Umanità Nova, n 17 del 14 maggio 2006, anno 86
"Un nuovo rapporto di Amnesty International denuncia che migliaia di
persone sotto la custodia della Forza multinazionale a guida Usa (Mnf)
sono intrappolate in un sistema di detenzione arbitraria che nega loro
i fondamentali diritti umani. Allo stesso tempo, aumentano le prove
sull'uso della tortura ai danni dei prigionieri da parte delle forze di
sicurezza irachene sostenute dall'Mnf."
"Tre anni dopo aver rovesciato Saddam Hussein, l'alleanza guidata dagli
Usa non ha preso misure che rispettino i diritti fondamentali delle
persone detenute sotto la sua custodia e li tutelino dalla tortura o da
altri abusi. Il sistema di detenzione che è stato istituito
è arbitrario e costituisce un focolaio di possibili abusi"
– ha dichiarato Amnesty International.
Alcuni detenuti sono sotto la custodia dell'Mnf da oltre due anni, senza accusa né processo e senza che venga loro data un'opportunità adeguata di contestare i motivi della detenzione. Essi rischiano di rimanere in carcere per altri anni sulla base di informazioni cui non possono avere accesso. Il sistema che gli Usa e il Regno Unito hanno adottato per riesaminare i casi dei detenuti non rispetta gli standard internazionali, tra cui la necessità di una supervisione giudiziaria. Ai detenuti viene inoltre costantemente negato l'accesso agli avvocati e alle famiglie.
Il rapporto "Oltre Abu Ghraib. Detenzione e tortura in Iraq" pone
l'attenzione sulle violazioni dei diritti umani di cui l'Mnf è
direttamente responsabile ma mette anche in evidenza le crescenti prove
sull'uso della tortura da parte delle forze di sicurezza irachene che
operano congiuntamente all'Mnf, compresa la cosiddetta "Brigata Lupo",
alle dipendenze del ministero degli Interni iracheno.
Centinaia di detenuti hanno continuato a essere trattenuti senza accusa
né processo presso la base navale di Guantánamo Bay, a
Cuba. Migliaia di persone sono state arrestate nel corso di operazioni
militari e di sicurezza in Iraq e Afganistan senza che fosse loro
assicurato il diritto di avere accesso a un legale o ai familiari. Sono
state condotte indagini sulle denunce di torture e maltrattamenti ai
danni di detenuti perpetrate da personale statunitense ad Abu Ghraib in
Iraq e sono state aperte inchieste sui casi di maltrattamenti e di
decessi in custodia avvenute in Iraq, Afganistan e a Guantánamo.
Sono venute alla luce prove che dimostrerebbero come l'amministrazione
statunitense avesse autorizzato tecniche di interrogatorio proibite
dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura.
Corte penale internazionale
Il governo statunitense ha intensificato i propri sforzi per
limitare le prerogative della Corte penale internazionale. A dicembre
il Congresso ha approvato una disposizione nel bilancio di spesa che
permetterebbe all'esecutivo di negare aiuti economici ai Paesi che si
rifiutassero di garantire ai cittadini statunitensi l'immunità
nei confronti della Corte.
Detenzione senza accusa né processo
Una lettera del segretario di Stato americano annessa alla risoluzione 1546 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite enumera "l'internamento" fra i compiti "della forza multinazionale" dopo il 28 giugno, ma non menziona quale quadro giuridico o misure di sicurezza si applicherebbero. Il 27 giugno, la CPA ha pubblicato un memorandum con cui precisava le modalità di arresto e di detenzione da parte delle forze guidate dagli Stati Uniti dopo il 28 giugno. I sospetti criminali trattenuti dalle forze guidate dagli Stati Uniti hanno il diritto di rimanere in silenzio, di consultare un avvocato e di essere condotti davanti a una autorità giudiziaria non oltre 90 giorni dal fermo. "Gli internati per motivi di sicurezza" possono essere trattenuti fino a 18 mesi, ma in casi speciali tale termine può estendersi ulteriormente; gli internati hanno diritto a revisioni periodiche della loro detenzione continuata.
Migliaia di persone sono state trattenute senza accusa in base al
sospetto di svolgere attività contro le forze della Coalizione
e, a fine anno, la loro condizione non era stata chiarita. Molti sono
stati trattenuti in condizioni dure per mesi, anche in centri non
ufficiali, e per lunghi periodi è stato loro negato l'accesso
agli avvocati e alle famiglie.
