Umanità Nova, n 21 dell'11 giugno 2006, anno 86
Gli accordi internazionali
I paesi firmatari del Protocollo di Kyoto, durante il COP11 tenuto
nel mese di dicembre '05 a Montreal in Canada, hanno approvato
l'intenzione di prolungare il trattato anche dopo il 2012. Per quanto
riguarda il presente, gli aderenti COP/MOP1 (1) hanno deciso per
l'adozione definitiva degli accordi di Marrakech (COP7 del 2001) quelli
che, introducendo i CDM "meccanismi flessibili, " prevedevano la
possibilità di raggiungere gli obiettivi fissati non solo
attraverso una riduzione delle emissioni inquinanti ma anche tramite
l'acquisto di crediti da quei paesi che disponevano di quote
d'inquinanti non emesse e quindi "commerciabili" su scala globale. La
decisione della COP/MOP1 sostiene la necessità di estendere il
CDM ai periodi successivi al 2012, prolungando il termine per il
conteggio retroattivo dei crediti generati da progetti CDM. Viene
introdotto il sistema per la risoluzione delle controversie,
"compliance regime", anche se l'Arabia Saudita ha chiesto di emendare
il testo del protocollo rimandando la decisione finale al COP/MOP3. Il
negoziato sul futuro del Protocollo di Kyoto si basa in concreto solo
sul previsto avvio di seminari multilaterali finalizzati ad aprire il
dialogo su esperienze ed approcci strategici per un'azione di lungo
periodo di lotta al cambiamento climatico. Tale dialogo non
porterà a nessun tipo di obbligo vincolante per le parti della
Convenzione e non implicherà l'apertura di negoziati per nuovi
obblighi, tradotto dal burocratese, si cerca di riaprire un confronto
con gli Stati Uniti e gli altri associati nella Partnership
Asia-Pacifico dalla cui prima conferenza, tenuta a Sydney l'11 gennaio
2006, non sono emersi passi in avanti significativi. I paesi aderenti
al patto anti-Kyoto - USA, Australia, Cina, India Corea del sud e
Giappone (2) - hanno confermato il rifiuto ad ogni vincolo obbligatorio
sulle emissioni legando qualsiasi iniziativa alla volontarietà
di ciascun paese. Unico atto reale, la costituzione di un fondo di 128
milioni di dollari da destinare alla ricerca e sviluppo nel settore
delle nuove tecnologie, individuate nel carbone pulito, nucleare sicuro
e fonti rinnovabili. Naturalmente gli aggettivi pulito e sicuro sono
usati per esorcizzare le resistenze dell'opinione pubblica e non hanno,
ad oggi, alcuna giustificazione scientifica. Gli unici elementi di
oggettività si riferiscono al fatto che queste nazioni
comprendono i maggiori produttori e consumatori di carbone oltre che i
più interessati sostenitori dell'opzione nucleare.
I più recenti rapporti sul riscaldamento globale
Dalla lettura della relazione: "L'ambiente in Europa - stato e prospettive nel 2005", valutazione quinquennale di 31 paesi, che fornisce una descrizione dell'ambiente europeo, si apprende che la temperatura media dell'Europa è aumentata di 0,95 °C durante il XX secolo, aumento superiore del 35 % a quello medio globale di 0,7 gradi, e le temperature continueranno ad aumentare. L'Unione europea lo ha riconosciuto e si è prefissata l'obiettivo di limitare l'aumento globale della temperatura a 2 gradi oltre i livelli preindustriali. La relazione afferma "Non intervenendo in maniera efficace per alcuni decenni, a causa del riscaldamento globale le distese di ghiacci a nord si scioglieranno e da sud si accentuerà il fenomeno della desertificazione. La popolazione del continente potrebbe concentrarsi interamente nelle regioni centrali. Occorre ridurre le emissioni in maniera più decisa", ha dichiarato Jacqueline McGlade, direttore esecutivo dell'Agenzia europea dell'ambiente.
