Umanità Nova, n 28 del 17 settembre 2006, anno 86

Afganistan
Il segreto di pulcinella


Gli attentati dell'8 settembre 2006, a Kabul nei pressi dell'ambasciata Usa e contro una pattuglia italiana nei dintorni di Farah, nella zona di responsabilità del Regional Command West a guida italiana, confermano la gravità dello guerra in atto in Afganistan.
Appena il giorno prima, il capo delle operazioni della Nato, generale James Jones, aveva ammesso che l'Alleanza non aveva previsto l'estensione della violenza nel sud dell'Afganistan, chiedendo ulteriori rinforzi ai 37 stati facenti parte della missione Isaf, sia in termini di truppe che di mezzi aerei.
Inoltre, il generale aveva sollecitato la rimozione dei limiti nelle regole d'ingaggio -conosciuti come caveat - per il pieno utilizzo in modalità "combat" delle truppe Nato.
Per quanto riguarda il contingente italiano, di quasi 2 mila militari, il ministro della Difesa Arturo Parisi ha già offerto da tempo la sua disponibilità ad intervenire "fuori area", beninteso "solo per operazioni di emergenza come l'aiuto ad alleati in difficoltà", anche nelle turbolente province meridionali, ed ha notoriamente  iniziato - sin dalla fine di luglio - il dislocamento di un task group (composto da paracadutisti del 9° reggimento Col Moschin e da commandos della marina del Comsubin) di forze speciali italiane a Herat, sede operativa del Prt di competenza italiana, pronte ad essere impiegate nelle quattro province occidentali dell'Afganistan sotto comando italiano. Un dispiegamento questo avviato discretamente e in maniera scaglionata per non aumentare polemiche e problemi in seno alla maggioranza governativa, allora impegnata nel voto parlamentare per il discusso rifinanziamento della missione in Afganistan.
Tale rafforzamento, più qualitativo che numerico, delle forze italiane nel teatro afgano appare come il risultato, di compromesso, tra le richieste avanzate dai comandi Nato e la necessità di non aumentare in modo troppo vistoso il numero dei militari già impegnati nell'intervento italiano in terra afgana, così da tranquillizzare i malumori dei, peraltro pochi e presto rassegnati, parlamentari dissidenti nelle file della cosiddetta "sinistra pacifista" (Rifondazione comunista, Comunisti Italiani, Verdi e qualche Ds).
Infatti, chiunque ha qualche nozione di cose militari, sa che poche centinaia di soldati dei reparti speciali, con specifico addestramento per operazioni non convenzionali e armamento antiguerriglia, sul campo valgono quanto migliaia di unità appartenenti a reparti ordinari quali alpini o bersaglieri, più adatti a presidiare, difendere e pattugliare le aree di competenza piuttosto che a svolgere ruoli offensivi.
Eppure si è fatto finta di non vedere e non sapere: ancora su "Il Manifesto" del 6 settembre, assieme alla pseudo notizia riguardante le truppe speciali, si potevano leggere le dichiarazioni stupite di Russo Spena, capogruppo del Prc al senato, e di Angelo Monelli, capogruppo dei Verdi alla camera, in attesa di conferme ufficiali da parte di quell'esecutivo di cui, sino a prova contraria, fanno loro stessi parte.
Ma la realtà della guerra sta smascherando velocemente le manovre del governo e i funambolismi della sinistra parlamentare: la guerra è guerra, con i rischi connessi.
Infatti, l'attentato dell'8 settembre, ha causato il ferimento proprio di quattro incursori del Comsubin, così da togliere ogni eventuale dubbio sul loro impiego che, a quel punto, veniva confermato anche dal ministro Parisi pronto a precisare come "le nostre truppe d'elite sono state inviate come supporto di qualità per gli obbiettivi che ci siamo prefissi in sede Nato".
Da parte sua, lo stesso generale J.J. ha dovuto riconoscere che l'insorgenza afgana non è per gli occupanti, come mai lo è stato nella storia di questo paese, un problema militare facile a risolversi: "È come agitare un alveare e le api sciamano fuori".
Soltanto nell'ultimo anno, le perdite ufficiali dell'Isaf-Nato (senza contare quelle Usa) assommano a circa cinquanta morti e a oltre cento feriti, così come non sono pochi gli elicotteri e gli aerei abbattuti.
E manca ancora almeno un mese, prima dell'arrivo del crudele inverno afgano.

U.F.

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti