Umanità Nova, n 22 del 18 giugno 2006, anno 86
Placido La Torre, oggi ottantaseienne, è sicuramente uno fra i nostri compagni più anziani. Attivo nel movimento anarchico fin dagli anni Quaranta, La Torre è stato uno dei fondatori della Federazione Anarchica Italiana nel lontano 1946 e per lungo tempo, finché le forze glielo hanno consentito, ha dato il suo prezioso contributo alla vita e all'attività del Movimento, sia nella nativa Messina che a livello nazionale. Avvocato affermato e a lungo disinteressatamente disponibile nelle molte cause che hanno reso necessario il suo intervento, studioso e colto intellettuale, La Torre fu non solo instancabile articolista e assiduo collaboratore di questo giornale, ma anche un raffinato e piacevole conferenziere, come testimonia il recente opuscolo - pubblicato dall'Istituto di Studi Storici "Salvemini" e curato da Carmelo Ferrara e dalla Biblioteca di Studi Sociali "Pietro Gori" di Messina - che raccoglie tre delle sue più belle conferenze. Un'iniziativa editoriale, questa, che non solo rende omaggio a questo compagno, ma che permette anche ai più giovani, e a quanti non l'hanno conosciuto, di apprezzarne le solide qualità intellettuali e di pensiero. La raccolta è arricchita dalla bella presentazione di Santi Fedele, oggi professore di Storia Contemporanea all'Università di Messina, ma un tempo, come lui stesso ricorda, studente liceale che frequentava con altri giovani lo studio del famoso avvocato che "con parole semplici e chiare spiegava loro in che cosa consistesse l'anarchia, cosa volessero gli anarchici, supportando le sue 'lezioni' con alcuni opuscoletti di propaganda".
Tre conferenze dunque che, nella diversità degli argomenti trattati, permettono di comprendere quanto vasti siano stati gli interessi di La Torre, e quali spunti fecondi abbia potuto trarre dal pensiero e dalla storia dell'anarchismo per una riflessione sulla ricchezza del movimento. Va quindi reso merito ai curatori, perché la felice scelta dei testi che vengono riproposti al lettore, permette di comprendere compiutamente il ruolo che ebbe Placido La Torre nella ripresa del movimento anarchico nei difficili anni del dopoguerra, non solo in Sicilia, ma a livello nazionale.
Nella prima delle tre conferenze, Società senza Stato, tenuta a Messina il 18 gennaio 1947, emerge la complessità del pensiero di La Torre, quando affronta uno dei momenti topici del pensiero antiautoritario. Già il titolo, nella sua semplicità, prefigura i contenuti sui quali si articolerà la conferenza, centrata sull'analisi del sorgere del libero vivere civile e associato e sul successivo sviluppo di un sistema coercitivo e artificiale che, sostituendosi al primo, genera inevitabilmente l'oppressione statale. L'inconciliabilità delle due opzioni è descritta con felice chiarezza espositiva, sostenuta dagli strumenti e dal linguaggio della dottrina e della filosofia politica e concetti come "democrazia" e "libertà" ritrovano il loro pieno significato. L'esito autoritario di questo processo storico, conseguenza dell'affermarsi della teoria della forza statale, diventa il convincente bersaglio polemico dell'oratore.
Di tutt'altro segno è la seconda conferenza, L'arte e la poesia di Pietro Gori, anche questa tenuta a Messina nel 1947. Qui si manifesta un altro degli aspetti del carattere e dell'umanesimo di La Torre, quale esplicita conseguenza dell'eredità malatestiana comune a lui come a tanti anarchici della sua generazione. L'anarchismo, infatti, è interpretato non solo come feconda teoria sociale, ma anche come insieme di sentimenti vissuti con passione e partecipazione. E infatti, per citare ancora l'introduzione di Fedele, "La Torre dimostra come in Pietro Gori l'intransigente difesa dei propri ideali e la lotta appassionata per il loro trionfo si coniugano e si intrecciano con sentimenti umanissimi quale l'amore filiale verso la madre in ansia per il figlio carcerato e la nostalgia per la natia Messina, trasfigurata nel ricordo del suo figlio lontano".
La terza conferenza, Errico Malatesta nel 50° anniversario della sua morte, che La Torre tenne il 17 luglio 1982 nell'affollatissima Aula consigliare della provincia di Ancona, ebbe un'importanza particolare. Ancona era ed è, infatti, la città-simbolo della vita e dell'azione del rivoluzionario campano, e quel cinquantenario vide raccolti nel capoluogo marchigiano anarchici convenuti da tutt'Italia e di tutte le tendenze. Mi è ancora più gradito rileggerla ora, perché anche io ero presente con altri compagni imolesi. Tra questi, ricordo con affetto Spartaco Borghi, che non aveva voluto mancare all'appuntamento per incontrare e ascoltare ancora una volta il compagno siciliano suo coetaneo. Fu una ricca lezione di storia, nella quale La Torre, in quella che forse fu l'ultima "uscita" pubblica nel continente, ripercorse l'avventura rivoluzionaria di Malatesta, mettendo l'accento sulla evoluzione del suo pensiero come inevitabile effetto del mutare delle circostanze. Quello stesso pensiero, solido e maturo, destinato a sedimentarsi come patrimonio ideologico e morale dell'anarchismo.
Voglio concludere questo breve omaggio citando la bella, ed estremamente significativa, conclusione della conferenza: "La libertà, l'eguaglianza e la fratellanza (o, meglio, quest'ultimo termine, da loro chiamato solidarietà) sono tre valori di cui l'uno è inconcepibile e senza significato in mancanza degli altri due. Anzi, i tre termini si riducono ad uno soltanto, dal momento che nessuno dei tre può trovare attuazione e realizzazione se non assieme agli altri due. E tale attuazione e realizzazione è possibile soltanto attraverso la pratica dell'anarchismo per l'anarchia, la quale ultima è, per l'appunto, la società degli uomini uguali, liberamente affratellati e uniti dal sentimento della solidarietà".
Massimo Ortalli