Umanità Nova, n 27 del 10 settembre 2006, anno 86

Reliquie
Un papa da baraccone

È inutile starsela a raccontare: quando c'e da mietere non si va per il sottile e anche il "papa teologo" deve adattarsi; e trasformarsi, quando occorre, in papa da "baraccone".
Come si sa uno dei cementi più forti e tenaci che tengono insieme il grande apparato della Chiesa cattolica è il culto delle reliquie, e quindi guai a dimenticarsene o far finta che si tratti di cose secondarie. Del resto, se ci prendesse l'uzzo di fare una statistica sul numero e la varietà di questi preziosi reperti anatomici, troveremmo sorprese non da poco: le due teste di San Barnaba, ad esempio, o le sette gambe di Sant'Ignazio, le tredici braccia di Santo Stefano, le sessantatre dita di San Gerolamo, per non citare le dodici mani di San Matteo e le sette mammelle di Sant'Agata. E tralasciamo, per carità di patria, il sangue di San Gennaro, i sette prepuzi di Gesù e i quattro chiodi della croce, conservati amorevolmente in quindici posti differenti della cristianità.
Come si vede, la questione è quanto mai seria e quindi va trattata con serietà. Quella stessa, come leggiamo dalle cronache di questi giorni, con la quale anche il colto Benedetto XVI ha voluto accondiscendere alla credulità popolare, annunciando una visita al convento di Manoppello, in quel d'Abruzzo, per rendere omaggio alla "altra" sindone, un telo risalente a circa cinquecento anni orsono, sul quale sarebbe rimasta miracolosamente impressa l'immagine di Gesù mentre lo portavano sul Golgota mille e cinquecento anni prima. E poco importa che di queste "veroniche" se ne conservino, sparse qua e là, all'incirca trentadue, tutte regolarmente riconosciute dalle autorità ecclesiastiche.
Ma come, potrebbe chiedersi qualche ingenuo. Anche il sofisticato e mozartiano Ratzinger, l'acuto e raffinato intellettuale, si presta a dare credibilità a queste rozze forme di superstizione, accantonando senza vergogna tutta la sua filosofia e teologia per mettersi nella scia del suo popolaresco e bigotto predecessore? D'accordo che ha cercato di salvarsi in corner presentando la sua visita come una metaforica e spirituale "ricerca del volto di Gesù", ma resta il fatto che "il papa ha visitato il convento di Manoppello e la sua sacra immagine" e quindi anche questa misconosciuta sindone può ora aspirare, alla faccia dei torinesi, a diventare luogo di culto universale e universalmente riconosciuto. E soprattutto conosciuto. Quindi con il consueto corollario di mercatino degli oggetti sacri, di piazzali per i torpedoni dei pellegrini, di ostelli per gli stessi, di guarigioni miracolose e di tutti quegli annessi e connessi che sono soliti caratterizzare i luoghi deputati alla devozione popolare.
Del resto, se si purgasse una religione, una qualunque religione, della sua superstiziosa e irrazionale sfera del sovrannaturale, questa rischierebbe di diventare una banale filosofia "terrena" soggetta al giudizio della ragione e quindi alla messa in discussione dei suoi dogmi. Perdendo così la funzione di guida non solo spirituale ma anche materiale di coloro che ad essa si affidano. E questo, non ci sono santi che tengano, non se lo può permettere nessuno. Nemmeno il colto e raffinato teologo Joseph Ratzinger.

MoM

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