È inutile starsela a raccontare: quando c'e da mietere non si
va per il sottile e anche il "papa teologo" deve adattarsi; e
trasformarsi, quando occorre, in papa da "baraccone".
Come si sa uno dei cementi più forti e tenaci che tengono
insieme il grande apparato della Chiesa cattolica è il culto
delle reliquie, e quindi guai a dimenticarsene o far finta che si
tratti di cose secondarie. Del resto, se ci prendesse l'uzzo di fare
una statistica sul numero e la varietà di questi preziosi
reperti anatomici, troveremmo sorprese non da poco: le due teste di San
Barnaba, ad esempio, o le sette gambe di Sant'Ignazio, le tredici
braccia di Santo Stefano, le sessantatre dita di San Gerolamo, per non
citare le dodici mani di San Matteo e le sette mammelle di Sant'Agata.
E tralasciamo, per carità di patria, il sangue di San Gennaro, i
sette prepuzi di Gesù e i quattro chiodi della croce, conservati
amorevolmente in quindici posti differenti della cristianità.
Come si vede, la questione è quanto mai seria e quindi va
trattata con serietà. Quella stessa, come leggiamo dalle
cronache di questi giorni, con la quale anche il colto Benedetto XVI ha
voluto accondiscendere alla credulità popolare, annunciando una
visita al convento di Manoppello, in quel d'Abruzzo, per rendere
omaggio alla "altra" sindone, un telo risalente a circa cinquecento
anni orsono, sul quale sarebbe rimasta miracolosamente impressa
l'immagine di Gesù mentre lo portavano sul Golgota mille e
cinquecento anni prima. E poco importa che di queste "veroniche" se ne
conservino, sparse qua e là, all'incirca trentadue, tutte
regolarmente riconosciute dalle autorità ecclesiastiche.
Ma come, potrebbe chiedersi qualche ingenuo. Anche il sofisticato e
mozartiano Ratzinger, l'acuto e raffinato intellettuale, si presta a
dare credibilità a queste rozze forme di superstizione,
accantonando senza vergogna tutta la sua filosofia e teologia per
mettersi nella scia del suo popolaresco e bigotto predecessore?
D'accordo che ha cercato di salvarsi in corner presentando la sua
visita come una metaforica e spirituale "ricerca del volto di
Gesù", ma resta il fatto che "il papa ha visitato il convento di
Manoppello e la sua sacra immagine" e quindi anche questa misconosciuta
sindone può ora aspirare, alla faccia dei torinesi, a diventare
luogo di culto universale e universalmente riconosciuto. E soprattutto
conosciuto. Quindi con il consueto corollario di mercatino degli
oggetti sacri, di piazzali per i torpedoni dei pellegrini, di ostelli
per gli stessi, di guarigioni miracolose e di tutti quegli annessi e
connessi che sono soliti caratterizzare i luoghi deputati alla
devozione popolare.
Del resto, se si purgasse una religione, una qualunque religione, della
sua superstiziosa e irrazionale sfera del sovrannaturale, questa
rischierebbe di diventare una banale filosofia "terrena" soggetta al
giudizio della ragione e quindi alla messa in discussione dei suoi
dogmi. Perdendo così la funzione di guida non solo spirituale ma
anche materiale di coloro che ad essa si affidano. E questo, non ci
sono santi che tengano, non se lo può permettere nessuno.
Nemmeno il colto e raffinato teologo Joseph Ratzinger.
MoM