Umanità Nova, n 26 del 3 settembre 2006, anno 86
La concessione di un indulto (cioè di uno sconto di pena) di
tre anni da parte della maggioranza prodiana con il decisivo contributo
di Forza Italia e Udc consente alcune riflessioni sul ruolo del diritto
penale e sul suo uso ed abuso nel nostro paese.
Il primo dato, da cui sono partiti anche i sostenitori dell'indulto,
è la presenza nelle carceri italiane di circa sessantamila
detenuti, di cui un buon terzo extracomunitari, mentre la capienza
delle carceri stesse è di gran lunga inferiore. Insomma, come si
suol dire, le carceri scoppiano. La situazione è la solita: la
gran parte dei detenuti non ha una pena definitiva e i reati che vanno
per la maggiore sono quelli contro il patrimonio (furti, rapine, ecc.)
e legati alla droga. Che il carcere funzioni da discarica sociale
è fatto noto ed accettato. Anzi, da anni si progettano nuove
carceri, in modo da ampliare la capienza generale del sistema
penitenziario e cercare di chiudere le strutture più vecchie e
fatiscenti. Insomma, più spazio e più efficienza. Nel
contempo, sono state approvate leggi sempre più repressive in
materia di immigrazione, sostanze stupefacenti e si è dato un
giro di vite nei confronti dei soggetti recidivi, cioè che hanno
commesso nel tempo più reati, limitando loro la fruizione di
certi benefici come pene alternative al carcere. Contemporaneamente
è stata riformata la materia della prescrizione dei reati (il
tempo entro il quale si deve pervenire ad una condanna definitiva) e si
sono tagliati i fondi all'amministrazione della giustizia
(difficoltà così a pagare gli straordinari al personale,
impossibilità di trascrivere i verbali di udienza, ecc.). Queste
due ultime misure sono state approvate dal passato governo di
centrodestra nell'ambito dello scontro con la magistratura, cui da un
lato si è reso più difficoltoso il lavoro (meno fondi,
meno tempo per arrivare a sentenze definitive), in modo da screditarne
ulteriormente l'immagine; dall'altro, con la pratica abrogazione dei
reati in materia societaria e di criminalità economica, si
è tolto un potente strumento contro classi dirigenti economiche
e politiche.
Insomma, negli ultimi anni avevamo assistito allo scontro politica contro magistratura e all'utilizzo del diritto penale per rafforzare l'immagine di legge&ordine cara alla destra nei confronti dei criminali comuni, inventandone di sana pianta anche di nuovi (si pensi a tutta la legislazione sull'immigrazione clandestina); al tempo stesso, i criminali economici, i c.d. colletti bianchi potevano dormire sonni più tranquilli.
La situazione penitenziaria ereditata dal governo Prodi era sicuramente pesante. Bisogna però ricordare che le modalità di intervento sull'ordinamento giuridico penale e su una situazione come quella fin qui descritta possono essere diverse. L'amnistia (che cancella proprio i reati e tutte le loro conseguenze) e l'indulto (che cancella una parte della pena) sono strumenti di clemenza eccezionali a carattere generale, dai quali possono essere esclusi alcuni reati specificamente indicati. Diverso è invece approvare leggi (anche nella forma d'urgenza del decreto legge) che toccano certi istituti giuridici come la prescrizione oppure che abrogano certi reati o ne diminuiscono la pena; oppure norme che allargano la possibilità di strumenti alternativi alla detenzione, ecc. Pensiamo soltanto cosa significherebbe in termini di abbattimento della criminalità diretta (spaccio) e indiretta (reati commessi al fine di procurarsi il denaro per l'acquisto) una legislazione antiproibizionista in materia di stupefacenti. O una diversa legge sull'immigrazione che ne cancelli la clandestinità.
Per l'attuale normativa, poi, amnistia ed indulto devono essere approvati con maggioranze qualificate tali che necessariamente devono trovare consensi anche nell'opposizione parlamentare. Chiaro che sui reati da escludere o meno dal provvedimento di clemenza vi è stato mercato. Con effetti su cui riflettere. Lo sconto di tre anni, anziché i soliti due: vero che così più saranno i beneficiari, ma vero anche che così certe condanne problematiche come quella di Previti a sei anni potranno essere ricondotte nell'alveo delle misure alternative alla detenzione. Cancellati tutti i reati legati a Genova 2001, commessi da chi ha torturato e pestato a Bolzaneto, alla scuola Diaz, in piazza. Cancellati molti reati legati a lotte sociali, ma ancora punita la promozione di associazione sovversiva. Cancellati i reati in materia di infortuni sul lavoro (non era mai successo nella storia della Repubblica). Così per corruzione e altri reati tipici di amministratori pubblici e politici. Salvati anche i protagonisti degli scandali economici e finanziari e dei crack come Parmalat, Cirio, ecc.
In realtà l'impressione che si trae è che una maggioranza debole abbia utilizzato lo strumento dell'indulto per aprire un canale verso l'opposizione in vista di futuri allargamenti della maggioranza e per ingraziarsi padroni e capitale, i poteri forti, per avere un'apertura di credito e non essere subito messa sotto pressione.
Significativa in questo senso proprio la non esclusione dall'indulto degli infortuni sul lavoro, anche mortali. Di fatto, nessun padrone è mai finito dentro per reati del genere, troppo basse comunque le pene e poi il patteggiamento consentiva di fruire della condizionale. Se era stato almeno risarcito il danno. Con l'indulto, poiché al termine del processo la possibilità di essere condannati finendo in galera è quasi zero per chi ha violato le norme antinfortunistiche, al padrone non converrà patteggiare dopo aver risarcito. La vittima dovrà farsi il suo bel processo in sede civile, con le note lungaggini e sperare alla fine in una sentenza favorevole. Morale palate di soldi risparmiati nell'immediato per padroni e le loro assicurazioni, che certo sono Mediolanum, ma anche Unipol...
Interessante la vicenda se letta assieme a quella dei processi per devastazione e saccheggio a carico di molti partecipanti a manifestazioni di piazza finite in qualche tafferuglio. Senza morti né feriti, per il solo fatto della partecipazione alla manifestazione, si rischiano da otto a quindici anni e carcere preventivo. Alcuni dei giovani antifascisti milanesi che protestavano contro la manifestazione in periodo elettorale dei neonazisti e neofascisti di fiamma tricolore ecc., con rito abbreviato (sconto di un terzo) e le attenuanti generiche sono stati condannati dal Tribunale di Milano a quattro anni di reclusione. Certo con l'indulto, la pena scende a un anno e le porte del carcere quindi non si apriranno per questi giovani. Ma resta il problema.
Il problema, cioè, della possibilità di contestare reati del genere per le manifestazioni di piazza, di iniziare procedimenti penali, di sottoporre a carcerazione preventiva, di intimidire e alla fine, davvero condannare ad anni e anni di galera per antifascismo dichiarato e manifestato. Resta il problema che chi manda al creatore un suo operaio la fa praticamente franca e chi dell'antifascismo fa lotta quotidiana concreta e non a parole rischia anni di galera. Resta il problema. Che non è il governo dell'unione. Ma il governo, punto e basta. Il governo che ha nel diritto penale uno degli strumenti principali per punire e premiare a suo uso e consumo. E questo governo ha già iniziato a farlo.
W.B.