Umanità Nova, numero 15 del 30 aprile 2006, Anno 86
Tutti conoscono il rischio di catastrofe nucleare ma ben pochi sanno
che il nucleare uccide durante il suo quotidiano funzionamento. Si
tratta di un aspetto che non viene quasi mai citato nel dibattito che
in Italia si è sviluppato in questi mesi. Eppure il problema
degli effetti sulla salute delle cosiddette basse dosi di radiazioni
è ormai quasi universalmente riconosciuto. Gli impianti nucleari
rilasciano nell'ambiente radioattività e siccome nessuna dose di
radioattività è inoffensiva esse hanno conseguenze
sull'organismo dei lavoratori impiegati negli impianti e nelle
popolazioni che vivono nelle loro vicinanze. Ma andiamo per ordine.
Tutti sappiamo che ogni cosa in natura è composta da minuscoli atomi la maggior parte dei quali sono stabili, cioè non si creano e non si distruggono ma si combinano fra loro nei modi più diversi. Verso la fine del XIX° secolo uno scienziato francese, Henri Becquerel, ha scoperto che non tutti gli atomi sono stabili ma che esistono in natura alcune sostanze, ad esempio il radio, che contrariamente agli atomi "normali" sopravvivono per un certo periodo e poi esplodono. L'esplosione degli atomi radioattivi è troppo piccola perché ce ne possiamo accorgere ma quando ha luogo nel nostro corpo può causare numerosi danni alle cellule, anche irreversibili. Quando un atomo radioattivo esplode libera particelle piene di energia che possono provocare danni sulla materia vicina. In un tessuto vivente alcune delle cellule danneggiate possono diventare cancerogene. Può succedere che si sviluppi un cancro, oppure no: è una questione legata al caso.
La questione non è tanto se le centrali nel loro quotidiano funzionamento emettono radioatività ma se questa radioattività è pericolosa. Naturalmente l'industria nucleare e le autorità degli Stati che fanno ricorso all'energia atomica, sia per scopi militare che civili, hanno sempre sostenuto che le bassi dosi di radiazioni non sono pericolose.
Addirittura qualcuno è arrivato ad ipotizzare, manipolando i dati sulla situazione sanitaria dei lavoratori di alcune centrali atomiche, che le basse dosi farebbero bene alla salute. Ma a parte queste stupidaggini, resta il fatto che negli "Stati atomici" la battaglia per dimostrare che la tesi detta LSS (lineare senza soglia), secondo la quale il rischio c'è con qualsiasi dose e aumenta con l'aumentare della dose di radioattività subita, è durissima. Recentemente, luglio 2005, uno studio del National Academies Research Council statunitense ha confermato che anche basse dosi di radiazioni ionizzanti possono provocare effetti dannosi alla salute. "Più impianti nucleari si costruiscono, più aumenta l'esposizione del pubblico e degli addetti ai lavori agli incidenti e alle esposizioni" ha detto uno dei curatori dello studio, concludendo: "Non c'è scampo, un numero maggiore di impianti nucleari causerà l'aumento di tumori e di danni alla salute". In un comunicato del 21 marzo scorso l'Istituto di radioprotezione e di sicurezza nucleare francese, ente governativo, ha ammesso che "gli effetti contaminanti di una esposizione continua a deboli dosi non sono gli stessi di quelli legati ad una esposizione massiccia ma breve (come quelli della bomba di Hiroshima). Questa scoperta dovrà portare ad approfondire gli studi, specialmente sugli effetti non cancerogeni e a rivedere probabilmente gli attuali modelli di radioprotezione, basati sugli effetti constatati fra i sopravvissuti alle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki". E se lo dicono i francesi…
Non esiste quindi una dose minima di radiazione che non abbia effetti sulla salute. Le dosi minime riconosciute come "accettabili" dagli enti internazionali e nazionali corrispondono ad un probabile numero di morti che, appunto, è considerato "accettabile" dalle autorità. Una specie di pedaggio da pagare al progresso.
