Umanità Nova, n 17 del 14 maggio 2006, anno 86
Sul fronte del Tav la lunga tregua olimpica ed elettorale volge al termine.
In questo periodo la lobby tavista ha affinato le armi, mettendo in atto una strategia che mira alla divisione del movimento in buoni e cattivi, dialoganti e intransigenti. Sinora non ci sono riusciti, poiché, pur tra innegabili difficoltà, il movimento no tav ha saputo attraversare sia la palude elettorale sia, più di recente, le denunce e i processi.
Quando, come acutamente rilevava un No Tav all'assemblea del 29 marzo a Villar Dora, gli uomini in grigio si sostituiscono agli uomini in blu, le possibilità di riassorbimento delle tensioni più autenticamente autogestionarie e di azione diretta sono certo più forti che in passato.
Il governo, nell'ultimo periodo si è mosso con grande cautela, probabilmente lieto di aver messo la sordina ad una rivolta che rischiava di divampare sulle Olimpiadi e, soprattutto, sulla campagna elettorale.
Significativo il fatto che alla guida della Commissione tecnica che dovrebbe affiancare il mai aperto tavolo politico sul Tav, sia stato posto un uomo come l'architetto Virano.
Dirigente Anas, Virano era stato l'uomo immagine della Sitaf, la società che ha costruito ed oggi gestisce l'autostrada del Frejus che attraversa la Val Susa.
L'osservatorio presieduto da Virano è il cavallo di troia del Tav in Val di Susa. Alla politica del manganello si sostituisce quella del marketing. I signori del Tav puntano su uno specialista delle pubbliche relazioni, dopo aver fallito il tentativo di chiudere rapidamente la partita mettendola in mano agli specialisti dell'ordine pubblico.
Sebbene al momento le iniziative di Virano abbiano incontrato netta opposizione da parte del movimento No Tav, non si può escludere che in futuro non possano riuscire a segnare dei punti.
La manovra di rilegittimazione del presidente della Comunità Montana e dell'assemblea dei sindaci, il cui credito si era ridotto quando avevano invano tentato di bloccare le grandi manifestazioni del 17 dicembre a Torino e del 7 gennaio a Chambery necessita di una riduzione della conflittualità diretta con il governo di turno. Il tentativo di Ferrentino & C. di riprendere il controllo, mai perso del tutto, ma seriamente incrinato, del movimento, passa anche attraverso il mito della democrazia partecipata. Significativo che all'improvviso le assemblee convocate e rigidamente gestite dalla Comunità montana, da fine gennaio abbiano cambiato nome, come un serpente che cambia pelle. Prima si chiamavano Comitato istituzionale e oggi si chiamano Comitato di Coordinamento, echeggiando in tal modo il Coordinamento dei Comitati.
Grandi manovre sono in atto tra Torino e il Rocciamelone. Diviene
pertanto importante osservare la realtà, segnalando il complesso
intreccio di istanze e di luoghi della rappresentanza.
In queste prime settimane dopo la tornata elettorale i nodi all'interno
del movimento si sono fatti più intricati, anche se ci sono
segnali che la stagnazione politica stia per finire.
Tre le principali novità.
La ri-discesa in campo della coordinatrice europea per il corridoio 5, Loyola De Palacio, che sbarca a Torino con un rapporto "tecnico" di 180 pagine nel quale si negano le emergenze ambientali connesse all'opera e si suggerisce che il movimento No Tav sia agito da potenti e occulti finanziatori. De Palacio viene apertamente contestata dal movimento che assedia la prefettura torinese per un'intera mattinata.
Altra importante novità la profonda lacerazione tra il PRC torinese e quello di Valle, reduce da una importante vittoria elettorale (20% a Bussoleno). Occasione di scontro l'accordo sottoscritto a Torino tra Rifondazione e il centro sinistra in vista delle imminenti elezioni al comune di Torino. In base all'accordo la questione Tav viene demandata proprio all'"Osservatorio Virano", cui è affidato il giudizio sull'affidabilità dell'opera. Nonostante per la prima volta il sindaco Chiamparino, DS ultras del Tav, ammetta la possibilità dell'opzione zero, l'accordo elettorale a Torino è stato accolto in valle, specie dai No Tav del PRC, come un vero tradimento del movimento. Ricordiamo che sin da dicembre, nell'assemblea di valle del 21, vi era stata netta opposizione a qualsiasi tentativo di mediazione sul Tav. Lo strappo ha contribuito a rafforzare la convinzione che solo l'autorganizzazione e l'azione diretta possono essere vincenti.
Dopo la significativa affermazione elettorale di Rifondazione, Verdi e PdCI, i partiti, che negli ultimi mesi si sono schierati contro il Tav, l'accordo elettorale a Torino, fatto a 10 giorni dalle elezioni politiche, non poteva essere indolore. Peraltro, sebbene molti, e non ultimi i media, dessero per quasi certa la fuoriuscita dei rifondati valsusini dal partito sull'onda della prossima scissione ferrandiana, tuttavia la segretaria del PRC di Bussoleno, Nicoletta Dosio, ha annunciato che il suo gruppo rimane nel PRC.
L'accordo fatto a Torino tra PRC e Unione potrebbe essere la prova generale della politica del futuro governo Prodi nei confronti della questione Tav.
Negli stessi giorni trapela un'iniziativa della Prefettura che convoca a Torino Ferrentino, annunciandogli l'intenzione di recintare i terreni di Venaus, intenzione che viene ribadita dal capo della procura torinese Maddalena, che, sin da dicembre, ha deciso il sequestro dei terreni sgomberati con la violenza nella notte tra il 5 e il 6 dicembre e poi riconquistati dal movimento l'8 dicembre. Pare che Ferrentino abbia sottoscritto un compromesso, in cui veniva proposta una recinzione "simbolica" dei terreni. Al momento nessuno ha osato mettere piede a Venaus, dove il presidio No Tav continua la propria vigilanza quotidiana.
