Umanità Nova, n 20 del 4 giugno 2006, anno 86
Ci ha lasciato, all'età di 60 anni, il compagno Pasquale Masciotra di Isernia. Aveva iniziato la sua militanza anarchica da studente universitario di medicina, a Roma, dopo perigliose quanto fugaci frequentazioni dell'effimero gruppo XXII marzo. Si era avvicinato al movimento attraverso "Umanità Nova" (settimanale a cui darà per lungo tempo la sua collaborazione) aderendo quindi alla FAI sull'onda montante del '68 e della controinformazione sulla "strage di stato". Nei primi anni Settanta si trasferisce a Firenze per proseguire gli studi. Nel capoluogo toscano partecipa all'attività del "Durruti" e, insieme ad altri compagni, fonda nel 1973 il gruppo anarchico di discussione "Autogestione". Nel 1975 pubblica con Crescita Politica (insieme a Luigi Di Lembo, Saverio Craparo, Giancarlo Leoni, Marco Paganini e Gianni Cimbalo) il saggio "Ai compagni su: ristrutturazione e lotta di classe".
Partecipa al movimento del Settantasette da "indiano metropolitano" riconoscendosi quindi nella sua ala più creativa e dissacrante. A Bologna, durante la manifestazione internazionale del settembre contro la repressione e contro il regime DC-PCI è fra gli animatori del foltissimo "spezzone anarchico", parte dell'immenso corteo che attraversa la città. Nello stesso tempo è pienamente coinvolto e ben presente alle vicende interne della Federazione. Prende a cuore le sorti finanziarie del settimanale della FAI progettando e tentando soluzioni che ne garantissero una sopravvivenza più tranquilla. Interviene nell'acceso dibattito del periodo sulla ricostituzione dell'Unione Sindacale Italiana e sulle problematiche dell'intervento anarchico nel mondo del lavoro. Contrario alle ipotesi di strutturazione rapida e "dall'alto", favorevole quindi a tempi più lunghi per l'USI, ne scrive su "Umanità Nova", "Per l'Azione Diretta" (Firenze), "Assemblea Generale" (Reggio Emilia), "Contro" (Genova) e nella rivista trimestrale anarcosindacalista "Autogestione" (Milano, poi Roma, 1978-1984), esperienza quest'ultima di grande spessore a cui dà il suo prezioso contributo. In molti ancora lo ricordano per un suo intervento congressuale caratterizzato dall'affermazione "la FAI è un sentimento..." (sintesi del testuale "La FAI è un sentimento di inimicizia nei confronti dello Stato").
Si interessa di tematiche militanti ma approfondisce anche i suoi studi sull'antipsichiatria partecipando, con approccio libertario, all'esperienza contro i manicomi promossa da precursori come Basaglia e Tranchina.
Dopo la laurea rientra ad Isernia diventando primario di psichiatria nel locale ospedale. In un suo articolo pubblicato su "A Rivista anarchica" (n. 90/1981) – relazione ad un convegno scientifico dal titolo "Annotazioni cliniche: agitato, aggressivo, tranquillo, inquieto" – espone con chiarezza le sue posizioni di principio assolutamente contrarie alla repressione della "follia" mascherata da cura.
Eccone un passo significativo:
"...La società moderna nel momento stesso in cui stabilisce le libertà, i diritti ed i doveri dei cittadini, attribuisce allo Stato il compito della loro regolamentazione. Da ciò deriva il fatto che la sofferenza psichica prima ancora di essere un problema "medico" è un problema "giuridico-normativo". Ma la regolamentazione giuridica della "follia" non è mai andata oltre la enunciazione di sanzioni e provvedimenti esclusivamente punitivi (inabilitazione, interdizione e reclusione nei manicomi giudiziari). Per il resto la "follia" non ha trovato una sua sistemazione giuridica essendo il "folle", per definizione, privo della "imputabilità", e cioè di quella "capacità di intendere e volere" che è alla base dell'ordinamento giuridico dello stato di diritto.
Di conseguenza lo Stato ha delegato la scienza medica e le strutture
sanitarie al controllo della "follia". Tale controllo assolve al
duplice compito di difendere la società dalla "follia" (e dalle
"paure" che essa genera nella collettività) e dal potenziale
turbativo dell'ordine costituito che ad esse si accompagna. L'attuale
decentramento della assistenza sanitaria e psichiatrica è parte
integrante del più ampio decentramento
burocratico-amministrativo dello Stato e ad esso - inteso come apparato
per l'esercizio del potere in una società divisa in classi -
è tanto più funzionale quanto più precocemente
consente di individuare, controllare e spesso reprimere in modo
'medicalizzato' quei comportamenti che si esprimono come 'follia'...".
Alla compagna, al figlio Anteo le condoglianze sincere di chi l'ha conosciuto.
L' incaricato
I compagni così lo ricordano:
"Ci piace ricordare, Pasquale, la tua risata dissacrante che sovrastava "l'ala creativa" del movimento del '77.
Ci piace ricordare, Pasquale, quando, laureando in medicina, ricucisti
ad una compagna, con mano incerta, ma con la tua risata rassicurante,
la testa spaccata dalla manganellata di un poliziotto.
Ci piace ricordare, Pasquale, quando sedavi sterili litigi ideologici con la tua risata sempre ironica e mai offensiva.
Ci piace ricordare, Pasquale, la tua intelligenza, la tua
capacità di analisi, ma, soprattutto, la tua enorme
umanità.
Poi te ne tornasti alla tua Isernia.
Ci sei mancato, Pasquale, ma il ricordo della tua risata sarà
uno stimolo in più per portare avanti gli ideali che ci
accomunarono e che ci accomunano ancora."
Giampaolo (Firenze)
"...Nel dibattito tra 'radicalizzatori' ed 'allargatori' dei movimenti
era stato risolutamente partigiano della seconda opzione, ma era
riuscito a non farsi troppi nemici. Pasquale era appassionato, ironico,
generoso, incosciente (almeno da giovane), goloso, curioso
intellettualmente, amante della discussione in tutte le sue forme.
Detestava le scomuniche e le benedizioni. Come pure le parrocchie, le
mafie e le sette.
Chi lo ha conosciuto difficilmente potrà dimenticarlo".
Gianni (Parigi)
"...Malanni al cuore, un forte dimagrimento, hanno poi contrassegnato
il suo percorso umano allontanandolo, ma solo fisicamente, dal
movimento e dalla FAI che rimase per lui, sempre, un sentimento per la
realizzazione di quella 'patria anarchica' di cui fu convinto
assertore. Spiace non avere notizie più precise sugli ultimi
anni, ma forse è meglio ricordare Pasquale intorno ad un tavolo,
con una bottiglia di vino a mangiare un ormai famoso prosciutto, 'dono'
di un ristoratore fiorentino."
Massimo (Milano)
A Pasquale Masciotra
La FAI è un sentimento / toccò a Pasquale infine dirlo /
e non più tenerlo dentro, / mascherarlo con cipiglio / o
annegarlo in un sbadiglio / di un interminabile convegno. /
La FAI è un movimento / strutturato guarda caso / libero, lieve
quanto il vento / che non puoi dal tuo naso / impedire il vital afflato
/ pena non esser mai nato. /
La FAI è un "memento" / che difficile è il dimenticare /
se vivo il nostro desiderio / di un mondo nuovo e un po' lunare / come
diceva il buon Pasquale / fra il faceto, l'arguto, il serio.
Jules Èlysard