Umanità Nova, n 24 del 2 luglio 2006, anno 86
Fare affidamento sul puro meccanismo economico non può risolvere il problema dell'emergenza sanitaria mondiale... (WHO - OMS, rapporto sulla Salute pubblica 2006)
Tre iniziali considerazioni consequenziali.
La natura cambia indipendentemente dall'economia, ma non dalla società.
I cambiamenti sociali, climatici, l'uso ormai secolare di alcuni
farmaci ed il relativo adattamento e sviluppo di resistenze da parte di
virus e batteri ha trasformato completamente il quadro epidemiologico e
le emergenze sanitarie su scala planetaria. Mentre fino a qualche anno
fa epidemiologicamente si poteva semplicemente dividere in due il
pianeta: dove le popolazioni che vivevano nel nord dell'emisfero
godevano di una aspettativa di vita più lunga e le cause di
morte erano legate a malattie croniche (infarto, tumori, diabete)
mentre il sud povero aveva una aspettativa di vita più bassa e
le cause di morte erano legate ad infezioni, oggi la situazione appare
a macchia di leopardo.
Se proviamo a considerare la vita media scopriamo che alcuni paesi sud
americani e caraibici hanno una aspettativa di vita di 78 anni e la
Grecia di 79 mentre gli USA di 76. Se ora confrontiamo le attese di
vita media della popolazione con il prodotto interno lordo (VM vs PIL)
abbiamo che il PIL medio annuo per persona per il centro America meno
di 10.000 USD, Grecia 17.000 e USA più di 34.000. Quindi
è evidente che oggi il PIL nazionale non è direttamente
correlato con le aspettative di vita delle persone. Attenzione, con
questo non si deve pensare che la patologia sia completamente
svincolata dalla storia sociale di una parte del mondo. Prendiamo
quello che sta succedendo nelle regioni sub-Sahariane. Le aspettative
di vita per Zimbawe, Kenia, Botswana avevano una aspettativa di vita di
65 anni fino al 1993, a seguito degli sconvolgimenti politici sociali
la mancanza di lotta contro le epidemie di malaria e HIV oggi l'
aspettativa di vita in quei paesi e di 40 anni.
Perché? Le malattie si sviluppano nel disagio sociale e nella
povertà: entrambe sono presenti anche nei paesi "ricchi".
Il disagio sociale si manifesta sempre di più anche in quelle
aree del pianeta che una volta erano protette. La perdita di
qualità e la privatizzazione dei servizi sanitari ha portato
all'esclusione dall'assistenza sanitaria di parti significative di
popolazione in Europa e Nord America. La medicina preventiva è
stata sacrificata a beneficio della medicina interventistica e allo
sviluppo di "nuovi"(vedi più avanti) farmaci. Potremmo dire che
la parola d'ordine in occidente negli ultimi venti anni è stata
"Meglio curare che prevenire". Tuttavia anche i presidi terapeutici
hanno risentito del loro invecchiamento un esempio per tutti: la
resistenza agli antibiotici di numerosi tipi batterici.
Dall'altro lato le recenti epidemie di HIV/AIDS e Tubercolosi hanno
colpito sia paesi ricchi che poveri e hanno trovato delle condizioni
sociali favorevoli come l'aumento della popolazione carceraria. Si
è dimostrato come le prigioni funzionino come importanti
"pabulum" dove i patogeni accrescono la loro carica infettiva per poi
contaminare le popolazioni non prigioniere circostanti (vedi
Umanità Nova, numero 24 del 3 luglio 2005, Anno 85 Morire di
galera La salute dietro le sbarre: dalla pena detentiva a quella
biologica).
Le leggi sull'immigrazione che hanno come risultato aumentare il numero
di lavoratori senza diritti sanitari che provengono da regioni del
pianeta dove alcune malattie infettive sono endemiche.
La previsione è che nel 2015 in Europa si morirà di nuovo
per tubercolosi, infezioni intestinali e delle vie respiratorie.
