Umanità Nova, n 19 del 28 maggio 2006, anno 86
Mapuche: lotta sempre più dura
In sostegno con la durissima lotta sostenuta dal popolo Mapuche e dai
quattro prigionieri politici (vedi UN scorso) il 16 maggio si sono
tenute in varie parti del mondo (New York, Buenos Aires, Zurigo, in
Spagna, in Inghilterra, ecc.) molte iniziativa di solidarietà e
di partecipazione con la lotta (scioperi della fame di 24 ore, marce,
presidi, ecc.). Anche in parti del mondo remote ed inimmaginabili per
il popolo indio che abita nei territori meridionali del Sudamerica a
dimostrazione dell'internazionalizzazione di una lotta incentrata sul
rispetto della dignità umana e dei suoi diritti inalienabili.
Nel frattempo, giunti al 63° giorno di sciopero della fame, i
detenuti Mapuche avevano sospeso la lotta, dopo intensi negoziati con
il governo cileno, costretto al tavolo delle trattative con i
rappresentanti Mapuche dopo numerose pressioni nazionali ed
internazionali preoccupate dello stato di salute degli scioperanti. In
seguito a questi negoziati il governo cileno, capeggiato dalla
'socialista' Bachelet (formatasi alle scuole militari cilene e
statunitensi…), si era impegnato ad inviare con urgenza
all'approvazione del parlamento un progetto di legge comprendente la
libertà condizionale per i Mapuche condannati in base alla legge
antiterrorista imposta al paese dal boia Pinochet per stroncare
qualsiasi forma di resistenza al suo golpe e mantenuta in vigore dai
suoi successori democraticoparlamentari. Nonostante i dubbi e lo
scetticismo Mapuche nei confronti di un governo che non ha mai
dimostrato di voler affrontare costruttivamente i problemi territoriali
che riguardano il rapporto di questo popolo con lo Stato cileno,
né di voler ratificare il Trattato internazionale sui diritti
dei popoli indigeni, né tantomeno di riconoscerne il diritto
all'autodeterminazione, i quattro Mapuche avevano accettato di
sospendere il loro sciopero, dichiarandosi però pronti a
riprenderlo se le promesse del governo si fossero dimostrate vane.
Non si erano sbagliati. Dopo solo tre giorni lo sciopero è ripreso dopo che Bachelet si è rifiutata di dare udienza ad un esponente Mapuche confermando l'atteggiamento tenuto storicamente dalle classi dirigenti cilene, di qualunque orientamento politico, nei confronti delle popolazioni indigene. A questo punto si riconferma l'importanza del sostegno internazionale a questa lotta: in Cile l'autoritarismo non è finito con Pinochet!
Di seguito riportiamo il comunicato emesso dai Mapuche in lotta:
Noi prigionieri politici mapuche dichiariamo che ancora una volta, com'è avvenuto storicamente, il governo cileno non ha mantenuto la parola tradendo la nostra buona volontà e rispondendo con gli inganni al nostro gesto di fiducia nel sospendere lo sciopero della fame, che portavamo avanti da 63 giorni, esigendo la nostra giusta ed immediata liberazione, essendo coscienti della nostra innocenza, visto che tutte le accuse contro di noi sono menzogne, che apparteniamo ad un popolo che soffre ancora l'oppressione, la spoliazione e la violenza da parte di uno stato razzista e discriminante. Ci appelliamo a tutto il popolo mapuche, al popolo cileno e a tutti i popoli del mondo a riprendere la lotta e a non desistere perché a partire da oggi, 18 maggio 2006, a tempo indeterminato riprendiamo lo sciopero della fame, mettendo in pericolo la nostra vita per giungere alla liberazione che meritiamo.
Dall'ospedale Hernán Enriquez, Temuco
Per Terra, Giustizia e Libertà!
Jaime Marileo Saravia, Patricio Marileo Saravia, Juan Carlos Huenulao, Patricia Troncoso.
max