Lo stesso discorso vale per l'esposizione alla radioattività dovuto a cause mediche. Uno studio dell'IIMS pubblicato nel marzo 2005 cita alcune fonti che quantificano in circa 3mila unità il numero annuale di decessi attributi in Italia all'esposizione professionale o meno a radiazioni ionizzanti. È però evidente che mentre si può discutere l'accettabilità di questo rischio a fini terapeutici e invece inaccettabile porre a rischio intere popolazioni al fine di produrre elettricità che si può produrre in molte altre maniere con impatto zero sulla salute e con basso impatto sull'ambiente.
Antonio Ruberti
Negli ultimi mesi diversi eventi hanno riguardato la sicurezza delle
centrali atomiche. Li riportiamo visto che, naturalmente, la grande
stampa di informazione si è ben guardata dal parlarne.
10 giugno 2005: La fuga di un'enorme quantità di combustibile
radioattivo ha portato alla chiusura temporanea della centrale nucleare
di Sellafield (nord-ovest Inghilterra). Secondo il Guardian la perdita,
che ammonta ad oltre 20 tonnellate di combustibile all'uranio altamente
arricchito e plutonio, sciolto in acido citrico, sarebbe avvenuta per
colpa della rottura di una tubatura. Il liquido radioattivo è
quindi confluito in una cella di acciaio inossidabile, ora
inaccessibile a causa delle radiazioni.
Saranno dunque necessari mesi di riparazioni, e la costruzione di
particolari robot per la bonifica dell'impianto, dal valore di circa
tre miliardi di euro, prima che la centrale possa riprendere il suo
regolare funzionamento. I responsabili di Sellafield si sono affrettati
a tranquillizzare gli abitanti delle zone limitrofe, sottolineando che
non c'è alcun pericolo di contaminazione ambientale, ma resta
comunque il problema dei costi di riparazione del guasto, che si
prevedono altissimi.
25 novembre 2005: l'incendio di un trasformatore di alta tensione nella centrale atomica di Angra dos Reis, sulla costa a sud di Rio de Janeiro, ha bloccato la centrale Angra I e quella contigua, Angra II. Ne ha dato notizia, con un comunicato, l'Eletronuclear, l'azienda atomica pubblica brasiliana.
16 dicembre 2005: un'esplosione vicino alla centrale nucleare di San Pietroburgo ha fatto temere il ripetersi del disastro di Chernobyl. La deflagrazione è avvenuta all'interno dell'altoforno di un impianto di fusione e raffinazione dei metalli "Ekomet-S" a Sosnovyi Bor, alle porte della seconda città della Russia. La fuoriuscita di metallo fuso ha investito tre operai: uno di essi è morto per le ustioni e gli altri sono ricoverati in gravi condizioni. L'impianto si trova appena fuori dal perimetro della centrale nucleare di San Pietroburgo, costruita nel 1973 e identica a quella di Chernobyl. La Ekomet-S, che lavora i rifiuti e il materiale di scarto prodotti dalla centrale, ha sospeso le attività per due settimane in attesa dei risultati di un'indagine avviata dalla procura di San Pietroburgo.
16 gennaio 2005: dubbi sulla sicurezza delle centrali atomiche tedesche sono stati espressi sabato dal ministro tedesco dell'Ambiente, Sigmar Gabriel (Spd) secondo il quale potrebbe essere imminente una riforma dell'ente di sorveglianza nucleare. "La gestione della sicurezza presenta carenze rilevanti anche in alcuni impianti tedeschi".
22 marzo 2006: un incendio è scoppiato in una centrale nucleare nella prefettura di Fukui, nel Giappone occidentale, a circa 320 chilometri da Kyoto. Il fuoco sarebbe divampato nel dispositivo di smaltimento dei rifiuti collocato fra il reattore n. 3 e quello n. 4. Due persone sono state ricoverate in ospedale per aver inalato del fumo.
