Il 28 agosto le agenzie di stampa riportavano febbrilmente che il
Governo USA aveva fatto una dura autocritica a proposito del proprio
intervento dopo l'uragano Katrina che il 29 agosto del 2005 aveva
devastato la costa sud-orientale degli Stati Uniti. "Il nostro
obiettivo era assicurare case per i bisognosi, mi vergogno di dire che
quest'anno a New Orleans abbiamo fallito", così aveva dichiarato
Alphonso Jackson, segretario della HUD, United States Department of
Housing and Urban Development, il 28 agosto 2006 di fronte ai
giornalisti. Il discorso, definito da molti cronisti presenti
"ponderato e impeccabile" era però l'ennesimo abile scherzo
mediatico del collettivo di artisti-attivisti The Yes Men, che dopo il
clone del sito americano della WTO e quello della Dow Chemical Company,
con perfetto tempismo, un giorno prima dell'anniversario della
catastrofe dell'uragano Katrina, avevano creato un sito internet
identico all'originale (in questo caso la Housing Authority of New
Orleans), per poi diffondere comunicati e organizzare incontri e
conferenze stampa al posto dei reali rappresentanti.
Il falso degli Yes Men ha contribuito a riaprire la discussione
sull'uragano Katrina e i suoi effetti, un argomento che, esattamente ad
un anno dal disastro è tornato prepotentemente alla ribalta
anche per l'uscita del documentario When the Levees Broke: A Requiem in
Four Acts di Spike Lee (presentato in questi giorni alla mostra di
Venezia) e di molti libri sull'argomento.
L'uragano "Katrina" è stato un potente ciclone tropicale che ha
colpito gli USA tra il 28 e il 31 agosto dello scorso anno, causando
gravi danni nella costa sud-orientale (la cosiddetta Gulf Coast).
È stato uno dei peggiori disastri naturali degli Stati Uniti e
l'uragano più devastante e costoso che abbia mai flagellato il
paese dal 1900, anno dell'uragano Galverston, che uccise tra le 8.000 e
le 12.000 persone. Ad un anno dall'uragano mancano tuttora all'appello
ben 4mila persone (oltre ai 1.336 morti accertati). La devastazione,
inoltre, ha interrotto per mesi le forniture di carburante,
l'importazione e l'esportazione di beni. Almeno un milione di persone
sono rimaste senza casa, mentre in tutta la Gulf Coast, altri circa 5
milioni di persone sono state prive di corrente elettrica per almeno
due mesi prima di riattivarla. In particolare la città
più colpita dal disastro è stata New Orleans, dove vi
è stata la completa inondazione del 90% del territorio cittadino.
Davanti alla catastrofe, sono emerse da subito l'inefficienza e la
ferocia delle autorità cittadine e federali. Fra i principali
responsabili del disastro che ha investito la città vi è
sicuramente il suo primo cittadino Ray Nagin, il sindaco nero eletto
col voto dei bianchi che per non incorrere nella critica di un
eccessivo allarmismo e, soprattutto, per difendere gli interessi del
settore commerciale e alberghiero, ha emesso con colpevole ritardo, la
mattina del 28 agosto, l'ordinanza di evacuazione obbligatoria della
città, la prima di una catena di decisioni fallimentari che
costeranno la vita a migliaia di persone. Peggio ancora hanno saputo
fare le autorità federali, col Presidente Bush in testa che in
quei giorni, prima ancora di organizzare i soccorsi, ha inviato
l'esercito a pattugliare le strade per mantenere il rispetto
dell'ordine e delle proprietà private. Le immagini di anziani e
bambini, in maggioranza poveri eneri, che chiedevano cibo e assistenza,
fronteggiati nelle strade o nel famigerato Superdome da agenti di
polizia e soldati armati fino ai denti verranno giustificate dalle
notizie di razziatori e violentatori diffuse ad arte dai media.
Soltanto dopo parecchi giorni che i media di tutto il mondo avevano
raccontato panzane su panzane sulla quella specie di girone infernale
che sarebbe stato lo stadio del Superdome trasformato in centro
d'accoglienza, grazie al coraggioso reportage di un giornalista del
quotidiano britannico The Guardian si venne a scoprire che quasi tutte
le storie di stupri, omicidi, casi di cannibalismo etc. erano state
inventate di sana pianta per giustificare l'occupazione militare di New
Orleans e che nello stadio dei Saints decine di migliaia di persone
avevano trovato un rifugio estremo alla furia dell'uragano e, dopo
esser state abbandonate per giorni senza assistenza, nel clima malsano
di una città sommersa, con i cadaveri delle vittime lasciati nei
corridoi, avevano tentato in tutti i modi di uscire, di organizzarsi,
di trovare una risposta collettiva alla situazione disperata a cui la
colpevole incompetenza delle autorità le stava condannando.
Le stesse autorità non trovarono di meglio, nei giorni
successivi, che dipingere i rifugiati e i superstiti come una
moltitudine minacciosa di saccheggiatori e stupratori. Di fronte a chi
cercava in tutti i modi di non morire di fame e di sete, Bush
autorizzò la guardia nazionale ad aprire il fuoco per
ristabilire l'ordine contro chi era stato bollato con il marchio infame
di ladro e violentatore. Intanto, i suoi portavoce si affrettavano a
dire che sollevare la questione razziale a proposito dell'uragano
Katrina fosse solo "fonte di divisioni", mentre qualsiasi menzione
dell'origine razziale del massacro di New Orleans sarebbe stata solo un
intervento degli oppositori all'"agenda politica" dell'amministrazione.
