Era tragicamente facile da prevedere.
134 aggressioni fasciste negli ultimi 20 mesi ai danni di posti occupati, iniziative e singoli compagni.
L'uso dei coltelli a contrassegnare le più gravi, quelle fatte
infischiandosene del possibile esito fatale dell'aggressione.
Renato Biagetti non ha avuto la fortuna di altri compagni, scampati per
pochissimo alla morte ed è stato ammazzato, a 26 anni, la
mattina del 27 agosto sul lungomare di Focene, vicino Fiumicino (Roma).
Laura, la ragazza, e Paolo, un altro compagno, che erano con lui, hanno
raccontato la dinamica dell'aggressione: erano seduti su un muretto
all'uscita di un concerto reggae organizzato da "Buena Onda" (un
chiosco sulla spiaggia gestito da Rifondazione comunista). Si è
avvicinata una macchina con due persone a bordo che, dopo averli
provocati dall'interno dell'auto, sono scesi ed hanno accoltellato
Renato e ferito, di striscio, Paolo.
Renato, portato all'ospedale Grassi di Ostia, è stato lasciato
colpevolmente senza cure per due ore prima che i medici si rendessero
conto che una delle sette coltellate prese lo aveva ferito al cuore.
In un paesino come Focene, dove ci sono 3.000 residenti e dove la
maggior parte delle case sono seconde case, una persona zoppa, alta un
metro e ottanta, con una croce celtica tatuata sul braccio e con una
golf grigia metallizzata, di cui sono disponibili anche alcuni numeri
di targa, non è difficile da identificare.
Ed infatti, visto che si trattava di Vittorio Emiliani, figlio di uno
dei carabinieri incaricati delle indagini, ed immediata è
partita l'opera di disinformazione rilanciata con la consueta
sollecitudine dalla stampa nostrana.
Un'aggressione è diventata una rissa, un fascista è
diventato un balordo, il suo compare è diventato un povero
ragazzo innocente.
È evidente la volontà di sminuire l'accaduto ed è
altrettanto evidente la provenienza di tali notizie diffuse per
"spirito di corpo".
Ci troviamo perfettamente d'accordo con i compagni di Acrobax, il
centro sociale in cui Renato militava, "consapevoli che l'arresto di
due ragazzi di 17 e 19 anni non ci restituisce nemmeno in minima parte
il fatto che Renato non ci sia più, così come sappiamo
che la nostra idea di giustizia non è assimilabile a quella
punitiva della reclusione."
È anche verosimile che dietro questa specifica aggressione non
ci sia un disegno di qualche organizzazione, ma non si può non
vedere il tentativo di legittimazione che gli ultimi epigoni dello
squadrismo stanno avendo.
Il far passare per normale la violenza, l'intolleranza, la
sopraffazione praticata quotidianamente dai fascisti, il cercare di
riproporre gli opposti estremismi come chiave interpretativa di una
differenza che è, prima di tutto, culturale e comportamentale,
serve solo a dare credito a questi infami.
Un compagno romano