24 marzo 2006: un tribunale giapponese ha ordinato l'immediata
chiusura del reattore n. 2 della centrale atomica di Kanaza inaugurato
appena nove giorni prima, dopo che un gruppo di cittadini ne aveva
messo in dubbio la capacità di resistenza ai terremoti.
Ecco un elenco, indubbiamente parziale, di incidenti nucleari che hanno avuto conseguenze sull'ambiente.
10 ottobre 1957, Windscale, Regno Unito: scoppia un incendio al
reattore 1 dell'impianto, oggi denominato Sellafield. Il fuoco si
protrae per ore rilasciando nell'atmosfera grandi quantità di
sostanze radioattive. La nuvola radioattiva si propaga per mezza
Europa, arrivando fino alla Svizzera.
29 settembre 1957, Kyshtym, Unione Sovietica: un guasto al sistema di
raffreddamento provoca un incendio al deposito delle scorie liquide che
scoppia provocando l'emissione di 79/80 tonnellate di sostanze
altamente radioattive. Migliaia di km del territorio circostante sono
contaminati. L'incidente rimane segreto fino alla metà degli
anni '70.
Gennaio 1974-ottobre 1975, Leningrad, Unione Sovietica: incidenti che
provocano almeno tre morti e rilascio di radioattività
nell'ambiente.
28 marzo 1979, Harrisburg, Stati Uniti: una combinazione di avarie e di
errori umani provocano la fusione parziale del nocciolo della
unità 2 della centrale di Three Mile Island. Vengono emessi gas
radioattivi. Circa 3500 fra bambini e donne incinte vengono evacuate
dalle loro abitazioni.
Agosto 1979, Erwin, Stati Uniti: fuga radioattiva nel centro nucleare segreto di Erwin, oltre mille persone contaminate.
Marzo 1981; Tsuruga, Giappone: fuga di residui altamente radioattivi, 280 persone contaminate.
Aprile 1993, Tomsk, Russia: un incendio nel complesso chimico
colpisce un serbatoio di uranio. Contaminati circa mille ettari di
territorio siberiano fortunatamente disabitato.
Maggio 1993. Zaporizha, Ucraina: esplosione e incendio nella centrale nucleare: un operaio muore e un altro resta ferito.
Febbraio 1996, Dimitrovgrad, Russia: si rompe, per un errore umano, la
valvola di sicurezza di un reattore nucleare di un centro di ricerca.
Fuoriesce una nube radioattiva.
Marzo 1997, Tokaimura, Giappone: esplosione e incendio all'impianto
nucleare con fuga di plutonio. Contaminate 37 persone tra tecnici e
operai.
Settembre 1997, Urali, Russia: si scontrano un trattore e un camion che
trasporta isotopi radioattivi. Liquido contenente iridio e cobalto si
sversa sul terreno. La radioattività è 25 volte superiore
al limite consentito.
30 settembre 1999, Tokaimura, Giappone: durante la manipolazione di una
eccessiva quantità di uranio si sviluppa una reazione nucleare a
catena e prodotti altamente radioattivi vengono emessi all'esterno. Due
tecnici che stavano effettuando la manipolazione muoiono alcuni mesi
dopo l'incidente, circa 600 abitanti della località sono esposti
a forti dosi di radiazioni. Alcune centinaia di migliaia di persone
vengono evacuate.
15 febbraio 2000, Indian point, Stati Uniti: una quantità
limitata di vapore radioattivo fuoriesce dal reattore sito a circa 70
km da New York. La centrale viene chiusa e decretato lo stato di
allerta.
8 agosto 2004, Mihama, Giappone: nella sala turbine del terzo reattore
della centrale avviene un'esplosione probabilmente causata da un buco
nelle tubazioni dell'impianto di raffreddamento. L'onda di vapore ha
investito gli operai presenti: quattro le vittime e sette feriti gravi.
(A.R.)