La crescita demografica asimmetrica e l'epidemiologia
Non è compito di quest'articolo analizzare qui le cause del
perché nei paesi più poveri ci sia una crescita
demografica impetuosa mentre in quelli ricchi si ha il fenomeno
inverso. Quello che qui occorre notare è che la popolazione che
cresce (Estremo e Medio Oriente, Africa) soffre di malattie come
Malaria, Bilharzosi (Malattia del Sonno), Dengue, West Nile febbre,
Ebola, etc verso le quali non esistono farmaci e non esiste nessuna
volontà delle multinazionali farmacologiche di sviluppare la
ricerca per curarle.
L'emergere di nuove malattie, l'aumento della popolazione colpita e la
tremenda rapidità nella loro diffusione su scala planetaria, la
povertà del repertorio di farmaci a disposizione per curare
vecchie e nuove malattie, hanno portato l'Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS - WHO) a redigere il documento: "Salute pubblica,
innovazione e diritti di proprietà intellettuale".
Si tratta di un poderoso documento di 228 pagine redatto da una task
force del OMS che ha come compito quello di analizzare l'emergenza
sanitaria verso la quale ci stiamo avviando e di proporre dei rimedi.
Quello che colpisce e l'associazione stretta tra salute e i diritti
sulla proprietà intellettuale.
Il documento cerca di sviluppare concretamente alcune analisi ed azioni
che hanno come obiettivo quello di conseguire i Millennium Development
Goals (Obiettivi di Sviluppo per il Millennio) stability dale Nazioni
Unite da raggiungere entro il 2015.
Le nazioni unite hanno convenuto che per garantire la sopravvivenza
della specie umana nel nuovo millennio vanno conseguiti I seguenti
obiettivi:
1) Riduzione della mortalità infantile dei 2/3
2) Riduzione mortalità materna dei 3/4
3) Ridurre ed invertire l'incidenza dell'HIV/AIDS
4) Ridurre ed invertire l'incidenza della malaria e tubercolosi
5) Dimezzare il numero di persone che vive al di sotto della soglia di povertà
6) Raggiungere l'istruzione elementare a livello universale/globale
7) Eliminare le differenze di genere nell'educazione
Quello che sorprende nell'analisi condotta dagli autori del documento
è che per la prima volta un organismo istituzionale dichiara che
le leggi del mercato non sono adeguate per affrontare l'emergenza
sanitaria che il pianeta sta vivendo. In particolare il fallimento
dell'industria farmaceutica e quindi delle leggi del mercato nel
promuovere la difesa della salute su scala mondiale. In particolare, il
limite maggiore per conseguire le finalità del Millennium goals
delle nazioni unite sono semplici, il mercato dell' industria
farmaceutica non è in grado di coprire le patologie di paesi
poveri, perché le malattie li presenti sono "orfane" non
studiate perché non economicamente vantaggiose. In altre parole
si produce quello che si può vendere, e se si producono farmaci
per malattie che affliggono i poveri non si rientra nel profitto.
Il mercato non riconosce malati ma clienti/consumatori, e questo si
scontra con gli obiettivi delle Nazioni Unite, da qui la richiesta di
un superamento della logica di mercato almeno nel campo della salute.
I diritti di proprietà intellettuale
Un ruolo importante nella creazione del mercato della salute è
dato da quelli che vengono definiti come diritti di proprietà
intellettuale, che servono a creare un monopolio sul farmaco ed
assicurare alla corporation che lo produce di poter decidere lei il
prezzo. Spesso questo sistema non permette campagne sanitarie efficaci
nei paesi a basso reddito. Questo sistema è stato recentemente
messo in discussione dalla rottura dei trattati che tutelano i diritti
intellettuali (TRIPs) vedi i casi del Sud Africa, Brasile di qualche
anno fa (vedi Da "Umanità Nova" n.38 del 4 novembre 2001
Globalizzazione e salute Potreste mai brevettare il sole?).
