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Umanità Nova, numero 15 del 30 aprile 2006, Anno 86

Correggio: intervista a Global Solidarity
Rete di mutuo appoggio


A Correggio , nella ricca Emilia delle cooperative rosse e del bel vivere all'italiana si è costituita una Rete di lavoratori, precari e non, che alla globalizzazione del profitto oppongono la globalizzazione della solidarietà. Infatti anche qui tra culatelli e forme di grana sono tanti quelli che fanno fatica a mettere insieme il pranzo e la cena. Sono quelli del lavoro interinale (moderna definizione del caporalato), sono quelli del lavoro a progetto, del part-time, dell'apprendistato senza fine.
La rete si chiama Global Solidarity e la redazione di UN ne ha incontrato i componenti. Quello che segue è il resoconto della conversazione.


Domanda: cosa caratterizza il vostro percorso organizzativo e di lotta? Quali sono i vostri obiettivi?

R: Il nostro percorso organizzativo è caratterizzato dal superamento della frammentazione dei lavoratori e dalla pratica della solidarietà fra sfruttati. Ci proponiamo di organizzare lavoratori soprattutto precari ma non solo, di tutti i comparti, di ogni professionalità, di ogni provenienza, perché se padroni e governi ci vogliono deboli, disuniti, ricattabili e in bolletta, la nostra unica arma è il rifiuto di piegarci alla logica della divisione e riscoprire pratiche di lotta sul posto di lavoro e sul territorio che ricompongano la solidarietà e soprattutto la coscienza di classe: i lavoratori devono rendersi conto che non sono il contratto o la nazionalità a fare la differenza, ma il fatto di imporre o subire lo sfruttamento.
Se la ricomposizione della coscienza di classe per rilanciare lotte reali è il fine principale, l'obiettivo più immediato è la creazione di una rete di mutuo appoggio che riesca a sostenere quanti si trovano in difficoltà per le imprevedibili ristrettezze che si subiscono quando non si ha un lavoro sicuro e per quelle più prevedibili ma non meno pesanti che arrivano quando il proprio reddito, anche se regolare, è indecentemente basso. Per questi fini abbiamo pensato di dar vita ad una cassa di resistenza (anche in appoggio alle future lotte) e ad un gruppo d'acquisto denominato "Gruppo di Acquisto Libertario" che ci aiuterà a sfuggire alle logiche del commercio globale e anche a risparmiare e accumulare risorse per chi è in difficoltà.

Domanda: potete parlarci della condizione precaria nella provincia emiliana?

R: La conoscenza che abbiamo del fenomeno si è formata attraverso il confronto diretto con un gran numero di lavoratori, e possiamo dire che negli strati giovanili la precarietà è assai diffusa, prevalentemente con tipologie contrattuali "a progetto (ex Co. Co. Co.)" "apprendistato" e per le donne il "part-time" soprattutto nella grande distribuzione organizzata.
Il dato prevalente è che i giovani, anche laureati, restano precari per tempi lunghissimi con tutte le difficoltà che questo comporta nel determinare la propria vita; d'altro canto i lavoratori più anziani espulsi dal processo produttivo a seguito delle cosiddette "ristrutturazioni aziendali" si trovano a d essere in balia degli stessi meccanismi di precariato con in più una famiglia sulle spalle.
Il problema è dunque grave, anche se in parte mitigato dal fatto che il tessuto produttivo della nostra zona è caratterizzato spesso dalla richiesta di operai altamente qualificati che non si possono formare in un contesto di precarietà, quasi generalizzata invece per le basse qualifiche e la manovalanza generica nei comparti produttivi e diffusissima nel commercio e servizi, compresa la pubblica amministrazione, qui anche per i profili medio-alti.

Domanda: Ritenete che qualcosa cambierà con il nuovo governo? Pensate che vi sia oggi uno spazio per la ripresa del conflitto o temete un ritorno della concertazione?

R: Crediamo che il nuovo governo sarà il referente politico dell'industria, come quello passato lo era della finanza: Prodi ha sempre avuto contatti privilegiati con l'ambiente industriale, non ci scordiamo che da presidente dell' IRI ha curato la cessione al capitalismo privato delle maggiori industrie di stato. Ha dichiarato che non intende abrogare la legge 30, una delle più inique del governo Berlusconi, dunque non ci aspettiamo granché, a parte la ripresa della concertazione come prassi corrente.
Il paradigma concertativo è nel DNA del centro-sinistra e delle burocrazie sindacali, desiderose di brillare per il loro "senso di responsabilità" e se non ci penseranno i lavoratori, autorganizzandosi e gestendo in prima persona le lotte e le rivendicazioni, ci saranno altri cinque anni di pace sociale come col precedente centro-sinistra che porteranno alla svendita dei pochi diritti che ci restano in cambio come al solito di un pezzo di pane (piccolo). La presenza di Rifondazione nell'esecutivo servirà ad assicurare questo pezzo di pane facendolo passare come una grande conquista.
Prevediamo i pericoli maggiori sul versante previdenziale, visto che come Berlusconi con Mediolanum anche la sinistra ha con Unipol fortissimi interessi nel campo dei fondi pensione, e i sindacati concertativi che insieme ai padroni sederanno nei consigli d'amministrazione di questi fondi si affretteranno ad approvare la definitiva morte della previdenza pubblica.

Domanda: Quali prospettive per l'immediato futuro? Quali spazi ci sono per l'autorganizzazione dal basso dei precari?

R: L'immediato futuro ci vedrà impegnati nella costruzione e nell'espansione delle strutture sindacali e di mutuo appoggio di cui parlavamo prima, per essere pronti a far partire le lotte quando il governo si insedierà e comincerà prevedibilmente a colpire i lavoratori adottando provvedimenti nuovi od omettendo di abrogare quelli vecchi e il padronato si sentirà nuovamente legittimato a tartassarci.
Dovremo intervenire in tutti gli ambiti: politica dei servizi locali e relative tariffe (asili, trasporti, utenze), problemi abitativi, oltre agli ambiti propriamente sindacali come sicurezza sul lavoro, salari, contrasto al precariato.
L'organizzazione orizzontale, l'azione diretta e solidale che ci prefiggiamo serve a dare un'alternativa al meccanismo della delega, che ha smorzato la capacità di lottare dei lavoratori, sempre più critici verso i sindacati concertativi ma in modo non propositivo, criticando i funzionari perché non fanno abbastanza, invece di prendere l'iniziativa con la consapevolezza che quando il movimento operaio ha ottenuto qualcosa lo ha fatto con la mobilitazione e non con la trattativa o peggio con la concertazione.
Solo se sapremo inserirci in questi spazi di insoddisfazione verso il sindacalismo di apparato, concertativo e verticista, sapremo costruire reali percorsi di lotta che portino a risultati degni di nota.


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