Umanità Nova, n 27 del 10 settembre 2006, anno 86

Un fascista uccide, i media coprono
Tragedia annunciata

Era tragicamente facile da prevedere.
134 aggressioni fasciste negli ultimi 20 mesi ai danni di posti occupati, iniziative e singoli compagni.
L'uso dei coltelli a contrassegnare le più gravi, quelle fatte infischiandosene del possibile esito fatale dell'aggressione.
Renato Biagetti non ha avuto la fortuna di altri compagni, scampati per pochissimo alla morte ed è stato ammazzato, a 26 anni, la mattina del 27 agosto sul lungomare di Focene, vicino Fiumicino (Roma).
Laura, la ragazza, e Paolo, un altro compagno, che erano con lui, hanno raccontato la dinamica dell'aggressione: erano seduti su un muretto all'uscita di un concerto reggae organizzato da "Buena Onda" (un chiosco sulla spiaggia gestito da Rifondazione comunista). Si è avvicinata una macchina con due persone a bordo che, dopo averli provocati dall'interno dell'auto, sono scesi ed hanno accoltellato Renato e ferito, di striscio, Paolo.
Renato, portato all'ospedale Grassi di Ostia, è stato lasciato colpevolmente senza cure per due ore prima che i medici si rendessero conto che una delle sette coltellate prese lo aveva ferito al cuore.
In un paesino come Focene, dove ci sono 3.000 residenti e dove la maggior parte delle case sono seconde case, una persona zoppa, alta un metro e ottanta, con una croce celtica tatuata sul braccio e con una golf grigia metallizzata, di cui sono disponibili anche alcuni numeri di targa, non è difficile da identificare.
Ed infatti, visto che si trattava di Vittorio Emiliani, figlio di uno dei carabinieri incaricati delle indagini, ed immediata è partita l'opera di disinformazione rilanciata con la consueta sollecitudine dalla stampa nostrana.
Un'aggressione è diventata una rissa, un fascista è diventato un balordo, il suo compare è diventato un povero ragazzo innocente.
È evidente la volontà di sminuire l'accaduto ed è altrettanto evidente la provenienza di tali notizie diffuse per "spirito di corpo".
Ci troviamo perfettamente d'accordo con i compagni di Acrobax, il centro sociale in cui Renato militava, "consapevoli che l'arresto di due ragazzi di 17 e 19 anni non ci restituisce nemmeno in minima parte il fatto che Renato non ci sia più, così come sappiamo che la nostra idea di giustizia non è assimilabile a quella punitiva della reclusione."
È anche verosimile che dietro questa specifica aggressione non ci sia un disegno di qualche organizzazione, ma non si può non vedere il tentativo di legittimazione che gli ultimi epigoni dello squadrismo stanno avendo.
Il far passare per normale la violenza, l'intolleranza, la sopraffazione praticata quotidianamente dai fascisti, il cercare di riproporre gli opposti estremismi come chiave interpretativa di una differenza che è, prima di tutto, culturale e comportamentale, serve solo a dare credito a questi infami.

Un compagno romano

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