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"L'altra faccia della guerra"
Supplemento ad Umanità Nova, n 15 del 30 aprile 2006

Leggi, polizia e galera contro gli stili di vita "fuori riga"
"Morale" indecente


Nei libri di storia dell'arte "il graffitismo o aereosol art" viene definito "una delle più originali espressioni artistiche contemporanee (.) una tecnica o stile pittorico che utilizza pennarelli ad inchiostro indelebile o bombolette spray per realizzare opere estemporanee, generalmente in luoghi pubblici (superfici di muri, fiancate dei treni)". La diffusione del graffitismo ha sicuramente reso più belle le nostre città: lunghe pareti grigie, vagoni ferroviari, qualche volta persino cassonetti dell'immondizia sono stati trasformati in autentiche esplosioni di colore dalla creatività e dalla sapienza tecnica di giovinastri armati di bombolette spray. 

In un mondo appena un pochettino più sensato, i graffitisti sarebbe semplicemente considerati dei benefattori che restituiscono bellezza ad ambienti ed arredi urbani segnati da quella "Vita Grigia" che Aldous Huxley chiamava "la Morte Nera del nostro tempo". In questo mondo, invece, si può finire in ospedale in coma irreversibile soltanto per aver viaggiato in auto in compagnia di un noto writer. È successo il 29 marzo a Como, dove Rumesh, 19 anni, originario dello Sri Lanka, da sei anni residente in Italia con la famiglia, è stato colpito alla testa da un colpo di pistola esploso da un vigile urbano. Un proiettile gli ha trapassato il cranio, dall'orecchio sinistro alla fronte: nonostante diverse operazioni chirurgiche, le sue condizioni sono tuttora considerate disperate. Il giovane - in compagnia di altri quattro amici - era alla guida di un'auto che aveva ricevuto l'intimazione dell'alt di una pattuglia in borghese della polizia municipale, di un nucleo speciale creato dal Comune per combattere, in particolare, proprio writers e graffitari. I vigili avrebbero notato a bordo un giovane denunciato tempo fa per imbrattamento e avrebbero quindi deciso di fermare l'auto. 

Quando l'auto s'è bloccata, gli agenti hanno fatto scendere i cinque e li hanno allineati contro il muro di un casa, dove Rumesh è stato colpito dal proiettile uscito dalla pistola d'ordinanza del vigile (che, come fanno tutti gli sbirri in questi casi, ha detto che il colpo gli è partito accidentalmente, mentre i carabinieri e il magistrato incaricati delle indagini hanno dichiarato enigmaticamente che i testimoni da loro ascoltati "delineerebbero un quadro quantomeno differente").

Per quanto l'esatta dinamica dell'episodio non sia ancora stata chiarita (e probabilmente, come succede in questi casi, non lo sarà mai...), rimane comunque il fatto che esistono squadre di polizia che vanno in giro in borghese e armate con l'unico scopo di fermare e arrestare persone che hanno la sola colpa di cercare di rendere più belli e più colorati i muri delle città...

Il graffitismo (sanzionato da decine di sentenze di tribunale e da tonnellate di regolamenti municipali) è solo uno degli esempi (anche se uno degli ultimi arrivati in ultimo di tempo) di quelli che gli studiosi di giurisprudenza definiscono "crimini senza vittime", cioè atti e comportamenti che non producono danni a terzi, ma che vengono comunque penalizzati dalla legge, perché considerati "fuori riga" o devianti rispetto a codici di comportamento intrisi di moralismo e che non hanno altro scopo se non quello di perpetuare la cieca obbedienza al privilegio e al dominio. 

Attualmente gran parte dell'attività giudiziaria, è concentrata proprio su "crimini senza vittime". In Italia, oltre il 50% dei quasi 60mila detenuti che affollano le carceri, è dentro per violazioni della legge sulla droga. Lo spaccio e la detenzione di sostanze proibite sono un esempio paradigmatico di cosa può essere definito un "crimine senza vittime", visto che le droghe non sono immesse nell'acquedotto o mescolate coi cibi nel supermercato, ma vengono comprate da persone che le assumono volontariamente e che, anzi, pagano per averle. Avvelenare acqua e cibo è peraltro considerato dalla legge molto meno grave che vendere un po' di fumo ad uno che ti implora di darglielo, visto che le pene previste dalla Legge Fini per lo spaccio e la detenzione di sostanze proibite vanno da sei a vent'anni (o da uno a sei anni, per "i fatti di lieve entità"), che sono molto più alte di quelle previste per stupro, tentato omicidio, rapina, incendio doloso e (appunto) avvelenamento e sofisticazione alimentare. Se, peraltro, alcune sostanze sono definite droghe e vietate dalla legge, questo non dipende certo dalla loro pericolosità. L'ultraproibizionista governo USA pubblica tutti gli anni l'Almanacco del NIDA (l'ufficialissimo centro di ricerca federale sulle droghe) in cui viene riportata una tabella aggiornata sulla pericolosità delle varie sostanze. Nell'ultima versione di questa tabella, all'eroina e alla cocaina viene attribuita una pericolosità relativa di poco superiore a quella dell'alcool, mentre alla cannabis viene riservato l'ultimo posto in classifica a pari merito con le bevande a base di caffeina (tè, caffè, cole varie). 

Nonostante questo, solamente nel 2005 più di 800mila persone sono arrestate e imprigionate negli Stati Uniti per la semplice detenzione di marijuana ed un altro milione sono state costrette a pagare multe o a subire altre sanzioni amministrative. Le cose non sono andate diversamente in Francia dove nel 1996 una commissione parlamentare (la Commissione Reggiani) aveva ufficialmente stabilito che "i danni prodotti dall'uso anche prolungato di hashish e di marijuana sono sicuramente inferiori a quelli attribuibili all'alcool e a molti psicofarmaci in commercio" e dove l'anno scorso sono state denunciate dalla polizia per semplice detenzione di cannabis più di 116mila persone, che da sole costituiscono oltre la metà dei denunciati Oltralpe nel 2005. 

Le leggi proibizioniste, d'altra parte, esistono proprio per sanzionare comportamenti diffusi, sono una sorta di piccola guerra civile che lo Stato combatte contro una parte della propria popolazione colpevole di avere comportamenti ritenuti devianti. Questa guerra può avere anche degli esiti violenti come hanno scoperto sulla propria pelle Federico Aldrovandi e Domenico Palumbo entrambi morti (il primo a Ferrara a settembre, il secondo ad Aversa ad ottobre) misteriosamente soffocati mentre erano nelle mani della polizia, dopo esser stati fermati per sospetto uso di droghe. La guerra alla droga fa molte più vittime anche della droga più micidiale, ma questa semplice evidenza viene negata da chi attraverso le leggi proibizioniste (e quelle contro i comportamenti "asociali" in genere) in questo modo riafferma il potere dello Stato sulle scelte individuali ed ha la possibilità di estendere il controllo poliziesco.

robertino


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