Ad un anno da Katrina, i dati diffusi dall'organizzazione indipendente
Gulf Coast Reconstruction Watch ci parlano del dopo-Katrina come del
più grande e disumano sgombero di poveri e afro-americani mai
avvenuto negli USA dal termine della Guerra Civile americana alla fine
del 19° secolo.
A distanza di un anno, oltre 1,2 milioni di persone sono ancora
sfollate in Louisiana e Missouri, delle quali oltre 200.000 dalla sola
New Orleans, dove solo il 60% della città ha
l'elettricità che funziona e metà degli ospedali e tre
quarti degli asili rimangono chiusi.
Secondo lo storico Mike Davies, nella "ricostruzione" di New Orleans
è all'opera un vero e proprio "capitalismo della catastrofe" che
ha determinato le scelte delle autorità. Gli aiuti ai
proprietari della propria abitazione sono stati infatti approvati con
un ritardo di 10 mesi e, finora, niente è stato sborsato.
Ciò, però, non ha impedito al consiglio comunale di New
Orleans di approvare la City Ordinance 26031, che ha fissato al
29/08/06 il termine entro cui provvedere alla sistemazione della
propria casa, a rischio di essere demolita o espropriata.
Nell'anniversario dell'uragano Katrina, a New Orleans sono entrati in
funzione i bulldozer per radere al suolo tutte le case non ancora
ricostruite, quelle di proprietari che non tornati e per poter
espropriare la terra che sarà a disposizione della speculazione
edilizia.
Nel frattempo, pochissimo è stato stanziato per ricostruire le
abitazioni in affitto, mentre l'80% delle case popolari pubbliche sono
lasciate chiuse. Prima di Katrina, a New Orleans circa 49.000 persone
vivevano nelle case popolari o con sussidio per l'affitto.
Un anno dopo, a meno di mille persone è stato concesso di
tornare perché oltre 5.000 case popolari, sulle 7.100 totali,
sono ancora sbarrate nonostante oltre la metà siano agibili. Gli
affitti sono naturalmente balzati di quasi il 40%, contribuendo a
scacciare chi non ce la fa: l'American Community Survey stima che i
residenti afro-americani dell'area di New Orleans siano scesi dal 37 al
22 per cento, mentre i bianchi aumentano dal 59 al 73 per cento. Nella
città gioiello della Luisiana, a un anno di distanza dalla
tragedia, mancano ancora quasi la metà degli abitanti originali,
un terzo degli ospedali e la metà delle scuole sono ancora
chiusi, il sessanta per cento delle case non ha elettricità.
Bush (che ha proclamato il 29 agosto, anniversario della tragedia,
"Giornata nazionale del ricordo") vanta nel suo sito ben 13 viaggi
nella zona del Golfo, anniversario di Katrina incluso, ma agli
americani continua ad apparire come il responsabile di
un'amministrazione drammaticamente inefficiente, che affidava ai
raccomandati politici agenzie importanti come la Fema, l'agenzia
incaricata di combattere le emergenze nazionali, incapace di affrontare
il dramma dei più poveri e dei più indifesi.
Recentemente ha fatto scalpore il rapporto molto documentato di
CorpWatch sulla gestione del dopo-Katrina, che dimostra che degli oltre
110 miliardi di dollari stanziati, il 90% dei contratti sono stati
affidati ad imprese esterne agli stati colpiti da Katrina e, tra
questi, oltre il 70% sono stati assegnati direttamente senza nessuna
gara pubblica. Il recupero dei cadaveri è assegnato per 6
milioni di dollari a Kenyon, filiale della Service Corporation
International, diretta da Robert Waltrip, stretto amico della famiglia
Bush. Il capo della FEMA, agenzia governativa per l'emergenza, è
Joseph Allbaugh, ex direttore della campagna presidenziale di Bush. Due
suoi clienti sono tra i primi a firmare i contratti post-Katrina. Si
tratta dello Shaw Group, e dell'Army Corps of Engineers, che hanno
totalizzano 700 milioni di dollari di contratti, come la KBR, una
filiale della Halliburton, già diretta dal Vice Presidente Dick
Cheney. Tra le altre imprese presenti, c'è anche la
multinazionale Bechtel, recentemente sotto accusa per i suoi legami con
la famiglia Bin Laden, e per i favoritismi dell'amministrazione Bush
nell'assegnazione dei contratti in Iraq.
In questa situazione negli ultimi dodici mesi molti degli ex abitanti
di New Orleans hanno scelto la strada dell'autoorganizzazione sociale:
le iniziative di solidarietà, le marce, le proteste, le cause
legali, le proposte delle reti, delle organizzazioni di abitanti, dei
sindacati hanno accompagnato la cronaca locale.
Un anno dopo, le reti sono sul piede di guerra perché niente
é tornato come prima. In occasione del primo anniversario
dell'uragano, si sono svolte grandi mobilitazioni principalmente a New
Orleans, ma anche in altre città degli USA, organizzate da
moltissime reti e organizzazioni.
Non ultimo, citiamo il Survivor's Village, accampamento eretto nel
giugno 2006 dai residenti di New Orleans con l'appoggio del United
Front for Affordable Housing Coalition, per chiedere ad HANO e HUD,
entità governative che gestiscono il settore, di riaprire
immediatamente le oltre 5.000 case popolari pubbliche ancora chiuse
nonostante siano agibili in gran parte.
robertino