Umanità Nova, n 26 del 3 settembre 2006, anno 86
Le condanne a quattro anni di reclusione con rito abbreviato comminate a diciotto degli antifascisti che manifestarono a Milano lo scorso 11 marzo contro il corteo fascista di Fiamma Tricolore pesano come un macigno sull'agibilità politica di ciascuno di noi.
Non si tratta semplicemente di una questione interna al movimento antifascista né di un affare privato di chi si dichiara militante. Molto più gravemente, si tratta di un attacco frontale mosso dallo stato italiano contro l'idea stessa di partecipazione e mobilitazione politica.
Ciò significa che, come spesso accade, il potere colpisce indistintamente attraverso una funzionale torsione delle sue stesse regole e dei suoi stessi codici che solo formalmente dovrebbero garantire diritti uguali per tutti, ma che nella sostanza si adattano alla volontà politica di chi esercita l'atto repressivo.
Con questa sentenza, la magistratura rivela pienamente la sua funzione ricorrendo alla fattispecie di reato del "concorso morale" per applicare il provvedimento repressivo non già sulla base della contestazione di fatti o comportamenti specifici bensì sulla base di una semplice partecipazione a una manifestazione o iniziativa pubblica: è sufficiente essere presenti per essere condannati, è sufficiente condividere il contenuto politico di una mobilitazione per essere denunciati, è sufficiente pensarla in un certo modo per essere colpiti.
Non ci sorprende affatto questo apparente crollo delle garanzie giuridiche di tutela della libertà di espressione perché sappiamo che nessun potere – nemmeno quello di un sistema democratico – può tollerare davvero il conflitto sociale.
In ogni caso, non possiamo non registrare l'estrema
pericolosità di questo laboratorio di repressione a cielo aperto
che è diventata l'Italia da quando a Genova nel luglio di cinque
anni fa si verificò un pesante salto di qualità nelle
strategie di totalitarismo democratico che in nome della guerra al suo
terrorismo ha di fatto dichiarato guerra alla libertà di tutte e
tutti.
La sentenza di Milano dimostra ancora una volta che l'unico soggetto
che davvero devasta e saccheggia è lo stato attraverso una
lucida volontà di annientamento di ogni forma di idee e pratiche
ad esso incompatibili.
Per rispedire al mittente il portato criminalizzante di questo attacco politico all'antifascismo è più che mai necessario riscoprire il desiderio dell'utopia e la volontà sovversiva nelle lotte che nessun tribunale potrà mai fermare.
Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana – FAI
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