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Umanità Nova, numero 15 del 30 aprile 2006, Anno 86

Schermaglie post elettorali
Giochini di potere


Potevamo sperare che, passate le elezioni, distribuite le carte, assegnati i posti a sedere e quelli in piedi, il ceto politico si sarebbe acquietato e dedicato ad attività che comportano una minor esposizione all'attenzione del grande pubblico.

Complice uno scarto elettorale risibile ed una serie di vere e proprie sorprese quale l'orientamento elettorale degli italiano all'estero, dobbiamo assistere ad un singolare fine spettacolo. 

Immaginiamo, infatti, che gli attori che hanno recitato con toni esagitati ma scarsa maestria una modesto commedia, mentre il pubblico si allontana sbadigliando, escano a più riprese sul palcoscenico inchinandosi nell'attesa di qualche applauso o quantomeno di qualche ortaggio e non ricevano né gli uni né gli altri ma insistano speranzosi.

Il centro destra – e, in particolare, il buon Silvio - ha costruito, immediatamente a partire dalla percezione di una sconfitta annunciata, un discorso al limite della schizofrenia e lo recitato con encomiabile impegno. È, per la verità, evidente che era stato preparato in anticipo al punto che il primo al quale l'ho sentito recitare è stato l'ineffabile Belpietro, il sorridente direttore de "Il Giornale" ad urne ancora aperte.

In estrema sintesi, il discorso funziona così:

- uno scarto così limitato rende necessario un controllo accurato per verificare le eventuali irregolarità. Il fatto è che un controllo del genere richiederebbe tempi lunghissimi se fatto sul serio mentre quello effettivamente fatto e che riguardava un numero limitato di seggi dove c'erano stati problemi non avrebbe potuto ribaltare alcun risultato. Visto che, nella fattispecie, noi siamo gli unici insospettabili per quanto riguarda i brogli elettorali, possiamo senza tema di parere faziosi, affermare che si tratta di una manovra diversiva;

- il paese è spaccato come una mela e non c'è una vera maggioranza politica. Bisogna, di conseguenza, dar vita ad una grande coalizione sul modello tedesco che gestisca la situazione e prepari con calma le prossime elezioni. Per la verità, nei sistemi bipolari, che l'elettorato si spacchi è abbastanza normale e non si vedrebbe, se si esclude la scarsità dei seggi in più, il problema. Si tratta, comunque e con ogni evidenza, di una proposta che cozza singolarmente con i toni utilizzati in campagna elettorale da entrambi gli schieramenti ma questo potrebbe essere l'ultimo dei problemi. Il fatto è, però, che, almeno oggi, per i DS accettare una roba del genere comporterebbe il suicidio in diretta e di questo tutti sono consapevoli. Si tratta, ancora una volta, di un diversivo.

Più seria pare la posizione della destra postfascista che ha dichiarato serenamente che una maggioranza fragile come quella che si prospetta potrebbe essere un ottima occasione per il tiro al bersaglio.

Di quanto dice la destra, a mio avviso, un solo argomento non è pretestuoso ed, anzi, è di un notevole interesse pratico politico. 

Se guardiamo bene all'andamento elettorale, verifichiamo che vi è stato un accorpamento del voto sui due schieramenti maggiori e la quasi scomparsa delle piccole liste esterne.
Sul piano nazionale entrambi gli schieramenti hanno accresciuto, di conseguenza, i voti: la destra di circa 400.000, la sinistra di circa 1.600.000. Che, da questo punto di vista non vi siano dubbi sul vincitore, è evidente.

D'altro canto, la destra ha recuperato sulle elezioni regionali e su quelle europee e lo ha fatto, in particolare nel famoso profondo nord. In altri termini, il popolo delle partite Iva, la massa delle piccole e medie imprese, sembra aver confermato la sua fiducia, non dico la fede, nella destra percepita come più affidabile nella difesa di un programma "legge ed ordine" e di un taglio delle tasse che, mancato nel quinquennio passato, resta un obiettivo importante per questo universo sociale. 

Il fatto che la zona più ricca del paese abbia votato a destra e che lo abbiano fatto ceti produttivi moderni, anche se è bene ricordare che l'area emiliana, toscana ed umbra che ha votato a sinistra non è proprio sottosviluppata, è la prova che la sinistra politica non è riuscita ad intercettare le esigenze di vasta parte della società e che dovrà fare i conti con un blocco sociale che non è riuscita a scalfire.

È interessante notare che questo settore di società non si risolve con gli imprenditori, nel profondo nord, infatti, la protesa antifiscale, la non sopportazione del peso di una burocrazia parassitaria e soffocante, sono temi che uniscono imprenditori e lavoratori in un comune sentire che pone problemi anche a chi punta sullo sviluppo di un movimento dei lavoratori radicale ed indipendente.

In altri termini, a differenza della sinistra statalista, noi non siamo certo legati al mito di un welfare che sovente è solo spreco di risorse e riproduzione di ceti parassitari. Non si tratta certo di sposare la rivolta antifiscale ma aprire una riflessione sulla differenza fra interessi dei lavoratori produttivi e interessi della classe dell'inquadramento, sarebbe assolutamente opportuno.

Per quanto riguarda la sinistra, con ogni evidenza vi sono meno spropositi. È, sotto questo profilo, una gara facile, alla sinistra basta stare ferma e dichiarare la propria volontà di governare per unire il paese per fare una discreta anche se un po' mortadellesca figura.

Eppure, non sono passati che pochi giorni dalle elezioni e qualche nota stonata, almeno per gli ingenui apologeti della sinistra, si sente. Penso, per fare un solo esempio alla scelta del PRC torinese di sostenere il candidato sindaco Chiamparino, noto tavista. Una scelta probabilmente "sensata" nella logica parlamentare ma una scelta che delude le decine di migliaia di valsusini e torinesi che hanno votato il PRC come principale partito anti tavista e che qualcosa da dire l'avranno pure.

Per fare un esempio, la manifestazione del 22 aprile contro il terzo valico a Serravalle Scrivia, che peraltro è andata, a mio avviso, molto bene, ha visto l'assenza sostanziale del PRC. Una dimenticanza? Erano al mare? Hanno perso il treno? Possibile, ma più probabile che la burocrazia del PRC non abbia né voglia né tempo per stare dietro ad un movimento che, a questo punto, rischia di essere un problema più che una risorsa per il partito.

Proprio la riuscita della manifestazione grazie, è inutile negarlo, alla presenza valsusina, dimostra che sono possibili oggi movimenti che, senza necessariamente essere rivoluzionari, hanno maturato un elevato grado di autonomia ed autodeterminazione.

Credo, quindi, che si tratti di lavorare alla crescita, al rafforzamento, al coordinamento, di queste esperienze.

Cosimo Scarinzi


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