"L'altra faccia della guerra"
Supplemento ad Umanità Nova, n 15 del 30
aprile 2006
Parlare di repressione è, purtroppo, divenuta questione quotidiana.
La repressione è sempre esistita anche quando il conflitto politico e sociale è stato di minore intensità.
Il controllo e la repressione di ogni "devianza" è la ragion d'essere dell'organizzazione politica del dominio.
In questi mesi la questione repressiva ha però assunto una
"nuova dimensione" per la quantità e la qualità delle
azioni messe in campo da polizia, magistratura, governo; non è
usuale registrare quasi 10.000 denunciati in tutta Italia e quasi 500
nella sola città di Bologna.
La qualità, poi, tende a porre il reato di "associazione con
finalità di eversione" al centro di ogni provvedimento
giudiziario. Neanche negli anni '70, quando il movimento si esprimeva
con maggiore radicalità, si colpivano con l'etichetta di
eversione le lotte sociali. Oggi si colpisce come eversivo ogni atto di
protesta sociale: dalle manifestazioni di piazza alle occupazioni delle
case, dalla resistenza agli sgomberi coatti (magari effettuate negli
accampamenti di fortuna e nelle baraccopoli degli immigrati) alle
pratiche di autoriduzione o riappropriazione, dalle lotte contro la
precarietà o il carovita alle lotte contro la guerra,
congiuntamente alle lotte contro il razzismo, il sessismo, la xenofobia
e tutte le forme di discriminazione. Ultima ma non meno importante la
necessità di confrontarsi anche su un piano più
prettamente militante con i rigurgiti fascisti.
Sempre più spesso, accanto ai "normali" provvedimenti giudiziari
(denunce, fermi, arresti, carcerazione domiciliare, art. 1, etc.) per
reprimere i ribelli il dominio ricorre a provvedimenti
"amministrativi": multe, risarcimenti danni. Questa pratica sta
provocando non pochi problemi a molte e molti compagni.
Di cosa ci accusano?
A Bologna ci sono ancora 15 fascicoli in "elaborazione" per vari fatti di lotta sociale accaduti nell'ultimo anno (segnatamente le proteste contro TAV-Olimpiadi, iniziative antifasciste, iniziative anticarcerarie, occupazioni di case, manifestazioni non autorizzate, proteste contro il carovita, proteste contro la "campagna legalitaria" del sindaco-sceriffo Sergio Cofferati). Quindi questa ricostruzione è incompleta; inoltre è certo che ci sfuggiranno denunce e provvedimenti amministrativi di "natura minore".
Un sommario elenco:
- 20 denunce per l'autoriduzione della mensa universitaria (aprile 2005)
- 15 denunce per l'occupazione di via Zanardi (aprile 2006)
- 25 denunce per l'occupazione dell'aula di Economia e Commercio di piazza Scaravilli (novembre 2005)
- Un numero imprecisato di denunce e provvedimenti amministrativi per
le occupazione nella zona di S.Donato (piazzetta Musi e via Berolado)
- Circa 10 denunce a compagni del collettivo Crash – agosto 2005 – per occupazioni in zona S. Donato
- Circa 10 denunce a compagni del collettivo Passepartout –
maggio 2005 – per occupazione di stabili nella zona universitaria
- 20 denunce per la sassaiola alla stazione centrale in occasione del treno occupato per partecipare al may day 2005
- 29 denunce per l'autoriduzione al cinema Capitol autunno 2004
- 40 denunce per l'occupazione alla stazione centrale del 18 marzo 2003 (contro la guerra)
- 40 denunce per la manifestazione antifascista contro un raduno di Forza Nuova (maggio 2002)
- 70 denunce per lo "smontaggio" CPT (gennaio 2002)
- Alcune decine per manifestazioni "no-global" (Napoli marzo 2001, Genova luglio 2001, Svizzera, ...)
Per non parlare di un numero imprecisato (che sfugge al nostro
censimento ma molto alto) di denunce e di provvedimenti amministrativi
per affissioni di manifesti, scritte sui muri, schiamazzi (contro il
decreto anti-degrado Mura-Cofferati).
Questa la quantità.
Passiamo alla qualità.
Nella maggioranza dei casi citati le imputazioni vanno dalla
devastazione al saccheggio (in alcuni casi si ipotizza la rapina
aggravata), dalla violenza privata alla resistenza a pubblico ufficiale.