Contemporaneamente si rileva che la maggior parte dei Paesi europei sta concedendo alle proprie industrie delle generose quote di emissione per il periodo 2005-2007, dati contenuti nel rapporto della Commissione Europea sulle emissioni degli impianti inseriti nell'Emissions trading scheme - Ets (Schema di Commercio di Emissioni).
Commentando i recenti dati sull'Ets (che dovrebbe regolare lo scambio di permessi di emissione di CO2) a livello europeo, si rileva che le imprese inserite in questo sistema hanno emesso il 2,5% di quote in meno rispetto a quelle distribuite dai singoli governi, si potrebbe pensare ad un inaspettato risultato frutto di un meccanismo virtuoso. Molto più facile, invece, che gli Stati abbiano largheggiato nell'assegnare le quote nel timore di mettere troppo in difficoltà le proprie realtà produttive. Dai dati resi noti dalla Commissione europea relativi a 21 paesi su 25, si deduce che solo 6 Paesi hanno superato il tetto delle quote assegnate emettendo più del previsto, tra questi c'è l'Italia.
Secondo gli ambientalisti, i livelli di emissioni degli impianti consentite dall'Ets per il 2005, sono "diverse milioni di tonnellate al di sopra dei limiti utili a garantire un decremento dei gas serra, tale fatto ha distorto il mercato e provocato il declino del prezzo dell'anidride carbonica, riducendo così anche la credibilità dell'Ets". Naturalmente è valida anche l'ipotesi, denunciata da tempo, secondo cui dagli impianti sottoposti a regolamentazione vengono dichiarate emissioni più basse di quelle assegnate, così da "cautelarsi" dal conseguente obbligo di acquistare titoli di compensazione. Il conto che non verrà pagato dalle aziende, perché in regola sulla carta, sarà pagato poi da tutti noi, naturalmente.
Per la nota "legge della domanda e dell'offerta" una tonnellata di
emissioni di anidride carbonica, che all'entrata in vigore del trattato
costava 10 euro e nel corso del 2005 era salita a 20 euro, oggi si paga
circa 5 euro. Una prova indiretta che i governi europei permettono, di
fatto, alle imprese del continente di produrre quanta CO2 vogliono.
Entro il 30 giugno tutti i paesi devono presentare i nuovi piani
nazionali di allocazione delle emissioni, per il periodo 2008-2012. Chi
ancora ci crede ritiene indispensabile che la Commissione Europea
respinga i Pna che non presentino tetti di emissione ambiziosi.
Oltre l'Europa: i tropici avanzano
Allargando la visuale oltre i confini europei, secondo un'altra ricerca, i tropici starebbero avanzando, tanto che la recente siccità registrata nel sud-ovest dell'America e nell'Europa mediterranea sarebbe dovuta proprio a questo fenomeno rilevato dai ricercatori americani coordinati da Qiang Fu dell'università di Washington e descritto in un articolo pubblicato sulla rivista Science. Secondo gli autori questo dato potrebbe anche significare che "i deserti subtropicali si stanno espandendo verso le regioni popolate delle medie latitudini" e che potrebbe verificarsi un calo delle precipitazioni invernali nell'Europa del Sud, incluse le Alpi, mentre nell'emisfero australe il calo di piogge riguarderebbe l'Australia del Sud. L'espansione delle fasce tropicali, segnate a nord dal Tropico del Cancro e a sud dal Tropico del Capricorno, sarebbe di circa 2 gradi di latitudine, cioè i Tropici sarebbero avanzati di circa 225 chilometri le ragioni non sono certe. Gli esperti ipotizzano che potrebbe trattarsi sia di una naturale variazione climatica sia del surriscaldamento del pianeta dovuto all'effetto serra. Comunque, per arrivare alle conclusioni su questo fenomeno delle fasce tropicali, si sono raccolte le informazioni sulla temperatura dell'atmosfera attraverso i satelliti meteorologici in un arco di tempo compreso fra il 1979 e il 2005, variazioni così accentuate e in un periodo così breve difficilmente sono imputabili a cause naturali.