In un recente convegno della Farmindustria confederazione degli
industriali farmaceutici dal titolo: 1° giornata di studio sulla
proprietà intellettuale si sosteneva la tesi che i diritti di
proprietà intellettuale ed il relativo monopolio sulle
specialità farmaceutiche servisse: 1) a coprire i costi per la
messa a punto di nuovi farmaci (circa 500 mil USD) ed al potenziamento
della ricerca scientifica 2) ad incoraggiare i ricercatori ad assumersi
il rischio della messa a punto di nuovi farmaci, 3) a sostenere la
ricerca industriale che copre il 90% della produzione di farmaci e
vaccini., 4) a saldare industria con università.
Niente di più falso vediamo il perché.
Il brevetto non serve a coprire i costi ma serve per produrre profitto.
Dei 12-15 anni che occorrono all'immissione nella pratica clinica di un
nuovo farmaco attraverso le fasi di sperimentazione (I-IV) solo le
ultime fasi vengono gestite dalle imprese farmaceutiche spesso tramite
accordi con partner universitari e cinici pubblici tramite contratti di
studio extramurali (l'industria finanzia ricerche applicative in
strutture pubbliche), con enorme vantaggio economico per loro ed a
costo della ricerca di base e indipendente. Patentare un nuovo composto
con attività terapeutica varia a secondo del paese e delle sue
leggi che regolano la proprietà intellettuale, così
patentare un nuovo farmaco in India e cosa completamente differente se
il brevetto e emesso negli USA. Ovviamente anche i costi sono
enormemente diversi. Il diritto di proprietà non serve a portare
al letto del paziente la medicina giusta, perché spesso le
industrie sono così potenti da poter manipolare il personale
sanitario inducendolo ad utilizzare il farmaco più in voga o
meglio sponsorizzato, inoltre se il malato ha contratto una delle
malattie orfane o è delle parti del pianeta più povere
non ha nessun farmaco a disposizione. I brevetti non promuovono
l'innovazione scientifica. No perché la competizione e la
produzione farmaceutica in larga misura e di tipo incrementale e non
innovativo. La regola è che la ricerca farmaceutica lavora su
vecchie molecole cercando mi modificarle/migliorarle o su vecchi
principi terapeutici cercando farmaci più avanzati con meno
effetti collaterali: sono ormai più di 50 anni che il diuretico
è il farmaco principale contro l'ipertensione, anche se sul
mercato se ne trovano di varie generazioni con maggiori o minori
effetti collaterali.
Un nuovo scenario si sta creando.
Il monopolio dell'industria farmaceutica Europea e USA sta entrando in
crisi e potrebbe scontrarsi con nuovi protagonisti come India, Cina,
Cuba, Brasile che stanno sviluppando rapidamente competitive
attività di produzione farmaceutica, fornendo degli analoghi
(generici) ma con gli stessi principi attivi dei farmaci
commercializzati a caro costo dalle multinazionali della chimica.
Questo sviluppo si accompagna ad una crescita significativa dei settori
che si occupano di ricerca e sviluppo in questi paesi.
Paradossalmente il documento dell'WHO dopo aver svolto una buona
analisi delle cause che impediscono il conseguimento di un buon livello
di salute pubblica su scala mondiale (la proprietà
intellettuale, il monopolio dei farmaci etc.) nelle sue conclusioni
commette un errore fatale dichiarando che solo un utilizzo umanitario
della proprietà intellettuale può risolvere il problema;
cioè fornire ai paesi poveri medicine basso costo.
È assurda questa soluzione perché non rimuove le cause
che sono alla base delle diverse aspettative di vita del pianeta, non
porta ad una innovazione della medicina ed ad un aumento delle
possibilità terapeutiche, non genera ricerca per combattere le
malattie orfane.
La negazione del principio che la salute possa essere gestita come una
qualsiasi risorsa finanziaria, la distruzione dell'assioma
paziente=consumatore, l'innesco di iniziative che portino alla
creazione di strutture di ricerca e sviluppo medico diffuse nelle varie
parti del pianeta tutte impegnate allo studio e cura delle malattie
proprie di quelle aree potrebbe rappresentare una valida alternativa
cosi come l' eliminazione di qualsiasi privilegio monopolistico imposto
sulla salute dell' umanità.
Molly Macguire OACN-FAI