Detenzioni in Afganistan e in Iraq
Ad agosto, in seguito alla pubblicazione delle foto riguardanti le
torture e i maltrattamenti compiuti da personale statunitense nella
prigione di Abu Ghraib in Iraq (vedi oltre), la Commissione
indipendente per la revisione delle procedure detentive del
Dipartimento della difesa, nominata dal segretario alla Difesa Donald
Rumsfeld, ha reso noto che dall'inizio dell'invasione dell'Iraq e
dell'Afganistan circa 50.000 persone erano state arrestate durante le
operazioni militari e di sicurezza condotte dalle forze statunitensi.
I militari statunitensi hanno operato in 25 strutture detentive in
Afganistan e in 17 in Iraq (vedi oltre). In ognuna di esse, ai detenuti
è stato usualmente negato l'accesso ad avvocati e familiari. In
Afganistan, il Comitato internazionale della Croce Rossa (ICRC) ha
potuto visitare solo alcuni detenuti delle basi aeree di Bagram e
Kandahar.
Torture e maltrattamenti di detenuti reclusi al di fuori degli Stati Uniti
Le prove fotografiche delle torture e dei maltrattamenti subiti dai detenuti di Abu Ghraib in Iraq sono diventate di dominio pubblico verso la fine di aprile, suscitando profonda preoccupazione negli Stati Uniti e nel resto del mondo. Il presidente Bush e altri membri dell'amministrazione si sono affrettati ad affermare che il problema era limitato ad Abu Ghraib e a pochi soldati indegni.
Il 22 giugno, dopo la diffusione di precedenti documenti del governo
relativi alla "guerra al terrorismo" secondo i quali in un tale
contesto eventuali torture e maltrattamenti erano da considerarsi
prevedibili, l'amministrazione statunitense ha deciso di rendere noti
alcuni documenti riservati allo scopo di "fare chiarezza sulla
questione". Tuttavia, il contenuto della documentazione ha mostrato
come il governo avesse autorizzato tecniche di interrogatorio che
violavano la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e che lo
stesso presidente, in un memorandum datato 7 febbraio 2002, aveva
affermato che nonostante i valori degli Stati Uniti "richiedessero di
trattare i prigionieri umanamente" non tutti "avevano diritto legale a
un tale trattamento". I documenti, tra l'altro, riguardavano i modi in
cui gli agenti statunitensi avrebbero potuto aggirare il divieto
internazionale a ricorrere alla tortura e ad altri trattamenti crudeli,
inumani e degradanti, avvalendosi anche del fatto che il presidente
avrebbe potuto travalicare le leggi nazionali e internazionali in
materia. Gli incartamenti hanno portato alla luce la decisione del
presidente Bush di non applicare le Convenzioni di Ginevra alle persone
catturate in Afganistan su suggerimento del proprio consigliere legale,
Alberto Gonzales. In tal modo i funzionari statunitensi preposti agli
interrogatori avrebbero avuto mano libera nella "guerra al terrorismo"
e i procedimenti giudiziari per crimini di guerra contro agenti
statunitensi sarebbero stati meno probabili. All'indomani delle
elezioni presidenziali di novembre, il presidente Bush ha nominato
Alberto Gonzales quale Procuratore Generale della nuova amministrazione.
Prigionieri di coscienza
Due obiettori di coscienza, il sergente Camilo Mejía Castillo e il sergente Abdullah William Webster sono stati incarcerati e pertanto considerati prigionieri di coscienza. A fine anno si trovavano ancora in prigione.
Il sergente Camilo Mejía Castello è stato condannato a un anno di reclusione per diserzione dopo che si era rifiutato di ritornare alla sua unità di stanza in Iraq per motivi morali in relazione ai suoi dubbi sulla legittimità della guerra e per la condotta delle truppe statunitensi nei confronti della popolazione civile irachena e dei prigionieri. Il processo è avvenuto nel mese di maggio nonostante si fosse ancora in attesa della decisione dell'esercito in merito alla sua richiesta per l'ottenimento dello status di obiettore di coscienza.
