Umanità Nova, n 24 del 2 luglio 2006, anno 86
Un passo indietro. La vera rottura materiale e simbolica sul piano
della collocazione di manodopera in Italia avviene nel 1996 con
l'approvazione del pacchetto Treu. Per la prima volta, infatti, viene
sancito il principio che il lavoratore possa non dipendere dall'azienda
per la quale lavora: attraverso l'introduzione del lavoro interinale
(ad interim, dal latino, a tempo) il lavoratore può essere
affittato per un tempo determinato, in condizioni subordinate, presso
un'azienda richiedente. Il contratto di lavoro viene stipulato tra il
lavoratore e l'agenzia interinale (ora di somministrazione) ed il
recesso, così come la stipula, del contratto avviene in duplice
maniera: dapprima con l'azienda richiedente e poi con il lavoratore.
Questo significa che il lavoratore non ha alcun tipo di relazione
formale (contrattuale) con l'azienda per cui lavora: dipende in tutto e
per tutto dall'agenzia in affitto. A questo punto, una volta violato il
principio, così come avviene per il sistema pensionistico, si
apre un'autostrada di possibilità peggiorative, di cui la legge
Biagi non rappresenta che l'apice del processo. Ma se non fosse
avvenuto quel passaggio tutto il resto sarebbe da discutere.
Cosa fanno oggi e chi sono i soggetti abilitati all'intermediazione di manodopera.
- Intermediazione di manodopera; ovvero mediazione tra domanda ed
offerta di lavoro, raccolta dei curriculum, preselezione e costituzione
di banca dati, promozione dei servizi offerti e quindi anche dei
lavoratori che, in questo senso, recuperano appieno, anche dal punto di
vista ideologico, la loro funzione di merce.
- Ricerca e selezione del personale; ovvero collocazione vera e propria
di personale previa selezione su mandato dei committenti aziendali;
- Ricollocazione; ovvero sistemazione di personale in eccesso o per
motivi di cessazione attività o per mobilità sia
collettive che individuali, anche previo accordo sindacale. Tradotto
significa che i sindacati co-gestiranno i processi di smobilitazione
industriale per poi allocare denari a società a loro collegate,
che si premuniranno di cercare lavoro a quelle stesse persone che hanno
sostenuto, con diverso abito, a far licenziare. Conflitto di interessi?
- Somministrazione di lavoro; ovvero fornitura (affitto) di personale a tempo determinato o indeterminato
I soggetti abilitati
I soggetti che saranno abilitati a svolgere le mansioni sopradescritte,
previa autorizzazione del ministero del Lavoro, verranno inseriti in un
Albo nazionale a sua volta diviso in cinque sezioni:
a) Agenzie di somministrazione di lavoro abilitate allo svolgimento di tutte le attività;
b) Agenzie abilitate alla somministrazione d lavoro a tempo determinato;
c) Agenzie di intermediazione;
d) Agenzie di ricerca e selezione di personale;
e) Agenzie di supporto alla ricollocazione professionale.
Ma la vera domanda, al di là delle classificazioni
istituzionali, è: chi potrà svolgere tutte queste
mansioni?
Università pubbliche e private.
Fondazioni universitarie (senza fini di lucro) che abbiano come oggetto sociale l'alta formazione.
Comuni.
Camere di Commercio
Scuola secondaria superiore pubblica e privata
Associazioni di datori di lavoro: Confindustria, Confapi, Confartigianato, Confcommercio, Confagricoltura...
Sindacati maggiormente rappresentativi e firmatari dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro: CGIL; CISL; UIL....
Associazioni che abbaino come oggetto sociale la tutela e l'assistenza
delle attività imprenditoriali, del lavoro e delle
disabilità
Enti bilaterali
L'Ordine Nazionale dei Consulenti del Lavoro tramite una Fondazione istituita ad hoc ed iscritta ad un albo nazionale.
Ed infine anche i Centri per l'Impiego e le già costituite agenzie di somministrazione (interinali).
Lo Stato
Per chi non lo sapesse la legge Biagi non si applica al settore
pubblico dove vige invece il vecchio pacchetto Treu: tutto ciò
non ha impedito di creare all'interno delle diverse amministrazioni
pubbliche un esercito vero e proprio di precari: allo stato attuale
siamo a circa 350.000 unità. Gli strumenti utilizzati dalle
amministrazioni pubbliche sono essenzialmente i seguenti:
Ricorso alle agenzie di somministrazione (interinali)
Stipula di contratti co.co.co (giacché i co.progetto sono legati alla legge Biagi)
Esternalizzazioni di servizi interni a soggetti esterni, i quali,
proprio perché privati possono applicare i vari contratti
previsti dalla Biagi (cooperative, enti di formazione, società
di consulenza ecc.)
Tirocinii
Gli scontri in atto ed i soggetti proponenti.
A fronte di questa situazione disperante vi sono in atto alcuni
soggetti sociali, visibili, che si stanno scontrando sul merito
del che fare. Provo a riassumerli, tenendo in debito conto che i
confini tra le proposte ed i proponenti spesso si intersecano e si
confondono tra loro.
