Umanità Nova, n 20 del 4 giugno 2006, anno 86
Tre sentenze a favore dei lavoratori
Era l'autunno del 2003. La puntata di "Report" del 7 ottobre era
dedicata al tema della sicurezza nelle ferrovie. Quattro lavoratori,
rei di aver concesso di aver testimoniato della pericolosità
crescente del trasporto su rotaia, vennero licenziati in tronco.
L'accusa? Aver messo in pericolo la sicurezza dei viaggiatori,
concedendo alla truppe televisiva di salire sul treno! Dopo tre anni e
due processi uno di loro, il capotreno Vito Belfiore, sarà
reintegrato al lavoro poiché i giudici della corte d'appello
hanno ritenuto illegittimo il suo licenziamento.
Da quell'ottobre gli incidenti anche gravissimi si sono moltiplicati
lungo i binari di un servizio pubblico gestito all'insegna del
profitto. Come ben sanno coloro che usano quotidianamente il treno per
lavoro o per studio la logica del profitto mal si concilia con la
sicurezza e l'efficienza del servizio.
Il degrado costante del sistema ferroviario e il peggioramento delle
condizioni di lavoro non possono essere denunciati: tre anni dopo la
vicenda che vide coinvolti i quattro ferrovieri colpevoli di aver
parlato con i giornalisti, la politica di Trenitalia non è
cambiata.
Sulla pagine di UN abbiamo in più di un'occasione riportato la
vicenda che il 4 febbraio di quest'anno ha visto protagonista Dante De
Angelis, macchinista delegato alla sicurezza che venne licenziato per
essersi rifiutato di condurre un treno sul quale era installato il
Vacma, un pedale considerato pericoloso da diverse ASL. Numerose
iniziative di lotta sono state intraprese dai lavoratori per chiedere
il reintegro del lavoratore.
Il 23 maggio il Gip di Bologna ha archiviato il procedimento penale per
interruzione di pubblico servizio a carico di Dante De Angelis
intrapreso a seguito della denuncia fatta da Trenitalia:
L'archiviazione è stata chiesta dallo stesso PM, che ha
sostenuto che l'accusa era inconsistente mentre valide e motivate le
ragioni del macchinista, che, rifiutando, da delegato alla sicurezza,
l'utilizzo del pedale "Vacma", non ha fatto che attenersi alle
normative previste dalla legge 626 che regola le condizioni di
sicurezza nei posti di lavoro.
Un'ultima vicenda di repressione nei confronti dei lavoratori in lotta
si è giocata in questi giorni nelle aule giudiziarie.
Sul numero 8 di Umanità Nova riferivamo del licenziamento di
otto operai della Fiat Alfa Romeo e della TNT di Pomigliano, accusati
di aver "turbato il regolare svolgimento delle assemblee generali",
svoltesi dopo la firma del contratto-bidone dei metalmeccanici. Tale
contratto venne contestato in numerose fabbriche, tra cui la Fiat di
Pomigliano, dove il tentativo di Cgil, Cisl e Uil di zittire le voci
critiche, provocò una forte reazione da parte di vasti gruppi di
operai. In otto, tra cui alcuni esponenti dello Slai Cobas, vennero
licenziati.
Questi lavoratori, a detta dell'azienda, avrebbero preso parte ad
un'assemblea in cui sarebbero volate uova e corpi contundenti
all'indirizzo dei sindacalisti di Cgil, Cisl e Uil. Questi ultimi hanno
ricevuto immediata solidarietà dai padroni che hanno buttato
fuori gli operai riottosi a sottoscrivere un accordo contrario ai loro
interessi.
Il 25 maggio il tribunale di Nola ha accolto il ricorso presentato dai
legali dei lavoratori ed ha condannato la Fiat e la TNT per
comportamento antisindacale, prescrivendo il reintegro dei licenziati
nel loro posto di lavoro.
In questi mesi gli otto lavoratori avevano ricevuto una certa
solidarietà e vi erano state iniziative di sciopero contro i
licenziamenti politici e contro il sabato lavorativo.
Queste tre vicende, conclusesi per fortuna in modo positivo per i
lavoratori coinvolti, pongono tuttavia un serio interrogativo sulle
difficoltà di uno scontro sul terreno del lavoro che, incapace
di imporre un diverso rapporto di forza nei confronti dei padroni,
è obbligato a rivolgersi ai giudici. Una legislazione di tutela
dei diritti, nata in seguito alle lotte vincenti nelle piazze e nei
posti di lavoro, offre una coperta a chi oggi, in un clima mutato, si
ribella allo strapotere dei padroni e dei sindacati embedded. Se
è tuttavia vero, come ben sappiamo, che il diritto è lo
specchio dei rapporti di forza all'interno di una società,
c'è il rischio, serio, che quella coperta possa un giorno
risultare troppo corta. Solo se lo scontro sociale riprenderà
vigore c'è possibilità di invertire la rotta. In questi
anni governi di tutti i colori e sindacati asserviti si sono adoperati
a ridurre i margini di garanzia. Basta pensare alle leggi antisciopero
o a quelle sul precariato. Grazie a queste leggi i diritti di tutti (o
quasi) si sono trasformati in privilegi per un numero sempre più
ridotto di lavoratori.
Ma. Ma.
Pisa. Repressione su repressione
A Pisa il 4 maggio scorso è scattata una operazione di polizia
che ha portato a dieci arresti (5 in carcere e 5 ai domiciliari) ed a
numerose perquisizioni, estese anche in altre regioni. Le vittime
principali di tanto accanimento repressivo sono, ancora una volta, gli
attivisti del gruppo ecologista "il Silvestre".
Questo nuova operazione arriva proprio mentre è in corso il
processo alle "COR" (vedi UN n.22 e n.40 del 2004), che vede tra gli
imputati anche buona parte degli arrestati. La nuova accusa, non
servirebbe nemmeno scriverlo, è il solito 270bis, in riferimento
ad un attentato ad un traliccio elettrico e ad una bomba carta contro
una agenzia di lavoro interinale.
Desta qualche perplessità il fatto che un avvenimento di tale
portata sia stato così poco seguito dai media nazionali, visto
che i famigerati "anarco-insurrezionalisi" sono in cima alla lista dei
pericoli pubblici.
A quanto è dato sapere dalla notizie fatte filtrare le accuse si
baserebbero, anche questa non è una novità, sulle solite
intercettazioni telefoniche e ambientali ma, soprattutto, sulle
attività del "Silvestre" che da anni hanno messo i suoi
attivisti al centro del mirino.
È evidente che, con un processo in corso, questa nuova accusa
sembra studiata apposta per aggravare la posizione giudiziaria di chi,
sebbene imputato per le COR, si trovava ancora in libertà.
Timidamente, oltre alle continue iniziative dei compagni degli
arrestati, anche altre realtà locali hanno diffuso comunicati di
solidarietà, il primo è stato quello del Comitato "Liberi
Tutti" di Pisa che sottolineava sia l'assurdità dell'accusa di
"terrorismo" che l'uso della carcerazione preventiva. Una
solidarietà che si è concretizzata sabato 27 maggio con
il passaggio e la sosta della street parade antiproibizionista
("Canapisa") davanti al carcere.
Entro l'estate dovrebbe terminare il processo alle COR che, stando alle
cronache dei giornali, si sta rivelando un procedimento basato su
"indizi di colpevolezza" piuttosto che su prove granitiche.
Caotico-info (Pisa)