Umanità Nova, n 19 del 28 maggio 2006, anno 86
"In fondo, anche la Juve attuale,
rappresentata dall'amministratore delegato Guraudo e dal direttore
generale Luciano Moggi (…) ricalca i connotati di sempre:
rispetto formale delle regole, ma svariati ammiccamenti alla ricerca di
un posto migliore degli altri, di un favore, di una concessione.
(…) Girando ha il pregio di capire subito – come ai suoi
giorni Boniperti, che difatti assunse Italo Allodi, il manager
dell'Inter anni '60 – che il buon andamento del club non basta,
occorre controllare le leve del potere: la Federazione, la Lega, gli
arbitri. E qui lo aiuta un esperto: Luciano Moggi, uno degli
intoccabili, uno dei pochissimi (…) Di sicuro nessun altro
dirigente – neppure Carraro e Galliani, presidenti di Federcalcio
e Lega – godono di un appoggio mediatico così forte e
compatto. Amici ovunque: nelle redazioni di quotidiani e settimanali,
nelle Tv e nelle radio. (…) Manager concreto e talvolta
spietato, disponibile sempre con gli amici ma durissimo con i nemici,
intorno ai quali fa terra bruciata. Il padrone del calcio italiano,
più protetto e più potente di tutti nonostante (…)
gli incidenti giudiziari. Ha spesso cambiato aria dopo aver annusato
pericoli (…) Moggi sa uscire indenne dagli scandali [e] continua
a comandare (…) Ha una rete di fedelissimi che sposta secondo
convenienza (…) Mentre si ingrossavano le fila dei suoi
cortigiani Moggi ha promosso l'immagine del secondo figlio, Alessandro:
procuratore e poi presidente dalle Gea World." (E. D'Orsi, Tutti gli
uomini dell'avvocato, Quaderni speciali di Limes, luglio 2005).
L'ennesimo scandalo del calcio, costato mesi di lavoro ai carabinieri e
ai magistrati di Napoli, ha in realtà svelato il segreto di
Pulcinella, come dimostrano i brani sopra riportati. Nell'ambiente
tutti sapevano benissimo che Lucky Luciano (ammiccante soprannome di
Moggi) muoveva i fili del calcio italiano grazie alla rete fittissima
di "amicizie" con dirigenti di società medio-piccole, calciatori
superpagati, giornalisti ruffiani e arbitri venduti. Non è
neppure ipotizzabile che gente come Berlusconi e Galliani – due
tipi notoriamente piuttosto "svegli" – si siano fatti mettere nel
sacco da Moggi. Se un ministro dell'interno, Pisanu, si raccomanda a
Moggi per salvare la squadra del cuore, pardon del proprio collegio
elettorale (Torres Sassari), chiedendo giocatori e allenatore ma
soprattutto sostegni arbitrali, un motivo ci doveva pur essere. Come un
motivo ci deve pur essere se lo stesso personaggio nell'aprile 2004, in
piena campagna elettorale per le europee, sente la necessità di
appellarsi sempre a Moggi per ottenere visibilità nel fetido
"processo di Biscardi" e inchiodare le tifoserie di Lazio (nera) e,
soprattutto, del Livorno (rossa) riproponendo la logora teoria degli
opposti estremismi, questa volta in salsa calcistica. D'altra parte
è noto che proprio dal ministero dell'interno venne la decisione
di far tornare alla Digos di Torino tale Paradiso, fedelissimo di
Moggi, esautorato in sede locale. L'intreccio fra politica e calcio
è evidentissimo: Berlusconi è l'esempio vivente di come
il calcio serve per aumentare la popolarità ma anche il
portafoglio! Quando il nano di Arcore acquistò il Milan (1986)
Berlusconi era già Berlusconi: Milano 2, la Fininvest, le
televisione commerciali ma soprattutto le amicizie con i potenti
(Craxi). Quella fu un'operazione, politica ed economica, intelligente
che si inseriva in scelte più complessive che tutti ben sappiamo
dove ci hanno portato. Ma alla greppia del calcio ci mangiano in tanti,
a destra come a sinistra. Ricordo una decina di anni fa tale Micheli,
allora potentissimo braccio destro di "mortadella" Prodi, che
approfittando della sua posizione riuscì a portare la squadra
del cuore dalla C2 alla C1 in maniera tanto folgorante che il sindaco
di quella città (Terni) in una trasmissione Tv si confuse
annunciando con una settimana di anticipo la promozione.
Un capitolo interessante di tutta questa squallida vicenda riguarda i media che per anni hanno continuato a raccontarci una serie incredibile di balle: pensate a quelle trasmissioni-prese di giro create attorno alla "moviola" discutendo se l'arbitro aveva visto giusto o no. Il fatto è che lo stesso discorso vale anche per i telegiornali e per i confronti politici visto che è impensabile che le "mele marce" del giornalismo si fossero annidate tutte nel settore calcistico. Sarebbe interessante conoscere le telefonate fra politicanti e grandi firme del giornalismo prima e dopo le stucchevoli passerelle nei salotti di Rai, Mediaset e Telecom/La7.
Tornando a "Moggiopoli" è, probabilmente, lo scontro sui diritti TV, fonte di profitti enormi, il nocciolo attorno al quale ruota tutto lo scandalo. In un'intervista di cui siamo venuti a conoscenza mentre scriviamo questo articolo, Moggi accusa Berlusconi di aver voluto la sua fragorosa caduta dopo essersi visto rifiutare l'offerta di ingaggiarlo al Milan. Può darsi: ricordiamo che Berlusconi usò la stessa tattica con l'allora fresco ex-magistrato Di Pietro quando nel 1994 cercò di comprarselo offrendogli un ministero. Ma se anche così fosse questa è solo una parte di verità. La questione dei diritti Tv può essere così riassunta: nell'autunno 2005, grazie al governo Berlusconi che ha bloccato la Rai (c'è appena appena un po' di conflitto di interessi ma non fateci caso…) Mediaset si è aggiudicata i diritti Tv delle tre maggiori società (Juve, Milan e Inter) affrettandosi a rivendere (guadagnandoci, ovviamente…) quelli via satellite a Sky. Vi risparmio le cifre ma sono una barca di soldi. L'Antitrust sarebbe dovuta intervenire ma, naturalmente, non l'ha fatto (chi aveva il coraggio di infastidire il presidente del consiglio in carica?). Si è però mossa l'UE che ha iniziato una procedura di infrazione all'Italia che con molta calma arriverà alla condanna del governo italiano. Intanto però Berlusconi è inciampato sulle elezioni e difficilmente nel futuro potrà contare su un governo amico che spiani la strada ai suoi personalissimi interessi. A questo punto è evidente come la "cupola" Moggi sia divenuta d'intralcio per Berlusconi e compari: qualche scudetto lo dovrà pur vincere anche il Milan visto che sul fronte Mediaset è prevedibile che le vacche non saranno tutte così grasse come in passato e i bilanci del Milan fanno acqua da tutte le parti. Da qui la spintarella alle inchieste di carabinieri e magistratura. La nostra è solo un'ipotesi, però...
Anteo