Umanità Nova, n 25 del 16 luglio 2006, anno 86
Agrigento: a giudizio i tre della Cap Anamur
I tre ufficiali della nave Cap Anamur che nell'estate del 2004
soccorsero in mare e portarono in Italia 37 profughi africani, saranno
processati per "favoreggiamento dell'immigrazione clandestina". Questa
la decisione del gup del tribunale di Agrigento, Luisa Turco, che ha
ordinato il rinvio a giudizio per Elias Bierdel, presidente
dell'associazione Cap Anamur, Vladimir Dachkevitce, primo ufficiale e
Stefan Schmidt, comandante della nave. L'accusa è quella di aver
violato la legge Bossi-Fini.
Alla fine del mese di giugno di due anni fa, la Cap Anamur, battente
bandiera tedesca, soccorse nel mar Mediterraneo un gommone alla deriva
proveniente dalle coste libiche, a 100 miglia da Lampedusa e a 180
miglia da Malta con 37 persone a bordo. Dopo aver atteso in mare per
circa 20 giorni l'autorizzazione a far sbarcare i migranti dopo un
vergognoso scaricabarile tra i governi di Italia, Malta e Germania,
alla nave tedesca fu dato il permesso di attraccare a Porto Empedocle.
Arrivati in porto, i tre ufficiali della nave furono arrestati,
sottoposti a interrogatorio e poi rilasciati. I 37 immigrati furono
portati al CPT di Agrigento e poi smistati in altri campi di
internamento nonostante una forte mobilitazione antirazzista di
carattere regionale che era cresciuta intorno a questo caso esemplare.
Va ricordato che in quell'occasione, proprio mentre rombavano i motori
dei pullman che avrebbero condotto i migranti nei CPT, Laura Boldrini
dell'Achnur e altri esponenti istituzionali della regione si
compiacquero apertamente dell'accoglienza che sarebbe stata offerta ai
profughi. Per la maggior parte di loro la permanenza in Italia
durò solo pochi giorni: 25 furono immediatamente espulsi e
deportati in Ghana dove furono accusati di alto tradimento. Una vicenda
sconcertante in cui la ragion di stato riuscì a stritolare tutto
e tutti.
Oggi, a due anni di distanza, la questione Cap Anamur viene trattata
come un normale problema di ordine pubblico attraverso un'operazione
repressiva che vuol dare continuità a una guerra senza sosta
agli immigrati e a chi lotta per la libertà di movimento.
TAZ laboratorio di comunicazione libertaria
Correggio: festa del comitato antifascista per i compagni 11 marzo
Giovedì 29 giugno al parco della memoria si è svolta la
festa antifascista "Libere Tutti" promossa dal comitato cittadino
antifascista cittadino 11 marzo". La serata è iniziata con una
abbondante gnoccata con salume, birra e vino; finita la cena si
è esibita la (a)band di Libera.
Dopo la performance musicale dei compagni modenesi sono susseguiti gli
interventi dei relatori della serata: il portavoce del comitato Umberto
Cappuccio ha letto una lettera di Francesco Caruso che ha giustificato
la sua assenza per motivi parlamentari, poi sono intervenuti Andrea
Gallo, Simone Bisacca e l'avv. Burani difensore degli otto compagni in
carcere a S.Vittore. Alla fine degli interventi ai quali hanno
assistito alcune centinaia di persone si è svolto il concerto di
Moni Ovadia.
Il comitato, vogliamo specificare, non ha il solo obbiettivo di
lavorare per la liberazione dei compagni arrestati, ma si è
imposto fin dalla sua nascita di continuare a lavorare anche in seguito
su tutti i campi concernenti l'antirazzismo e l'antifascismo.
Andrea Masselli
San Lorenzo del Vallo: no al termovalorizzatore della morte!
Il quotidiano la "Gazzetta del sud" il 6 luglio '06, nelle pagine
locali, pubblica un articolo dal titolo "San Lorenzo del Vallo,
proposta del sindaco Luciano Marranghello 'Si al termovalorizzatore'" a
firma di Franco Attanasio.
La cosa non ha in effetti colto di sorpresa le comunità del
comprensorio, perché in effetti la notizia è da un po' di
tempo che veniva ventilata dallo stesso sindaco e in ambienti a lui
vicini.
L'incazzatura popolare è risultata comunque subito enorme e non
solo perché l'opposizione alla proposta del sindaco risulta
netta e decisa, ma soprattutto per la forma plateale scelta dal primo
cittadino per dare la notizia, tipo: la regione Calabria se vuole
installare l'inceneritore nel nord della Regione oggi può farlo,
abbiamo già individuato il sito in località Fedula,
35.000 mq di terreno, e siamo pronti a riceverlo, pertanto sollecitiamo
la Regione stessa a fare il più in fretta possibile. Sempre il
sindaco, rivolgendosi poi ai cittadini promette loro che
dimezzerà la tassa comunale sui rifiuti solidi urbani e che li
porterà con più pullman in giro per l'Italia per visitare
degli inceneritori già installati, affinché si rendano
conto di come siano belli, carini e sicuri.