L'invasione di edifici o di terreni è all'ordine del giorno.
Reti di lotta come il movimento San Precario, la Rete Universitaria, i
comitati per la quarta settimana divengono "associazione con
finalità di eversione".
Quando poi si parla di collettivi, circoli o organizzazioni
"antagonisti" (dagli anarchici ai disobbedienti ed agli autonomi) il
tutto viene condito con ulteriori farneticazioni. Molti dei denunciati
sono attivisti del sindacalismo di base.
Citiamo alcuni casi emblematici di provvedimenti amministrativi. Ai 25
denunciati per l'occupazione dell'aula di Economia e Commercio di
piazza Scaravilli è stato notificata un'ingiunzione di pagamento
di 680 euro a testa a titolo di provvisionale per i danneggiamenti
arrecati durante l'occupazione per un totale di oltre 15.000 euro; una
compagna, per le occupazioni di San Donato ha un provvedimento
amministrativo per il quale dovrebbe pagare 3.000 euro per presunti
danneggiamenti.
La pervasività sociale del controllo
Spesso negli ultimi anni abbiamo dovuto, amaramente, constatare come
la realtà superi la fantasia. Nemmeno George Orwell avrebbe
potuto descrivere la minuzia e la pervasività del controllo che
si realizza: i pedinamenti, le identificazioni, le intercettazioni, le
foto e le riprese video, le microspie, i segnalatori di posizione, le
provocazioni (poliziotti e carabinieri fanno a gara nel salutare
"romanamente" oltre ad esibire il loro proverbiale machismo) sono la
quotidianità non solo per militanti rivoluzionari (per loro
natura nemici del potere) ma anche per centinaia di persone
(soprattutto giovani) che hanno comportamenti non ossequiosi
dell'ordine costituito.
Anomalia bolognese?
Viene da chiedersi se questa sia un'anomalia bolognese, inaspritasi
con la salita al potere dello sceriffo Cofferati e messa in pratica dal
solerte "magistrato democratico" Paolo Giovagnoli. Di che anomalia
parliamo? Forse che a Torino, Cosenza, Lecce, Roma o Milano la
repressione è meno pesante? La repressione investe tutto il
territorio nazionale e oltre. A ricordarcelo ci sono le centinaia di
arresti in Francia, nelle banlieue e nelle università. A
ricordarcelo sono le cariche della polizia sudafricana contro chi
prende a martellate un contatore dell'acqua per non morire di sete.
A Bologna e non solo la questione che più sembra dare fastidio
al potere pare quella della precarietà, della lotta contro il
carovita. Lo stato (in tutte le sue articolazioni) cerca di tagliare le
gambe a quei gruppi e individualità che sono attivi contro la
sua autorità (contestando le disposizioni
politico-giuridico-amministrative) in un tentativo di prevenire un
conflitto sociale, oggi di bassa intensità, potenzialmente
diffuso.
Viene così messa in atto una strategia repressiva "preventiva"
del tutto simile alla guerra preventiva teorizzata dai padroni del
mondo. Da qui la criminalizzazione dei movimenti e dei sindacati di
base, la repressione di qualsiasi pratica che non parta dall'alto, il
restringimento dell'agibilità a chi si autorganizza, a chi
agisce in modo autonomo dalle istituzioni.
La strategia di contenimento messa in atto dalle forze repressive tende
a "colpirne uno per educarne cento": con il supporto determinante dei
mass-media, queste operazioni vengono enfatizzate (soprattutto nelle
cronache locali) per rendere evidente il disciplinamento di massa.
La situazione degli anarchici
La situazione descritta per il movimento bolognese tocca in egual misura anche le compagne ed i compagni del circolo anarchico "Camillo Berneri". Oltre ai 15 denunce per l'occupazione di via Zanardi altri 8 compagni del circolo sono fra i 40 dell'occupazione alla stazione centrale contro la guerra, 2 compagni sono fra i 20 dell'autoriduzione della mensa, circa 15 sono fra i 25 dell'occupazione di piazza Scaravilli, 2 compagni sono denunciati per affissioni di manifesti, 1 compagno è fra i 29 di S.Precario. Ad un compagno, la questura di Bologna notifica una "diffida" a non ripetere i suoi reiterati comportamenti, preludio a provvedimenti restrittivi della libertà di azione e movimento.
Circolo anarchico "Camillo Berneri" – Bologna