Le temperature globali continueranno ad aumentare tre volte in più rispetto a quanto previsto dalla maggior parte degli studiosi di tutto il mondo negli ultimi anni. L'allarme viene da un rapporto commissionato dal governo conservatore australiano del premier John Howard stilato dall'università nazionale di Canberra. Il titolo del rapporto è "Prove più forti ma nuove sfide: scienza del cambiamento climatico 2001-2005". Secondo i nuovi studi, effettuati su dati provenienti per la maggior parte dalle proiezioni del Ipcc (International Pannel of Climate Change) dell'Onu i rischi per la popolazione, oltre che per il pianeta e per i suoi ecosistemi, stanno aumentando in modo esponenziale. Le stime sul riscaldamento globale fino ad ora calcolate, sostiene lo studio, sono state tutte al ribasso. Se nei prossimi decenni le attività di inquinamento dell'uomo dovessero portare (come del resto è previsto) ad un raddoppiamento delle immissioni di C02 nell'atmosfera, la temperatura media globale dovrebbe innalzarsi in un ordine compreso fra 1,5 e 4,5 gradi centigradi.
Gli studiosi dell'università australiana hanno preso in
considerazione la combinazione di due fattori: l'impatto diretto della
maggiore diffusione di C02 nell'ambiente, ed i meccanismi di feedback
che aumenteranno il riscaldamento come, per esempio, i cambiamenti
nelle modalità di riflessione della luce solare da parte della
terra in conseguenza dello scioglimento dei ghiacci. È ormai
chiaro che quando si parla di cambiamento climatico non ci si riferisce
solo all'aumento della temperatura e alla siccità o allo
scioglimento dei ghiacci, ma anche eventi atmosferici estremi come
piogge torrenziali, inondazioni, uragani o mutamenti del flusso delle
correnti oceaniche.
Le furberie dei signori del profitto
Dopo molti anni, comunque, si è smesso di mettere in dubbio
l'esistenza del fenomeno del riscaldamento globale e di negare la
responsabilità delle attività umane come fattori
determinanti nell'incremento dell'effetto serra. Nello stesso tempo,
però, i signori del profitto, di fronte all'approfondimento
degli studi e in seguito all'evidenza delle prove si stanno prontamente
riciclando. Così, gli scettici della prima ora cercano di
sfruttare la situazione per rientrare nel business energetico
propagandando la soluzione del carbone pulito o del nucleare sicuro,
qualche furbetto è persino riuscito a far rientrare nelle fonti
energetiche alternative il CDR (combustibile da rifiuti) beccandosi
pure i fondi stanziati per le fonti rinnovabili. In quelle "nuove
sfide" che echeggiano nel titolo dello studio australiano, rientrano
forse le ipotesi di rivalutazione del vecchio carbone e del nucleare
dell'ultima generazione? Il rischio c'è, non è un caso
che si trovino proprio in Australia i maggiori giacimenti di uranio del
pianeta, né che il suo prezzo sia salito negli ultimi cinque
anni dai dieci dollari per libbra del 2001 ai circa 41 di oggi. Bisogna
prestare molta attenzione per non lasciare che, nella situazione di
emergenza, sia ancora la logica dei padroni del vapore a prevalere.
Anche i comportamenti individuali giocano la loro parte
Non si può scaricare tutta la responsabilità sui massimi sistemi, in questo caso anche i comportamenti individuali giocano un ruolo fondamentale. Ogni nord-americano consuma energia come due europei, una decina di cinesi, una quindicina di indiani o una trentina di africani, ma la disparità nei consumi energetici fra paesi ricchi e paesi poveri giunge fino ad un rapporto di 60 a 1 se si considerano il 10% delle nazioni più ricche e il 10% delle più povere.
Il 95% dell'energia utilizzata deriva dai combustibili fossili (petrolio, carbone, gas) una risorsa limitata e non rinnovabile si tratta comunque di energia solare fossile. Certo, disporre di energia in qualsiasi momento è utile e comodo ma per uscire dalla crisi energetica ed ecologica che si profila sempre più distintamente all'orizzonte è indispensabile puntare sul risparmio energetico e su una maggior efficienza nell'uso dell'energia oltre che sulla ricerca delle migliori tecnologie per poter utilizzare energie alternative.