Per tutta risposta a San Lorenzo del Vallo si è già
costituito un comitato popolare contro l'inceneritore, mentre gli
Anarchici di San Lorenzo del Vallo, la Federazione Anarchica "Spixana"
– FAI (Federazione Anarchica Italiana), la FMB - Federazione
Municipale di Base di Spezzano Albanese, il Coordinamento degli
anarchici e libertari calabresi si sono subito fatti promotori di un
comunicato per denunciare a tutta l'opinione pubblica la vergognosa
proposta del sindaco di San Lorenzo del Vallo in merito alla
costruzione del termovalorizzatore, nel cuore della fiorente
agricoltura della Frazione di Fedula.
Nel comunicato/denuncia degli anarchici e dei libertari si legge fra
l'altro "il sindaco, proponendosi così platealmente alla Regione
Calabria come eroico paladino dei rifiuti e della morte, ha fatto, come
si suol dire, i conti senza l'oste; cosa che, sino ad oggi, nessun
sindaco del nord della Calabria aveva trovato lo stupido coraggio di
fare in maniera così palese, temendo giustamente l'acuirsi della
più che giusta protesta popolare che immediatamente è
scoppiata ad ogni minimo cenno riguardo l'installazione
dell'inceneritore; e difatti, sino ad oggi, questo maledetto
termovalorizzatore che la regione Calabria vuole a tutti i costi
installare nella provincia di Cosenza non è riuscito a trovare
ubicazione". Ribadisce inoltre il comunicato: "Anche nel nostro
territorio, questa sporca operazione non può e non deve trovare
spazio. Il nostro Territorio, la nostra Calabria, il nostro pianeta
Terra vogliono vivere e non morire dei cancri che gli inceneritori di
rifiuti, una volta installati, provocano a dismisura".
Gli anarchici, i libertari e le strutture territoriali di base
rivolgendosi poi alle comunità del comprensorio manifestano la
volontà di volersi attivare con una serie di iniziative
territoriali per informare le popolazioni sui pericoli a cui andrebbero
incontro la salute pubblica e l'ambiente, qualora questa oscena e
scellerata proposta del sindaco Marranghello dovesse diventare
realtà e si dicono pertanto disponibili a collaborare con
chiunque intenda decisamente opporsi alla stessa. Salutano
positivamente la costituzione del comitato popolare contro
l'inceneritore ed auspicano che si convochi quanto prima un'assemblea
popolare di piazza in San Lorenzo del Vallo per affossare la delirante
proposta avanzata alla Regione Calabria dal sindaco Marranghello.
Ricordano infine come impresari e tecnici navigati ingrossano i loro
portafogli ed elargiscono tangenti a politicanti altrettanto navigati
con simili progetti che seminano semplicemente distruzione per la vita
umana e quella ambientale e che pertanto non solo bisogna ribadire con
forza che a decidere sulle questioni territoriali devono essere tutti
coloro che nel territorio ci vivono e ci lavorano e non i sindaci
podestà di turno, ma necessita anche mobilitarsi da subito per
fermare con l'azione diretta popolare questa pestifera operazione
amministrativa del sindaco Marranghello che intende trasformare la
fiorente agricoltura di Fedula nonché l'intero comprensorio in
un vasto e lugubre cimitero.
Fatte salve le iniziative che potranno maturare in questi giorni a San
Lorenzo del Vallo, per gli anarchici ed i libertari l'appuntamento
prossimo sarà quello di Domenica 23 luglio nella vicina Spezzano
Albanese con mostra e comizio in Piazza; appuntamento in effetti
già da tempo fissato con altre motivazioni di natura locale
dalla Federazione Anarchica "Spixana" – FAI, ma che ora
accoglierà senza dubbio alcuno anche la protesta popolare contro
l'inceneritore.
L'incaricato
Pisa. Repressione: un teorema provato a metà
Come previsto (vedi UN n.20 del 4/6/06) è terminato il 7 luglio
scorso il processo alle "COR" che vedeva imputati undici attivisti del
gruppo ecologista pisano "Il Silvestre" (vedi UN n.22 e n.40 del 2004).
La sentenza, della quale non si conoscono ancora tutti i dettagli, ha
notevolmente ridimensionato il teorema accusatorio, come hanno dovuto
ammettere anche i giornali locali che negli ultimi anni hanno
contribuito non poco alla creazione dei mostri da sbattere in prima
pagina. Il verdetto ha visto sei condanne e cinque assoluzioni e le
pene dei condannati sono state ridotte della metà rispetto alle
richieste dell'accusa. Sia la difesa che l'accusa hanno annunciato il
ricorso in Cassazione. Accanto a queste (parzialmente) buone notizie,
le brutte sono che i giudici hanno riconosciuto i condannati colpevoli
del reato previsto dal famigerato 270bis, nonostante il processo sia
stato solo un grosso (a volte grossolano) accumulo di indizi, sospetti
e pesantemente influenzato dai pregiudizi che si sono stratificati nei
confronti del gruppo degli accusati. Anche in questo caso, nonostante
l'appetibilità dell'argomento, un processo ad un "gruppo
terrorista", la notizia non ha avuto - a livello nazionale - più
spazio di un lancio di agenzia di qualche riga.
