Umanità Nova, n 28 del 17 settembre 2006, anno 86

Immigrazione
Movimenti e ragion di Stato


Un'estate orribile quella appena trascorsa. Il mediterraneo si è riconfermato uno scenario di morte e disperazione infinita: migliaia di immigrati hanno raggiunto le coste della Sicilia e delle sue isole minori dopo viaggi allucinanti ai limiti di ogni umana resistenza tanto che i naufragi e i decessi in mare si sono moltiplicati paurosamente rispetto agli anni passati. Inutile tentare in questa sede una macabra contabilità dell'orrore perché sarebbe semplicemente inutile. Troppo poche e imprecise, infatti, le informazioni su quante persone siano di volta in volta morte o siano state gettate in mare dopo il decesso o disperse in seguito a naufragi perché, di solito, sono proprio i superstiti che raccontano la terribile esperienza di questi viaggi, e la ricostruzione degli eventi non è mai del tutto lucida. Per stanchezza, per voglia di dimenticare o anche per paura di dire ciò che non si può dire, come quando una corvetta della Marina militare italiana si avvicina un po' troppo e il barcone in cui hai viaggiato con decine di altre persone si ribalta lasciando che il mare le inghiotta per sempre. E poi cadaveri riemersi dopo settimane, impigliati nelle reti dei pescatori, o sbrigativamente tumulati senza un nome e senza neanche rintracciare familiari o amici.
Mentre tutto questo accadeva, il governo italiano procedeva in maniera sottile e determinata dissimulando una falsa attenzione alla questione dei migranti in Italia con l'assicurazione di un'improbabile trasparenza nella gestione dei centri di permanenza temporanea (istituzione della commissione ministeriale indipendente voluta da Giuliano Amato con il contributo di diversi soggetti dell'associazionismo più o meno "antirazzista" tra cui Arci e Ics), promettendo con il ministro Ferrero l'aumento delle quote di ingresso per i lavoratori stranieri, e - dulcis in fundo - prospettando un vistoso accorciamento dei tempi per il conferimento della cittadinanza. Parallelamente, il governo si muoveva all'insegna di una concretezza repressiva chiedendo alla Germania una stretta collaborazione per pattugliare il Mediterraneo e rivolgendosi a Franco Frattini per ottenere la disponibilità della commissione europea a collaborare alle operazioni di rimpatrio e a effettuare pattugliamenti delle coste. Inutile sottolineare che il ministro Amato si è da subito preoccupato di chiarire un concetto una volta per tutte: i CPT non saranno chiusi ma, anzi, verranno aumentati di numero.
È in questo contesto che si è manifestata in maniera sempre più virulenta la classica sindrome da narcotizzazione dei movimenti sociali. I tentativi operati abilmente dalla classe politica al potere di imbalsamare le lotte in una prospettiva di perenne concertazione e di rassicurante compatibilità con lo stato di cose presenti sono andati nella direzione voluta: molte aree del movimento antirazzista in Italia (al pari di quanto sta accadendo nel movimento pacifista) stanno inoltrandosi in un imbuto suicida fatto di compromissione e collaborazione con chi governa. In questo gioco delle parti il ceto politico della sinistra parlamentare vuole consolidare il proprio potere facendo leva sulla compiacenza dei mestieranti dell'antirazzismo, tutti quelli cioè che riescono a manifestare con sfacciata disinvoltura per la chiusura dei CPT rifugiandosi, come se niente fosse, sotto l'ala protettiva di chi i CPT li ha creati a suo tempo e oggi non ha alcuna intenzione di eliminarli. Ed è così che le mobilitazioni antirazziste rischiano di diventare ghiotte passerelle per esponenti del centrosinistra e per tutto il codazzo di portaborse fatto di sindacalisti, movimentisti di professione, finti antagonisti e utili idioti.
Non escludiamo affatto che, in mezzo a questo pantano etico e politico, ci siano anche molti militanti o sinceri democratici in assoluta buona fede. Né siamo così sprovveduti da ritenere che i furbacchioni che oggi portano acqua al mulino della sinistra al governo fossero animati, nel recente passato, da intenti autenticamente radicali. Noi non pretendiamo che i movimenti sociali siano di per sé - e allo stato attuale - forze rivoluzionarie capaci di volere e fare tutto e subito. Quello che vogliamo (e alla cui realizzazione lavoreremo sempre) è un movimento che sia - così come dovrebbe esserlo per definizione - un soggetto veramente autonomo dal potere e dalle istituzioni. Non perché si voglia che tutti diventino d'un tratto anarchici o antiautoritari, ma perché è la storia stessa dei movimenti che insegna come solo la capacità di progettare il futuro e i cambiamenti indipendentemente da chi detiene il potere è la chiave giusta per accendere il conflitto e ottenere risultati concreti. Questo governo, come qualunque governo, mira proprio all'eliminazione del conflitto passando attraverso la sua progressiva gestione, ed è naturale che sia così.
A una strategia di questo tipo qualunque movimento dovrebbe saper opporre la propria autonomia, la volontà di aggregazione a partire da una dimensione veramente sociale, sganciandosi da padroni e padrini e imponendosi con una soggettività che può incidere davvero sui rapporti di forza. Non bisogna mai dimenticare che quando - nello specifico - si parla di antirazzismo e di libertà di circolazione, si parla di immigrati, di donne e uomini veri, delle loro vite e dei loro diritti che sono anche (e soprattutto) i diritti nostri e di tutti.
Niente di più lontano, quindi, dalle cortine fumogene prodotte da chi uccide la libertà facendosi strumento della ragion di stato.

TAZ laboratorio di comunicazione libertaria

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