testata di Umanità Nova

Umanità Nova, n 18 del 21 maggio 2006, anno 86

inform@zione


Palermo: senza casa occupano
Lo scorso primo maggio, una decina di famiglie del Comitato di Lotta per la Casa "12 luglio" e diverse/i compagne/i solidali hanno occupato i locali dell'ex ufficio alla casa di via Maqueda a Palermo.
Con questa iniziativa si è voluto denunciare il tentativo dell'amministrazione comunale di cancellare con un colpo di spugna tre anni di lotte che a Palermo hanno portato alla conquista di alloggi per più di ottanta nuclei familiari in difficoltà.
Le richieste specifiche del Comitato erano due: ottenere una garanzia ufficiale da parte del Comune di riconoscere il diritto all'alloggio dei nuclei familiari ai quali era stata recentemente paventata l'ipotesi di uno sgombero e, in secondo luogo, la riapertura della lista per l'emergenza abitativa con relativa riattivazione del tavolo tecnico con le istituzioni.
Alcuni giorni dopo, una volta abbandonata spontaneamente l'occupazione, il Comitato è stato ricevuto dall'assessore competente, Minèo, che ha fornito delle risposte del tutto insoddisfacenti: le famiglie che ad oggi risiedono negli appartamenti confiscati alla mafia (e ottenuti con le lotte e le mobilitazioni) non saranno sgomberate ma il Comune si riserverà di anno in anno di valutare la loro situazione per rinnovare o meno le assegnazioni. Per quanto riguarda invece la riattivazione del tavolo tecnico e della lista per l'emergenza abitativa, l'assessore si è espresso negativamente senza lasciare ulteriori margini di discussione.
Il momento è particolarmente difficile, e non ci stupiremmo più di tanto se il Comune di Palermo si rimangiasse quel poco che finora è riuscito a mantenere. Va da sé che gli aderenti al Comitato di Lotta per la Casa "12 luglio" non si daranno per vinti.
TAZ laboratorio di comunicazione libertaria

Ferrovie in Val Susa: altro incidente mortale
Ennesimo incidente ferroviario in Val Susa, la valle dove lo stato pretende di imporre l'alta velocità ferroviaria ma non è in grado di garantire la sicurezza del trasporto ferroviario, lungo linee, che qui come in gran parte dell'Italia, sono sempre meno sicure. In questi 10 anni di "razionalizzazioni" a pagare, purtroppo anche con la vita, sono i lavoratori ed i viaggiatori.
La sera dell'11 maggio, è morto il macchinista alla guida di un treno deragliato a Chiomonte in alta Valle Susa. Il Treno, una motrice e tre carrozze, ha percorso senza controllo tutte le stazioni tra Bardonecchia e Chiomonte, dove, dopo aver perso due delle tre carrozze merci, è uscito dai binari.
A nulla è valso il disperato tentativo di salvarsi del lavoratore alla guida, che, gettatosi dal treno senza controllo, è morto sul colpo. L'uomo era dipendente da una ditta di Bologna con l'appalto per lavori sulla massicciata, una delle tante ditte che, dopo lo smembramento delle FS, si contendono i lavori risparmiando su tutto e, quindi, inevitabilmente, anche sulla sicurezza.
È il secondo incidente mortale in pochi mesi. All'inizio dell'anno una giovane donna ha perso la vita travolta da un treno in corsa a Susa, dove le sbarre del passaggio a livello non si erano abbassate.
Per capire meglio la dinamica di questi incidenti ci siamo rivolti ad alcuni ferrovieri della Cub che conoscono bene la tratta tra Bardonecchia e Bussoleno. Vi riportiamo i passi più importanti della lettera che abbiamo ricevuto, da cui abbiamo espunto i riferimenti alle fonti, poiché negli ultimi tempi le FS licenziano i ferrovieri che parlano della situazione disastrosa delle ferrovie o ne denunciano l'insicurezza (vedi i 4 che parlarono con la giornalista di Report o Dante Angelis, il ferroviere - delegato alla sicurezza - licenziato per aver rifiutato di usare un meccanismo pericoloso - il Vacma).
In merito all'incidente di Chiomonte ci scrivono che "pare che il convoglio fosse guidato da un dipendente della ditta appaltatrice, che probabilmente non avrebbe potuto guidarlo fuori dall'ambito della stazione, senza la presenza di un macchinista FS (che non c'era). L'ipotesi più plausibile è che il locomotore sia stato agganciato ai carri senza collegare la condotta del freno, per cui il locomotore, in questo caso, frena se stesso ma non i carri trainati; quindi in discesa il peso dei carri trainati ha spinto il locomotore, che non poteva assolutamente fermarli.
L'operaio ha telefonato alla polfer per segnalare il fatto, ma non c'era nessuna possibilità di fermare il treno, se non deviandolo su un binario morto, ma provocando un disastro; il convoglio è transitato da Salbertrand ad altissima velocità, e l'operaio invano gesticolava; poi si è lanciato ma è andato a sbattere contro un ferro morendo sul colpo; il convoglio è deragliato a Chiomonte.
Non vi sono possibilità di fermare un treno che scappa.
Il PL (Passaggio a Livello) tra Bardonecchia e Beaulard sicuramente si è chiuso perché azionato da pedale; cosa impossibile per quello di Oulx, dove il PL è azionato dal capostazione, cioè si chiude quando bisogna fare il verde ad un treno in partenza; e siccome il treno da lì è sfilato col rosso, il PL non poteva che restare aperto; il tempo materiale di andare a chiuderlo a mano non c'era, vista la velocità dei fatti.
Diverso il discorso del PL di Susa, (dove è avvenuto l'altro incidente mortale, NdR) che funziona in altro modo; cioè si chiude quando il capotreno aziona un pulsante in stazione; nel caso dell'incidente mortale, è probabile che il pulsante sia stato azionato troppo in fretta e l'impulso per la chiusura non si sia attivato; poi è difficile vedere le sbarre aperte coi navettoni che circolano adesso, quel sistema era più funzionale per le vecchie navette, molto più corte di ora, che permettevano ai macchinisti di scorgere il PL aperto. In poche parole, in questo caso c'è stato l'errore umano, in concorso con alcune coincidenze e soprattutto con il mancato adeguamento del PL alla circolazione odierna di treni sulla tratta Susa-Bussoleno.
Tornando all'incidente di Bardonecchia, ricordo che l'anno scorso da Paola partì un locomotore di una ditta appaltatrice in direzione Salerno; era stato lasciato incustodito, ma non frenato o poco frenato; ebbene l'unica cosa che si poté fare allora fu di sgombrargli il cammino fino ad una pendenza in salita, quando rallentò e fu forse agganciato o bloccato, dopo aver percorso oltre 100 km. Cosa impossibile sulla tratta dell'Alta valle Susa.
A febbraio una cosa analoga è accaduta tra Ragusa e Comiso, quando il locomotore di una ditta appaltatrice, con sei vagoni agganciati, parcheggiato in una stazioncina alla fine dei lavori giornalieri, è "partito" in discesa è ha percorso 6 km e mezzo in discesa prima di buttarsi a tutta velocità in una scarpata.
C'è una questione ditte appaltatrici a monte di tutto; ditte che impongono sistemi di lavoro al di fuori delle norme, dove regnano i ricatti, la fretta, la considerazione che le norme di sicurezza siano un ostacolo all'attività; ditte che contano un grandissimo numero di incidenti, con morti e feriti ogni anno; che utilizzano mezzi in cattivo stato, per realizzare il massimo di profitti con il minimo di spesa, o per giustificare appalti presi con ribassi troppo esagerati. C'è una questione di esternalizzazione dei servizi e di scarico delle responsabilità dalle FS a padroncini e grossi appaltatori privati."
La logica del profitto, che nel trasporto su rotaia si è imposta su quella del servizio pubblico, è all'origine di questi morti. Ancora una volta il termine "incidente" appare del tutto improprio, poiché di fronte ad una colpevole negligenza non si può parlare che di omicidi.
Le linee destinate ai lavoratori sono seminate di morti e feriti mentre la voracità capitalista progetta opere inutili, dannose e costose come il Tav.
Euf.