Come già scritto su queste pagine (UN n.20), buona parte degli
imputati (sia quelli condannati che quelli assolti) sono stati
coinvolti da un paio di mesi in un nuovo procedimento giudiziario,
sempre basato sullo stesso tipo di accuse.
Visto l'esito del processo, è sempre più forte il
sospetto che l'accanimento repressivo contro questo gruppo di attivisti
non è ancora arrivato alla fine.
La mobilitazione, portata avanti dai compagni degli arrestati, che in
questi mesi è continuata senza sosta, si troverà quindi
presto a dover affrontare nuove scadenze.
Caotico-info (Pisa)
Trieste: no ai gas terminal!
Il primo luglio, in una torrida mattinata estiva, sono scese in piazza
più di 500 persone per manifestare contro la realizzazione di
due progetti di impianti di rigassificazione, uno off-shore e uno a
terra, previsti rispettivamente nel golfo triestino e nel Vallone di
Muggia, a pochi chilometri dal confine italo – sloveno. Il
problema più grave, ma non l'unico, riguarda la grave
alterazione dell'ecosistema marino e costiero, causata dalla forte
diminuzione della temperatura intorno alla struttura e al rilascio di
sostanze tossiche.
Alla manifestazione hanno partecipato, oltre a numerosi cittadini di
Trieste e Muggia e alle delegazioni provenienti dalla Slovenia e dalla
Croazia, che hanno affollato il molo antistante Piazza Unità
(dove sorgono Comune e Prefettura), anche alcune barche di pescatori,
che sarebbero tra i primi a subire l'impatto economico derivante dalla
costruzione dei rigassificatori.
La manifestazione è stata indetta dal Comitato per la
salvaguardia del Golfo di Trieste, insieme al quale hanno collaborato
altri due comitati cittadini e diverse associazioni ambientaliste.
Numerosi gli striscioni e i cartelli presenti, alcuni dei quali rivolti
contro la giunta regionale e il "governatore" Illy. Infatti la Regione
(di centro-sinistra) è uno dei principali sponsor dei
rigassificatori, anche perché la Friulia (l'ente finanziario
della regione) pare abbia già sancito un accordo con l'Endesa,
la società spagnola che gestirebbe il teminal off-shore.
Per il momento il Comune (centro-destra) e la Provincia
(centro-sinistra) di Trieste non si sbilanciano, incerti tra il
rendiconto economico e la ricerca del consenso, ma resta il fatto che i
rigassificatori siano bocconi troppo grossi per lasciarseli scappare: i
vantaggi derivanti dalla costruzione dei terminal per gli industriali
locali sono ingenti, e il consenso degli industriali conta molto di
più di quello della cittadinanza…
In ogni caso l'ottima partecipazione alla manifestazione di sabato
dimostra che la lotta è ancora lunga e non è affatto
persa in partenza.
La battaglia contro i rigassificatori è solo all'inizio.
Raffaele Viezzi
Schio: il governo autorizza l'apologia di fascismo
Domenica 9 luglio, per il quinto anno consecutivo, la città di
Schio (Vi) è stata teatro di un'adunata nazionale di reduci
della Repubblica di Salò e di tutta l'estrema destra che, col
pretesto di commemorare l'uccisione di una cinquantina di fascisti
avvenuta dopo la Liberazione, puntualmente diviene una manifestazione
inneggiante al nazifascismo.
Quest'anno, col governo di centrosinistra, il questore aveva reso noto
il divieto per il previsto corteo fascista, ma poi davanti alla
pressione dei circa 1.500 nostalgici e giovanotti con testa rasata,
provenienti da tutt'Italia, dopo un farsesca manfrina della polizia, ha
dato il via libera alla sfilata per motivi di "ordine pubblico", mentre
nella centrale piazza Rossi il consistente presidio degli antifascisti
veniva blindato dalle cosiddette forze dell'ordine e sorvegliato da un
elicottero.
Tra l'altro, anche all'interno della mobilitazione unitaria
antifascista, ci sono stati i sindacati confederali e i partiti di
sinistra che, dopo aver creduto alle promesse della questura, non hanno
poi voluto opporsi realmente alla sfilata fascista e si sono tirati
indietro facendo naufragare la possibilità di partire in corteo,
così come buona parte dei circa 400 antifascisti/e di ogni
tendenza presenti in piazza era disponibile a fare.
Emblematica, d'altra parte, l'interrogazione parlamentare di pochi
giorni prima della onorevole Valpiana del Prc che aveva riconosciuto ai
fascisti la "legittima volontà di piangere i 54 caduti
nell'efferato eccidio avvenuto nelle carceri di Schio nel luglio 1945
per mano di partigiani".
I compagni e le compagne anarchici del Veneto, attivamente presenti
anche quest'anno con bandiere e un banchetto per la diffusione della
nostra stampa, hanno appeso alla balconata del duomo, prospiciente la
piazza, uno striscione rosso-nero con la scritta solidale
"libertà per gli antifascisti".
UN reporter