Umanità Nova, n 16 del 7 maggio 2006, anno 86
Un 25 aprile da campagna elettorale
Siamo alla vigilia delle manifestazioni del Primo Maggio, vigilia che ha già registrato, a Milano, un surreale inizio di stagione politica. Come si sa i sindacati CGIL-CISL-UIL hanno ritenuto di dover invitare i due candidati alle prossime elezioni comunali a partecipare alla storica manifestazione della mattinata e a presenziare sul palco. Per chi non lo sapesse i due candidati sono Letizia Brichetto Arnaboldi in Moratti, tuttora Ministro dell'istruzione, ben nota a tutti gli utenti e i lavoratori della scuola e dell'università, e Bruno Ferrante, già prefetto nella stessa città. Utile aggiungere che i sindacati si sono premurati di comunicare che ogni fischio alla Brichetto/Moratti sarebbe da considerare come un fischio ai sindacati stessi; questo evidentemente in relazione ai fischi che nel corso della manifestazione del 25 aprile si sono riversati generosamente sulla Brichetto/Moratti stessa. In buona sostanza i sindacati si sono proposti di compensare il ministro della cattiva accoglienza che le è stata riservata nell'anniversario della Liberazione, con un posto d'onore nella manifestazione dei lavoratori. Cosa ci azzecchi tutto questo con il Primo Maggio appare chiaro solo se si tengono presenti sia la natura del sindacalismo istituzionale odierno, di cui gli attuali dirigenti non sono schegge impazzite ma espressioni conseguenti, sia l'ossessione della sinistra a volere, sempre e comunque, essere legittimata dagli avversari.
A fronte di un virulento e strumentale attacco dei media a taluni episodi verificatisi nel corso del corteo del 25 aprile, chiaramente diretto a condizionare le politiche del futuro governo Prodi, sindacati e sinistra non solo tacciono sulla realtà dei fatti, non solo fanno proprie le costruzioni opportunistiche di quella che dovrebbe essere la controparte, ma, più realisti del re, portano l'avversario alla testa delle proprie fila, minacciando l'intervento di nerboruti servizi d'ordine contro i dissenzienti, con poche eccezioni nelle proprie fila (i metalmeccanici, il sindacato scuola e qualche altro pezzo).
C'è da dire che in un soprassalto di dignità il candidato del centrosinistra, l'ex rappresentante del governo Bruno Ferrante, ha dichiarato "I padroni non sfilano con i lavoratori" prendendo le distanze dalle decisioni sindacali, anche se tale smarcamento si è registrato solo dopo che la Brichetto/Moratti ha stretto un accordo elettorale con Fiamma Tricolore a dimostrazione del suo profondo rispetto per i contenuti del 25 aprile, e della manifestazione alla quale ha partecipato per la prima volta in vita sua accompagnando il padre Paolo anch'egli al battesimo di piazza.
Un partigiano particolare, Paolo Brichetti Arnaboldi, medaglia di
bronzo e d'argento al valor militare, recluso a Dachau, così
compartecipe ai valori della Resistenza antifascista da non sentire mai
il bisogno di scendere in piazza tranne questo 25 aprile 2006; forse la
sua appartenenza alla Franchi, l'organizzazione di Edgardo Sogno,
processato per golpismo negli anni '70, può spiegare tanta
reticenza e tanto protagonismo odierno a sostegno della candidatura
della figlia.
Se qualcuno ha visto in questa partecipazione puzza di provocazione non
ha sbagliato di molto. E i fischi sono stati il segnale di
un'insofferenza diffusa a tanta ipocrisia, a tanto opportunismo.
Tutto il ceto politico, i burocrati sindacali si sono immediatamente schierati a fianco della Moratti tacciando i contestatori di tutto e di più, cercando di dipingerli come i soliti antagonisti dei centri sociali.
In realtà i suoni contro la Moratti (perché solo di
fischi e di urla si tratta) provenivano dal popolo di sinistra, da
insegnanti e studenti, particolarmente folto nel punto nel quale era
previsto l'innesto dei Brichetto nel corteo per percorrere poche
centinaia di metri. Curiosamente i fischi contro Tiziana Maiolo,
assessore della giunta Albertini, con un passato di estrema sinistra e
di giornalista de "Il Manifesto", non hanno ricevuto tanta attenzione
pur essendo durati per tutto il percorso del corteo.
Le provocazioni sono fatte per mettere in luce le contraddizioni
dell'avversario contro il quale sono progettate e messe in atto e la
provocazione del ministro/candidato sindaco ha centrato l'obiettivo.
Invece di registrare la contestazione come una risposta ineluttabile
alle politiche devastanti per la scuola pubblica del ministro e i
fischi come un mezzo di espressione come al teatro, allo stadio e
così via, Prodi, Penati, Di Pietro, Veltroni, Ingrao, ecc.,
lungi dal denunciare l'opportunismo di chi alle elezioni si allea con i
nazifascisti e poi pretende di sfilare con gli antifascisti, corrono in
soccorso del ministro e minacciano i propri supporter elettorali di
rappresaglia, ma la loro spasmodica ricerca di legittimità mette
a nudo la loro alterità ai bisogni di quanti continuano,
ostinatamente e disperatamente, a votarli.
Milano: un 25 aprile di solidarietà antifascista
Mentre si svolgeva il corteo "ufficiale" con Prodi e la Moratti, un presidio di realtà antagoniste (dal CSA Vittoria ai Transiti all'Orso a diversi anarchici) si concentrava in Piazza S. Babila per rivendicare la liberazione dei 25 compagni ancora in carcere, sotto pesanti imputazioni, per i fatti dell' 11 marzo. 25 sagome di cartone venivano innalzate e mostrate al corteo che sfilava ed un grosso striscione riportava la frase "Liberi di essere antifascisti". Un presidio molto visibile e "rumoroso" che ha inteso manifestare nella giornata dell'antifascismo istituzionale le vere urgenze di un antifascismo radicale che vuole recuperare alla lotta e alla libertà tutti i suoi compagni per una società di liberi ed eguali. Il senso di solidarietà nei confronti delle lotte di liberazione di altri popoli e l'impegno a favore della resistenza palestinese hanno spinto poi molti partecipanti al presidio a contestare, con fischi e slogan (tra i quali un improbabile "Palestina rossa"), lo spezzone del corteo contrassegnato dallo striscione della Brigata ebraica e dalle bandiere dello Stato d'Israele.
Verso le 18 poi il presidio si è poi spostato sotto le mura del carcere di san Vittore per far sentire ai compagni la solidarietà dei presenti.
A dimostrazione dello stato del movimento di opposizione milanese vi è da registrare inoltre che mentre il Cantiere, il Leoncavallo ed il Circolo Ponte della Ghisolfa sfilavano all'interno del corteo "ufficiale" un altro concentramento autonomo aveva luogo in Via Padova per opera della "Panetteria occupata" e del "Coordinamento di lotta per la Palestina". Tale concentramento poi sfilava in corteo autonomamente fino a San Babila, raggiunta mentre il presidio precedente era in fase di scioglimento.
Durante tale corteo un paio di bandiere israeliane venivano date alle fiamme, fatto questo ampiamente utilizzato dai media e dal ceto politico per criminalizzare ogni forma di messa in discussione del ruolo dello Stato israeliano nella repressione dei palestinesi. Ben otto appartenenti al Coordinamento sono stati denunciati per questi fatti con accuse che arrivano all'associazione a delinquere.
max