Umanità Nova, n 25 del 16 luglio 2006, anno 86
La vita è imprevedibile, non basta fare i calcoli, ci vuole anche fortuna. I politici lo sanno e, per accreditare la loro immagine di vincenti, si attribuiscono anche doti taumaturgiche.
Per Prodi, qualche agiografo si è addirittura inventato il fattore "qu" (nel senso di culo), di cui il personaggio sarebbe dotato, non solo fisicamente.
È che certe volte viene il dubbio che sia pure vero.
Il governo avrebbe dovuto fare un intervento sui conti pubblici entro l'estate a causa dello sforamento dei parametri.
La manovra di metà anno viene generalmente chiamata, con quel linguaggio politico a metà strada tra l'accademia d'alta amministrazione e l'asilo infantile, "manovrina" ed è basata, tipicamente, sull'aumento delle entrate, visto che a metà anno risulta molto difficile intervenire sulla spesa pubblica, di solito già impegnata ed assegnata.
Il governo, invece di essere costretto a decidere quali imposte aumentare si è trovato, a sorpresa, un incremento delle entrate dello stato dovuto a fattori del tutto casuali.
Siccome è aumentato il petrolio (e i prezzi in generale) sono aumentate le imposte indirette, gli aumenti contrattuali rinviati al 2006 hanno causato un aumento delle imposte dirette, per le richieste di regolarizzazione degli immigrati sono aumentati anche i contributi versati e, ciliegina sulla torta, c'è stata una inattesa crescita del PIL: insomma senza fare niente le entrate statali sono aumentate del 8,7%. A quel punto per fare la manovra bis gli è bastato prevedere alcune novità per agevolare i controlli sull'evasione fiscale, eliminare alcune norme che consentivano l'elusione fiscale, aumentare qualcosina, e la manovra era fatta.
Se questo risolveva il problema dei conti pubblici non risolveva però il problema politico di Prodi.
Il governo stava andando avanti con il "tira a campà", sembra una riedizione di quelli che una volta si chiamavano "governi balneari". Stanno tutti aspettando che il centrodestra faccia fuori Berlusconi, per far saltare il governo e, dipendentemente dagli scenari, andare a votare o fare una "grosse koalition" alla tedesca, con centrodestra e centrosinistra uniti al governo.
Prodi sembrava rassegnato al ruolo di piccione nel tiro al piccione, colpito, nelle ultime settimane, anche da giornalisti "amici" e con la maggioranza parlamentare legata alle crisi etiliche di Kossiga e alle influenze della Montalcini.
Per uscire dall'angolo Prodi ha allora inserito, d'accordo con Bersani e all'insaputa di tutto il resto del governo, alcune norme "di liberalizzazione" nel decreto sulla manovra bis.
Una delle previsioni è stata la possibilità di vendita dei farmaci da banco anche nei supermercati. Non si capiva perché il latte in polvere dovesse essere venduto solo in farmacia con il risultato di farlo costare quattro volte di più che nel resto d'Europa e di scatenare pericolose autoorganizzazioni di mamme che andavano a prenderlo oltrefrontiera. La norma era data per certa, visto che era stata richiesta a gran voce e con relativa raccolta firme dalla più grande catena di distribuzione italiana: la Coop. Con i proventi dalla vendita di cosmetici e latte in polvere magari stavolta riusciranno pure a comprare la BNL.
Alcune norme hanno riguardato le attività professionali (abolizione della tariffa minima, possibilità di associazioni interprofessionali, pubblicità), l'impressione è che incidano per lo più sul potere degli ordini professionali che sui singoli professionisti: si potrà negoziare la parcella e legarla all'esito del servizio reso, ma, come di consueto, probabilmente riguarderà solo i più giovani ed in cerca di affermazione e fama.
Fa sorridere l'ingenuità con cui è stata accolta la norma che consente ad un agente assicurativo di avere rapporti con più compagnie. È stata presentata come un modo per ridurre i costi ai clienti dei servizi assicurativi. Ora, secondo voi, un agente assicurativo proporrà al proprio cliente la polizza più conveniente per il cliente stesso o quella che gli garantisce la provvigione più alta?