Per comprendere meglio come incidono le nostre azioni quotidiane sui bilanci energetici globali, facciamo qualche esempio paragonando l'energia che può essere messa in campo da un essere umano con quella consumata dalle macchine di uso comune.
L'energia muscolare umana è stata impiegata per millenni come principale forma di generazione di lavoro, gli sfruttatori lo sanno bene, basti pensare alle deportazioni degli schiavisti che trasportavano "forza motrice umana" la dove serviva ai loro interessi. Proviamo ora ad usare il paragone con i cosiddetti "schiavi energetici", suggerito dal ricercatore Nicola Armaroli in un suo articolo. Un uomo riesce a sviluppare una potenza di 50 W in un'attività continuativa che duri più ore. La giornata lavorativa di 12 ore, di uno "schiavo energetico", garantirà la disponibilità di 600 W. Per tenere acceso con energia umana il computer, che sto usando per scrivere questo articolo, si richiede una potenza di 150 W vale a dire il lavoro continuativo di 3 persone. Fare un bucato con una lavatrice di classe A (modello tra i più efficienti energeticamente parlando) a 60°C equivarrebbe al lavoro di una quindicina di umani per un'ora, riscaldarsi con una stufa elettrica da 2,5kW corrisponde all'utilizzo dell'energia generata dal lavoro di 50 "schiavi energetici". Se ci spostiamo usando un'auto di media cilindrata con un motore da 80kW alla velocità di crociera usiamo il lavoro paragonabile all'attività di 1600 persone ed ogni volta che un Boeing 747 decolla da un aeroporto utilizza l'equivalente muscolare di 1.600.000 "schiavi energetici", vale a dire l'intera popolazione di una città come Milano.
All'energia necessaria al funzionamento delle varie macchine è necessario sommare quella impiegata nella fase costruttiva di ciascuna di esse e quella necessaria allo smaltimento una volta che l'apparecchiatura è giunta a fine vita; quelli esposti sono solo degli esempi per dare maggior consapevolezza dell'enorme quantità di energia che viene consumata nei paesi ricchi.
Concludiamo la carrellata ricordando che una centrale termoelettrica di grande potenza (800MW) potrebbe funzionare per "via muscolare" grazie al lavoro continuativo di oltre 16 milioni di persone, dato che in Italia sono installati 80.000 MW... ai lettori l'ultimo calcolo.
Anche se esistono ancora forme di sfruttamento simili a quelle dello schiavismo del XVII secolo è vero che oggi il lavoro degli "schiavi energetici" è garantito dai combustibili fossili, se tornassimo alla precedente equivalenza, per lo stile di vita di un cittadino statunitense sarebbero necessari un centinaio di schiavi energetici a disposizione 24 ore su 24, per un italiano ne basterebbero, si fa per dire, una trentina.
Quindi, tenuto conto che un litro di petrolio fornisce circa 1kWh vale a dire l'energia muscolare fornita da circa 20 umani contemporaneamente è facile capire come la società industriale si sia sviluppata grazie alla disponibilità del carbone prima e del petrolio poi. Quello che è necessario sottolineare è che il modello di sviluppo della società dell'usa e getta, dello spreco di energia, del capitalismo selvaggio o dal volto umano ha un costo sociale ed ambientale elevatissimo come dimostrano le disuguaglianze tra il mondo ricco e quello povero, le guerre per il controllo delle fonti energetiche, lo sfruttamento dell'ambiente di cui il cambiamento del clima è, in effetti, solo uno degli aspetti preoccupanti.
Soluzioni si troveranno? Probabilmente sì, ma è chiaro che potranno svilupparsi in una società autoritaria, in cui disuguaglianza e sfruttamento saranno la base dei rapporti sociali oppure in una società autogestita di liberi ed eguali; ad ognuno spetta di mettere in campo tutto il possibile per spingere nella direzione voluta.
MarTa
1) MOP1 = Meeting of Parties (primo Incontro delle parti aderenti e firmatarie del protocollo di Kyoto)
2) Giappone ha aderito al Protocollo di Kyoto ed anche alla Partnership Asia-Pacifco