La maggioranza governativa (nessuno escluso): ritiene che nel contesto
attuale la flessibilità sia comunque un bene che va incontro
alle esigenze produttive delle aziende e tenta di costruire un
iperbolica differenziazione tra la suddetta flessibilità e la
precarietà. Essa sostiene che ciò che lo Stato dovrebbe
garantire sono le condizioni passaggio tra un contratto a termine e
l'altro attraverso l'introduzione di nuovi ammortizzatori sociali:
formazione, orientamento, salari minimi di reinserimento lavorativo
etc. Questi dispositivi, alcuni dei quali già in atto presso
amministrazioni pubbliche regionali e provinciali, sono utilizzati come
strumenti di controllo sociale, la cui efficacia stà nel
predisporre forme di aiuto fortemente soggette alla revoca (quindi
ricattabili), destinate a numeri esigui della popolazione, alle volte
infinitesimali, in cui le proposte di sostegno sono a dir poco
assolutamente inadeguate ai bisogni dei richiedenti. Prevale in quasi
tutte queste situazioni la richiesta, di matrice cattolica, dell'
"essere all'altezza" (morale) del sostegno dello Stato
Parti significative dei movimenti legati ad alcune aree dei centri
sociali e di associazionismo vario (ex-disobbedienza, sindacati di
base, associazioni, collettivi..) In maniera molto diversificata, a
volte strumentale (vedi parti del sindacalismo di base su cui
tornerò in seguito) sostengono che nella trasformazione
sostanziale del capitalismo odierno e dello stato nella sua funzione
ridistribuiva non esistano più le condizioni per forme
"tradizionali" di lotta di classe (capitale-lavoro), per cui spingono
perché il sistema di potere riconosca la bontà delle loro
analisi e soprattutto quella che fonda la produttività in ogni
elemento della esistenza, ovvero dalle attività cognitive ed
immateriali a quelle sociali, del tempo libero e del consumo. In questo
modo essi estendono la materialità della produzione in ogni
istante della propria esistenza, esistenza consumata dentro una azienda
totale, totalizzante ma altrettanto invisibile ed impalpabile. Si
tratta, a mio parere, di una logica estensione delle teorie
sull'operaio massa e poi sull'operaio sociale. In questa azienda
totale, dove ogni momento è anche momento di produzione, lo
Stato si dovrebbe far carico di remunerare la produttività
diffusa attraverso il riconoscimento di un reddito di cittadinanza,
ovvero di esistenza. In questo caso non c'è un superamento del
precariato, quanto una sua strutturazione sistemica.
Gli statalisti-nazionalizzatori. Questa componente è
rappresentata al meglio da alcune sigle sindacali di base (RdB tra
tutte) che hanno ricercato collegamenti con il gruppo precedente,
smorzando volutamente alcuni elementi propri e caratterizzanti, per
cercare una convergenza di movimento e soprattutto di piazza: gli uni
forti dell'organizzazione e gli altri potenti nella mobilitazione, ma
credo che il feeling vero si fermi qui. La loro proposta è
semplice ed essenziale: assunzione di tutt* i precari nella pubblica
amministrazione, divieto di intermediazione di manodopera,
nonché di esternalizzazione dei processi produttivi (cessioni di
rami d'azienda ma non solo) e nazionalizzazione di tutti le strutture
produttive essenziali per un paese: trasporti, energia, gas... a cui fa
da corollario un sistema nazionale fortemente centralizzato. L'azione
sindacale di questi soggetti sta cercando ultimamente di fare perno
anche su soggetti presenti nelle istituzioni, ed alcuni partiti in
particolare: Pdci, Verdi (la componente sociale), alcuni pezzi di
Rifondazione e la sinistra DS (Salvi)
E poi...
il movimento anarchico che, a mio parere, vive due tipologie di difficoltà:
la prima di carattere ideologico: pur essendo il movimento fortemente
impegnato nello scontro sociale e di classe paga la difficoltà
di essere, per sua natura, antistatuale oltre che antistatalista.
Questa difficoltà intrinseca, se da una parte schiera il
movimento anarchico, senza alcuna remora, a difesa degli interessi dei
lavoratori, precari etc, dall'altra non lo annovera tra i promotori di
soluzioni in grado di affrontare la situazione in atto. Se
nazionalizzazione/statalizzazione non sono risposte adeguate,
sicuramente non lo sono neppure il salario minimo o quello di
cittadinanza.
L'appartenenza di diversi compagn* ad altrettante sigle o strutture
sindacali: indubbiamente un bene per la pluralità
dell'intervento sociale, sicuramente un limite per una possibile
sintesi.
Alcune brevi proposte:
Ribadire dove si lotta i principi per i quali si lotta e le finalità alle quali si vuole tendere.
Metodo: favorire, sostenere e promuovere, dentro e fuori le strutture
sindacali le forme di aggregazione e di lotta autonome, auto-dirette,
ed autogestite.
Lavorare perché le strutture sindacali siano realmente autonome
non solo dal potere politico ma anche da ogni forma di supporto
istituzionale.
Pietro Stara