Completamente sotto silenzio è invece passata la norma che consente la privatizzazione di tratte di trasporto pubblico locale. I privati potranno gestire anche singole linee. Probabilmente si creeranno un servizio di serie "A", affidato ai privati, nelle zone turistiche e di lusso delle città ed un servizio di serie "B", gestito dalla municipalizzata, nelle periferie.
Ma la cosa che ha caratterizzato più di tutte il decreto è stata la "liberalizzazione" dei taxi.
I tassisti godono di una pessima fama. Il servizio è estremamente caro, talvolta truffaldino. In alcune ore e su alcuni percorsi i taxi sono introvabili. Tutti i comuni che hanno provato ad aumentare il numero delle licenze si sono trovati la fortissima opposizione della categoria che usa la licenza, venduta per alcune centinaia di migliaia di euro, come fosse il trattamento di fine rapporto.
Il decreto prevede che il comune possa vendere "a titolo oneroso", ad una persona, più licenze taxi e che questi possa assumere autisti per utilizzarle. Si creano, insomma, società private nel settore taxi.
L'effetto combinato dell'aumento del numero delle licenze e della nascita di società private dovrebbe far scendere i prezzi e aumentare il numero dei taxi disponibili.
Questa secondo cui la creazione di imprese private debba far scendere il prezzo dei beni è la solita favoletta che la sinistra racconta quando deve privatizzare qualcosa mentre non è assolutamente certo che le cose vadano così!
Come nel caso della benzina e delle assicurazioni (tanto per rimanere nel settore) la cosa più facile è che i privati si mettano d'accordo tra loro i costi si alzino ulteriormente.
L'unico effetto certo è che le licenze dei tassisti varranno molto poco e che quello del tassista diverrà un lavoro paragonabile a quello dell'addetto al call center o del fattorino del pony express.
C'è anche da dire che, a causa dell'impopolarità di cui la categoria gode, con l'attenzione della gente calamitata dai mondiali di calcio e con il "generale agosto" alle porte, sarà molto difficile che l'opposizione dei tassisti, sfruttata a fini elettorali da AN, possa portare a qualche risultato.
Il governo ha, infine, presentato il documento di programmazione economica e finanziaria (DPEF) che illustra le linee guida della prossima politica economica.
L'unica misura con effetti immediati è la fissazione del tasso di inflazione programmata, che è quello a cui avverranno i rinnovi contrattuali. Dal 2000 ad oggi i tassi di inflazione programmata (1.5%, 1,7%, 1,2%, 1,4% 1,3%, 1,6%) hanno avuto un andamento altalenante rispetto all'inflazione reale (2,6%, 2,7%, 2,5%, 2,5%, 2,0%, 1,7%) negli ultimi anni la differenza è divenuta meno significativa, forse proprio per evitare che i lavoratori capissero che questo modo di fare i rinnovi contrattuali conveniva a tutti tranne che a loro, che si trovavano a pagare la parte più alta dell'aumento dei prezzi. Il DPEF di quest'anno prosegue in questa linea fissando l'inflazione programmata al 2%, con buona pace dei sindacati concertativi che, da buone mosche cocchiere, vantano il loro ruolo nel portarlo a quel livello dall'"inaccettabile 1,9%".
Per il resto il DPEF non annuncia nulla di buono. Visto che hanno scelto di non fare come Berlusconi, che per far quadrare i conti ci inseriva valori impossibili di crescita del PIL, con i valori verosimili di incremento del PIL che hanno inserito, l'unica alternativa per far quadrare i conti e portare il deficit del 2007 sotto il 3% previsto dagli accordi di Maastricht è di fare una finanziaria per più di due punti di PIL.
Visto che non vogliono aumentare le tasse, al massimo limitare
l'evasione fiscale, e che l'80% delle spese dello stato sono per
sanità, pensioni, pubblico impiego ed enti locali ecco dove
andranno a tagliare.
Sempre che questo governo arrivi a mangiare il panettone...
FRK