testata di Umanità Nova

"L'altra faccia della guerra"
Supplemento ad Umanità Nova, n 15 del 30 aprile 2006

Il bastone della legge sulle lotte sociali
Il "diritto" del più forte



Il 12 gennaio del 2005 il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, nel suo discorso tradizionale per l'inaugurazione dell'anno giudiziario avvenuta con la cerimonia ufficiale a Roma, faceva il punto, come ogni anno, sullo stato della giustizia in Italia. Tra le varie problematiche che l'amministrazione della giustizia si trovava ad affrontare, secondo il PG della Cassazione, vi fosse anche il tentativo di infiltrazione eversiva nel mondo del lavoro e "in ogni altro conflitto sociale su temi prioritari quali ambiente, immigrazione, opere pubbliche, caro-vita, casa". Il tema non è nuovo: da anni i cosiddetti servizi segreti stanno suonando la gran cassa sull'equazione conflitto sociale=eversione. In che modo avverrebbe l'infiltrazione? "Mediante una rinnovata e radicalizzata conflittualità nei luoghi di lavoro, che passa attraverso il superamento della tradizionale attività del sindacato, che si tenta di isolare e scavalcare e la contrapposizione, forte e pregiudiziale, ad ogni forma di mediazione".

Detto così farebbe quasi sorridere: ma dai, ogni volta che cerchi di scavalcare a sinistra il sindacato oppure blocchi con carrozzine e nonne una statale contro la discarica di turno o occupi gli uffici di qualche assessorato per protestare contro gli sfratti e il caro-affitti o partecipi con altre centinaia di persone a blocchi di supermercati ecc. ecc., sei considerato un eversore?!...

Invece non c'è mica tanto da ridere. Praticamente il giorno dopo questi discorsi partirono decine di denunce a Roma per rapina e a Napoli per estorsione contro i partecipanti ad azioni collettive presso supermercati per protestare contro il caro-vita: in un caso si sarebbero sottratte e nell'altro ottenute, con la violenza, merci: dal che le diverse imputazioni di rapina ed estorsione.

Al di là dell'esito finale di questi procedimenti penali, va sottolineato che nella situazione (paradossale) che si va creando non vi è nulla di che sorprendersi. Il rapporto tra conflitto sociale e diritto penale è connaturato alla natura del conflitto sociale stesso e al fatto che, al di là dello schema formale della normativa, sono i rapporti di forza che governano le dinamiche sociali.

Le forme di lotta e di sensibilizzazione collettive è giocoforza che violino qualche norma penale ed è anche storicamente abbastanza netto il discrimine tra reati che violano la proprietà o norme formali e quelle a tutela dell'incolumità personale. C'è una bella differenza tra ad es. rompere una catena ed occupare un edificio vuoto oppure assistere extracomunitari clandestini, da un lato, e uccidere o comunque ledere l'incolumità fisica delle persone, dall'altro. Così come le tipiche forme di lotta dell'occupazione di immobili vuoti, strade, stazioni, ecc. non possono essere confuse con le bombe sui treni.

Sullo sfondo del progetto politico autoritario di riforma della costituzione che nel corso del 2005 ha subito un'accelerazione, in un momento di forte stagnazione e di crisi economica, in tutta Italia oggi sono aperte inchieste nei confronti di realtà che hanno posto la questione sociale (casa, reddito, accoglienza degli stranieri), tutte inchieste accomunate dalla contestazione non solo dei reati prima ricordati, ma anche di quelli previsti dagli artt. 270 e 270bis del codice penale, associazione sovversiva e associazione finalizzata all'eversione dell'ordine democratico.

Spicca però nel panorama repressivo il caso di Torino, dove la procura della repubblica sta ricorrendo all'imputazione di devastazione e saccheggio (art. 419 c.p.) per fatti relativi a manifestazioni di piazza.

Nelle lotte sociali, i reati che possono essere al limite contestati (dalla resistenza al blocco stradale al danneggiamento all'occupazione di edificio ecc.) non portano con sé pene particolarmente alte. Naturalmente, come detto, l'apparato repressivo cerca di inquadrare le proteste all'interno di fattispecie penali punite più gravemente. Questo è il motivo del ricorso, ad esempio, ai reati previsti dagli artt. 270 e 270bis c.p.
Da un lato il fatto che venga punita la mera associazione rende queste fattispecie utilizzabili in modo ampio e ed esse possono colpire anche soggetti che non abbiano commesso alcun reato; l'applicazione di queste fattispecie presuppone, però la dimostrazione della sussistenza appunto di un'associazione, di una stabile struttura, e della finalità politica che va oltre i singoli fatti eventualmente commessi dagli associati.