A giugno, il sergente Abdullah William Webster, in servizio presso
l'esercito dal 1985, è stato condannato a 14 mesi di reclusione
e alla perdita della paga e delle indennità per essersi
rifiutato di partecipare al conflitto in Iraq a causa del suo credo
religioso. Webster aveva ricevuto l'ordine di recarsi in Iraq
nonostante avesse presentato una richiesta per essere rassegnato a
incarichi che non prevedessero il servizio attivo. La sua domanda per
ottenere lo status di obiettore di coscienza è stata rifiutata
in quanto la sua opposizione sarebbe stata rivolta a un conflitto
specifico e non alla guerra in generale.
Uccisioni di civili
Centinaia di civili iracheni sono stati uccisi durante attacchi sferrati dalle forze guidate dagli Stati Uniti contro gli insorti di Falluja, Baghdad, Mosul, Samarra e altre città e villaggi.
*Secondo quanto riferito, ad aprile, almeno 600 civili, compresi molte donne e bambini, sono stati uccisi a Falluja come conseguenza di tali attacchi.
*Il 12 settembre, 13 civili, compresa una ragazza e un cineoperatore della televisione, sono stati uccisi in via Haifa, a Baghdad, quando truppe statunitensi hanno sparato da un elicottero sulla folla, presumibilmente in risposta a colpi giunti dalla stessa zona. Notizie di stampa hanno contraddetto la fonte statunitense circa la circostanza secondo cui da quella zona erano stati sparati dei colpi verso l'elicottero.
A febbraio ufficiali britannici hanno dichiarato che, a partire dal 1° maggio 2003, le proprie forze erano state coinvolte nell'uccisione di 37 civili e hanno ammesso che la cifra era incompleta.
*Il 1° gennaio Ghanem Kadhem Kati' è stato ucciso a colpi
d'arma da fuoco a Beit Asfar da soldati britannici. Un vicino avrebbe
cercato di dire ai soldati che gli spari sentiti poco prima facevano
parte di un festa di nozze. Ghanem Kadhem Kati' non era armato e aveva
la schiena rivolta ai soldati. La polizia militare avrebbe
apparentemente aperto un'inchiesta i cui risultati alla fine dell'anno
non erano ancora stati resi pubblici.
Violenza sulle donne
Donne e ragazze hanno continuato a essere molestate, ferite e uccise da
gruppi armati e da privati cittadini, parenti e membri delle forze
guidate dagli Stati Uniti. Molte donne hanno vissuto sotto timore
costante di essere picchiate, rapite, stuprate o uccise. La
Costituzione ad interim e i limitati emendamenti introdotti dalla CPA,
se da un lato hanno rappresentato passi compiuti nella giusta
direzione, dall'altro non hanno prodotto quelle ampie riforme
necessarie per porre fine alla discriminazione contro le donne nella
legislazione irachena, in particolare nel diritto penale, nello statuto
personale e nella legge sulla cittadinanza."
Per aggiungere poche righe ad una spiegazione sufficientemente esauriente:
1) In Iraq, ma anche in Afganistan..., per buona pace di Fassino, è in pieno svolgimento una guerra di aggressione.
2) In Iraq, così come in Afganistan..., partecipano a questa guerra diverse nazioni e diverse entità statuali tra cui l'Italia.
3) Il diritto internazionale è essenzialmente il diritto del più forte dal punto di vista materiale e quindi anche militare, di imporre il proprio potere giurisdizionale, che conformerà e modificherà a suo piacimento a seconda delle esigenze del momento.
4) Le diverse Corti internazionali ed il Consiglio di Sicurezza dell'ONU sono strumenti di controllo, di avvallo e di promozione di questi progetti guerra: è la prassi di chi comanda che ne modifica la destinazione d'uso e non viceversa, per buona pace di Bertinotti e del centro-sinistra.
5) L'obiezione di coscienza, nei nuovi codici di procedura militare, anche in quello italiano, per buona pace di D'Alema e soci che hanno promosso e gioito per la costituzione del nuovo esercito professionale, senza alcun rimpianto da parte nostra per quello popolare, è nulla più che una astensione volontaria dal servizio militare, quindi una scelta ex-ante. Quando si è in guerra o ci si rifiuta di parteciparvi si chiama in altro modo, ovvero diserzione, ed i codici militari provvedono prontamente a punirla.
Pietro Stara