fatto privato, così come il procurarsi i mezzi di sussistenza, il gioco è fatto.

Il lavoro deve quindi riarticolare ciò che il capitale tende a separare secondo la sua strategia mistificatoria. E solo risaldando libertà uguaglianza e solidarietà in un discorso ed in una azione all'altezza della sfida che il lavoro potrà provare a riconquistare quella centralità senza la quale non è possibile costruire una società radicalmente altra rispetto a quella che il capitale ci offre.

S. B.


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