Da un reato di organizzazione, la magistratura torinese cerca oggi di passare all'utilizzo di un reato di piazza, come quello di devastazione e saccheggio. La valenza repressiva di questa fattispecie è ancora maggiore per una serie di motivi. La prima è che può colpire in astratto tutti i soggetti partecipanti ad una manifestazione, indipendentemente dal fatto che abbiano commesso specifiche condotte di danneggiamento o furto avvenuti durante la manifestazione stessa. Il passaggio da danneggiamento a devastazione e da furto a saccheggio fa si che la fattispecie divenga collettiva, venga cioè imputata una sorta di responsabilità collettiva a tutti i soggetti che, partecipando alla manifestazione, avrebbero consentito gli specifici fatti di reato di alcuni.

Il primo esperimento di applicazione del reato di cui all'art. 419 c.p. è quello della manifestazione antifascista del 18 giugno 2005 per aver partecipato alla quale, senza che siano contestati specifici fatti di danneggiamento o di furto, dieci antifacisti torinesi sono stati arrestati e attualmente sono sotto processo.

Gli stessi magistrati della procura della repubblica di Torino hanno sequestrato per esigenze probatorie (l'accertamento di reati asseritamente avvenuti quando la popolazione della Valsusa si è ripresa quel terreno l'8 dicembre) il terreno di Venaus, consegnandolo in custodia alla ditta che dovrebbe iniziare i lavori.

Con questo provvedimento si ha un ulteriore salto di qualità nella politica repressiva nei confronti del movimento NO TAV. La ditta incaricata dei lavori è posta sotto la diretta protezione della procura della repubblica di Torino che salda la sua azione a quella dei politici dell'Unione, in particolare DS, che, come ha dichiarato senza perifrasi il sindaco di Torino Chiamparino, sono ultras del TAV.

Infatti, le esigenze di indagine evidentemente non centrano nulla (bastano foto, rilievi e rapporti di servizio). Come è stato subito puntualizzato dai vertici della procura torinese (Maddalena e Laudi), il sequestro non ha alcuna influenza sullo svolgimento dei lavori. Anzi: li permette ancora di più, perché oggi chi entra nel terreno conteso commette un ulteriore reato, violando il provvedimento di sequestro; e la ditta appaltatrice LTF è nominata pure custode.

Ma non basta: è stata anche annunciata dalla procura della repubblica di Torino l'identificazione di trenta persone che avrebbero partecipato all'invasione del cantiere di Venaus l'8 dicembre; giacché la stessa procura ha annunciato di procedere per vari reati tra cui la fattispecie di devastazione e saccheggio già utilizzata per carcerare alcuni manifestanti torinesi del 18 giugno caricati dalla polizia in via Po, se ne deve dedurre che la stessa procura della repubblica di Torino abbia annunciato una trentina di arresti. E poiché già nella precedente occasione gli arresti sono stati effettuati pescando sapientemente nelle varie aree dell'antifascismo e antagonismo torinese, c'è da aspettarsi che avvenga lo stesso, ad ulteriore riprova (se ve ne fosse ancora bisogno) della gestione tutta politica della repressione che la magistratura torinese sta effettuando. Gestione politica sia nei referenti (prima di tutto i DS) che negli obiettivi (le aree più politicizzate dell'antagonismo sociale).

Buttarla sul diritto penale è mossa che vuole isolare e soffocare forme di lotta che hanno coinvolto e potrebbero coinvolgere ampie fette di società, giacché i problemi quali caro-vita, disoccupazione, immigrazione, ambiente, ecc. sono ampiamente sentiti e vissuti sulla propria pelle da milioni di italiani.

Bisogna anche dire che dare dell'estorsore al disoccupato che se ne esce dal supermercato con la pasta il pomodoro e l'olio regalati dal direttore purché se ne vada, come dare del devastatore al valsusino che si riprende un pezzo di terra che è suo, non fa fare bella figura ad un sistema in cui il capo del governo fa approvare norme salva se stesso e salva amici da un parlamento che comanda a bacchetta, cosicché corruzioni anche di magistrati per vari miliardi restino impunite perché prescritte.

Insomma, i rapinatori di cd e libri romani, gli estorsori di pasta napoletani, gli occupanti di immobili vuoti, i saccheggiatori antifascisti e i NO TAV devastatori della Valsusa (giacché i devastatori e saccheggiatori veri la magistratura li protegge), ci dicono che il re è nudo e le spara grosse. L'ipocrisia della repressione per chi lotta per diritti primari e dell'impunità per padroni e politici ladri nonché per i criminali predatori di vita e ambiente, è sotto gli occhi di tutti. Mette ancora più a fuoco la situazione in cui viviamo, ordina le schegge di quotidiano secondo il principio di realtà.

Simone Bisacca


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