Una delle leggi più ferree della politica del controllo "democratico" della dissidenza è la ciclica alternanza tra la carota ed il bastone, e quando necessario, il sapiente dosaggio e distribuzione dell'uno e dell'altra.
Il 3 maggio arrivano i primi avvisi di garanzia ad 8 No Tav. C'è anche qualche nome eccellente: Alberto Perino, uno dei No Tav più noti, il vicesindaco di S. Giorio Danilo Bar e Beppe Joannas, il sindaco di Bussoleno già indagato dalla magistratura per l'opposizione al passaggio della Coca Cola dal suo paese durante la corsa della fiaccola olimpica.
La risposta solidale dell'assemblea di valle è immediata e
corale: la sera stessa del 3 maggio un comunicato di solidarietà
(1) ribadisce che la "battaglia del Seghino", ossia la giornata di
resistenza all'occupazione militare del 31 ottobre, è patrimonio
di un intero movimento, rivendica la restituzione dei terreni
sequestrati a Venaus ed esprime la volontà di proseguire una
lotta che ha tra i propri immediati obiettivi l'opposizione
all'annunciato raddoppio del tunnel autostradale del Frejus.
L'8 maggio, in occasione dei primi interrogatori ai No Tav inquisiti
per la resistenza al Seghino, diverse centinaia di persone con bandiere
e striscioni hanno dato vita ad un presidio davanti al tribunale di
Torino. Più che discreto lo schieramento di poliziotti e
carabinieri in assetto antisommossa e di una folta pattuglia di polizia
politica.
L'accelerazione del conflitto seguita all'occupazione militare del
territorio alla fine dello scorso anno ha prodotto una forte
delegittimazione dei meccanismi della democrazia rappresentativa.
Questo dato, è frutto sia dalle scelte di chiusura alle istanze locali del governo nazionale e regionale, sia dell'attitudine eccessivamente concertativa dei sindaci di fronte ai tentativi del governo Berlusconi di fermare la rivolta. Nei momenti alti della lotta questo ha messo in moto meccanismi di tipo assembleare, capaci di assumersi, in certi momenti, responsabilità decisionali molto forti, nella chiara consapevolezza della propria forza e della propria autonomia.
Dopo mesi di una tregua, che sia pure non dichiarata, si è di fatto imposta tra le due parti in conflitto, non era affatto scontato che i primi segnali di ripresa delle ostilità avrebbero avuto risposte forti. Per mesi si è assistito al dispiegarsi di relazioni politiche talora armoniche, talaltra conflittuali, tra i vari luoghi della rappresentanza (comitati istituzionali, coordinamento dei comitati, presidi permanenti, assemblee di valle, leadership informali).
Siamo di fronte ad una realtà complessa ed in costante cambiamento.
Gli avvenimenti sopra descritti, il sapiente dosaggio tra bastone e
carota e le reazioni del movimento paiono confermare una tendenza
emersa da alcuni mesi: una significativa capacità reattiva di
fronte alle strette repressive, una maggiore difficoltà ad
affrontare i giochi della politica. Il movimento sta comunque
dimostrando una tenuta nel tempo – la fase "critica" dura da
ormai un anno - e riesce a mantenersi vitale ed autonomo.
Il prossimo periodo sarà molto difficile: il nuovo governo
potrebbe moltiplicare i tentativi di dividere buoni e cattivi,
dialoganti e refrattari. La partita in Val di Susa è ben lungi
dall'essere chiusa. Occorre affinare la capacità reattiva sia
nei confronti della strategia di marketing adottata dall'architetto
Virano, sia verso le iniziative della magistratura e del Ministero
dell'Interno. Per la riconquista dei campi di Venaus, ancor oggi sotto
sequestro giudiziario, sono mesi e mesi che vengono annunciati
provvedimenti gravi, perché si indaga per il reato di
devastazione e saccheggio, lo stesso per il quale il 27 giugno saranno
processati 10 antifascisti torinesi. Non ci stancheremo mai di
sottolineare come questo processo rappresenti la prova generale di una
strategia repressiva ad ampio raggio, volta a colpire in modo grave
ogni forma di dissenso politico.
A sarà dura!
Maria Matteo
Note
(1) Ecco il testo del comunicato: "Il movimento NO TAV, riunito in assemblea il 3 maggio 2006, nella sede Consiliare del Comune di Bussoleno
- Esprime la più totale solidarietà nei confronti di chi è stato raggiunto da avviso di garanzia per i fatti dello scorso autunno;
- Ribadisce la propria condivisione e partecipazione ai fatti oggetto di indagine;
- Rivendica le lotte che hanno visto il loro momento più forte dalla Battaglia del Seghino alla liberazione di Venaus;
- Esige l'immediato dissequestro dei terreni stessi affinché ritornino alla loro naturale destinazione agricola;
- Dichiara altresì la propria contrarietà ad ogni ipotesi di realizzazione della seconda canna, sia essa di servizio o di esercizio, del traforo autostradale del Frejus.
IN TAL SENSO
si indice la mobilitazione permanente invitando tutto il popolo NO TAV a essere presente a Torino davanti alla Procura della Repubblica da lunedì 8 maggio e al Tribunale dei minori il 12 maggio, in modo da portare appoggio concreto ai militanti NO TAV indagati.
Movimento NO TAV"