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Umanità Nova, n 23 del 25 giugno 2006, anno 86

La morale dei preti
Eclissi della ragione


In questi giorni è stato reso pubblico un documento della Pontificia Congregazione per la Famiglia, intitolato "Famiglia e procreazione umana". 

Non ho avuto ancora occasione di visionare l'intero documento e, per il momento, mi sono limitato a leggerne le varie frasi che i media hanno riportato, nonché a valutare i commenti che, come sempre, l'esternazione dell'ennesima struttura della curia papale romana ha suscitato.

Le parole espresse nel documento della Congregazione diretta da Alfonso Lòpez Trujillo sono le solite che, nell'ambito della morale familiare, la chiesa cattolica usa per attaccare chi cerca di trasformare la società in senso libertario. Nei fatti, nulla di nuovo. La morale familiare è sicuramente la branca più reazionaria della teologia vaticana e suscita polemiche feroci anche negli stessi ambienti cristiani. Al contrario, ne sono entusiasti i conservatori più beceri, insomma i soliti reazionari che, nascosti dietro il paravento della democrazia, si affannano a rendere la vita sociale peggiore per tutti, tranne che per se stessi, riuscendo spesso a far fare clamorosi passi indietro al progresso morale e civile della società tutta.

Tra le voci di dissenso che si sono levate per condannare il documento, credo sia opportuno sottolineare quella particolarmente accesa della pastora valdese Maria Bonafede, moderatrice della Tavola Valdese. La ministra ha dichiarato di essere  "...gravemente e negativamente sorpresa dai toni del Documento "Famiglia e procreazione umana". Le posizioni della Chiesa cattolica su temi come la famiglia, l'aborto, le coppie di fatto sono ampiamente noti e, in sé, il documento non dice assolutamente nulla di nuovo. In questo senso, ribadendo tesi quotidianamente espresse dal Papa, è un documento puramente pleonastico. Come credente evangelica rilevo che questo documento manca d'amore, è privo di ogni sguardo fraterno su chi soffre, su chi vive situazioni difficili e drammatiche. Non denuncia i pregiudizi e le violenze che in tante parti del mondo si compiono contro gli omosessuali o le ragazze madri; non dice nulla sulle violenze che si consumano anche all'interno di famiglie apparentemente rispettabili. Il documento, al contrario, giudica, condanna, invoca nuove leggi e pene più severe". La pastora chiude il proprio intervento chiedendosi dove mai sia possibile ritrovare i segni dell'amore di dio per le sue creature nel documento della Congregazione Pontificia. 

Ho ritenuto opportuno riportare la quasi totalità della dichiarazione di Maria Bonafede perché trovo che questa, al di là delle profonde differenze che possano esserci tra credenti e atei, tocchi alcune tematiche che non possono non trovarmi d'accordo.

La morale familiare cattolica, infatti, è portatrice di una violenza disumana, è carica di pregiudizi a danno di chi, da sempre, subisce la violenza e la discriminazione del pregiudizio reazionario.

Anche le affermazioni più innocue sono base e pretesto per il pregiudizio e la discriminazione. L'idea che la famiglia sia istituita da dio, o ancora peggio che sia un'istituzione "naturale", è infatti già il presupposto per una politica discriminatoria contro chi non apparterrebbe allo "stato di natura".

La chiesa cattolica se ne infischia del fatto che le scienze umane e sociali abbiano da tempo rilevato come anche il più piccolo gesto di ogni essere umano appartenga ad una categoria culturale e che solo attraverso di essa abbia senso e che, di conseguenza, non sia possibile distinguere negli atti, nei significati, nelle istituzioni umane, tra natura e cultura. La chiesa non si interessa dei progressi scientifici dell'umanità, perché è tesa esclusivamente a riaffermare i vincoli morali che le garantiscano un ruolo di potere sulle coscienze e sui comportamenti degli uomini.

Si ribadisce dunque la non naturalità delle coppie omosessuali (e presto dovremo cominciare a lottare perché concetti come quello di "natura" siano aboliti dal vocabolario machista e fascista di cattolici e reazionari), ma si tace di fronte alla violenza e alla ghettizzazione che la nostra società continua a perpetrare ai danni di esseri umani omosessuali.

Si dichiara l'aborto un crimine, ma non si spende una parola per la sofferenza di tante ragazze che arrivano a compiere questo passo, le quali poi, oltre all'angoscia personale, devono subire le violenze psichiche dei bigotti e dei preti, con il beneplacito dei mass media, che raramente spendono una parola in favore di quanti subiscono l'arroganza della morale clericale. 

La posta in gioco per la chiesa è quella di sempre, il potere sociale, da condividere con quelle frange sociali che in nome di valori falsi e violenti sono disposti a tendere la mano alla curia romana.

Paolo Iervese

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