Pianezza: in bici contro il Tav
La prima biciclettata No Tav ha visto la partecipazione di alcune centinaia di ciclisti con bandiere e maglie contro il Tav. All'iniziativa, promossa dal Collettivo Laboratorio Zero, hanno aderito numerosi gruppi ed associazioni della Gronda Ovest e di Torino, tra cui il comitato autogestito contro il Tav e l'osservatorio ecologico.
Al termine merenda sinoira Bellavita – senza soldi tutti contribuiscono e nessuno paga – e concerti.
Le bici, partite dall'ITAS Dalmasso di Pianezza hanno attraversato S. Gillio, hanno sostato alla Cascina delle Monache per poi superare Grange di Brione, Alpignano ed ancora il centro di Pianezza per tornare presso l'ITAS. I No Tav hanno pedalato per zone agricole e centri abitati toccati dal progetto di TAV Torino Lione, tratta nazionale, nei pressi del Monte Musinè dichiarando ostilità al TAV ed al saccheggio e devastazione che quest'opera provocherebbe sui quei territori.
Il Musiné, che dovrebbe essere attraversato da una galleria di 12 chilometri, è ricco di amianto e eventuali lavori di perforazione metterebbero seriamente a repentaglio la salute di chi lavora e di chi abita sul territorio. Gli studi sulle vittime dell'amianto, tantissime in Piemonte dove il minerale è stato estratto e lavorato per lunghi anni, ci dicono che le polveri di amianto sono un killer che colpisce in modo lento ma inesorabile. Il "picco" delle morti per esposizione ad amianto, la cui estrazione e lavorazione è ormai proibita da anni, è previsto nel 2030.
Anche nella Gronda Ovest gli abitanti non vogliono lasciare un'eredità tanto pericolosa ai propri figli e nipoti.
No Tav – comitato autogestito di Torino e Caselle

Torino: sgomberato l'osservatorio ecologico IV
Non è durata più di una settimana l'occupazione di un edificio abbandonato da molti anni in via Riberi, proprio all'ombra della Mole. L'osservatorio ecologico IV, occupato nel pomeriggio del 6 maggio, è stato murato dalla polizia il 15 maggio. Quattro occupazioni, quattro sgomberi. La giunta comunale torinese, in piena campagna elettorale, non ha smentito la sua attitudine a trattare le questioni politiche e sociali in termini di ordine pubblico. Il sindaco Chiamparino aveva chiesto lo sgombero nei giorni scorsi, scrivendo al prefetto Goffredo Sottile e dando ampia pubblicità all'iniziativa. Gli uomini della Digos si sono affrettati ad accontentarlo.
In un loro comunicato gli ex occupanti scrivono: "È evidente ancora una volta la manovra repressiva contro chi, in città, vuole aprire luoghi di attività e iniziative contro le devastazioni ambientali sempre più pesanti sul territorio: dagli sprechi olimpici al nefasto progetto del TAV.
M. M.


una storiasommarioarchiviocontatticomunicaticollegamenti