Un'estate orribile quella appena trascorsa. Il mediterraneo si è
riconfermato uno scenario di morte e disperazione infinita: migliaia di
immigrati hanno raggiunto le coste della Sicilia e delle sue isole
minori dopo viaggi allucinanti ai limiti di ogni umana resistenza tanto
che i naufragi e i decessi in mare si sono moltiplicati paurosamente
rispetto agli anni passati. Inutile tentare in questa sede una macabra
contabilità dell'orrore perché sarebbe semplicemente
inutile. Troppo poche e imprecise, infatti, le informazioni su quante
persone siano di volta in volta morte o siano state gettate in mare
dopo il decesso o disperse in seguito a naufragi perché, di
solito, sono proprio i superstiti che raccontano la terribile
esperienza di questi viaggi, e la ricostruzione degli eventi non
è mai del tutto lucida. Per stanchezza, per voglia di
dimenticare o anche per paura di dire ciò che non si può
dire, come quando una corvetta della Marina militare italiana si
avvicina un po' troppo e il barcone in cui hai viaggiato con decine di
altre persone si ribalta lasciando che il mare le inghiotta per sempre.
E poi cadaveri riemersi dopo settimane, impigliati nelle reti dei
pescatori, o sbrigativamente tumulati senza un nome e senza neanche
rintracciare familiari o amici.
Mentre tutto questo accadeva, il governo italiano procedeva in maniera
sottile e determinata dissimulando una falsa attenzione alla questione
dei migranti in Italia con l'assicurazione di un'improbabile
trasparenza nella gestione dei centri di permanenza temporanea
(istituzione della commissione ministeriale indipendente voluta da
Giuliano Amato con il contributo di diversi soggetti
dell'associazionismo più o meno "antirazzista" tra cui Arci e
Ics), promettendo con il ministro Ferrero l'aumento delle quote di
ingresso per i lavoratori stranieri, e - dulcis in fundo - prospettando
un vistoso accorciamento dei tempi per il conferimento della
cittadinanza. Parallelamente, il governo si muoveva all'insegna di una
concretezza repressiva chiedendo alla Germania una stretta
collaborazione per pattugliare il Mediterraneo e rivolgendosi a Franco
Frattini per ottenere la disponibilità della commissione europea
a collaborare alle operazioni di rimpatrio e a effettuare
pattugliamenti delle coste. Inutile sottolineare che il ministro Amato
si è da subito preoccupato di chiarire un concetto una volta per
tutte: i CPT non saranno chiusi ma, anzi, verranno aumentati di numero.
È in questo contesto che si è manifestata in maniera
sempre più virulenta la classica sindrome da narcotizzazione dei
movimenti sociali. I tentativi operati abilmente dalla classe politica
al potere di imbalsamare le lotte in una prospettiva di perenne
concertazione e di rassicurante compatibilità con lo stato di
cose presenti sono andati nella direzione voluta: molte aree del
movimento antirazzista in Italia (al pari di quanto sta accadendo nel
movimento pacifista) stanno inoltrandosi in un imbuto suicida fatto di
compromissione e collaborazione con chi governa. In questo gioco delle
parti il ceto politico della sinistra parlamentare vuole consolidare il
proprio potere facendo leva sulla compiacenza dei mestieranti
dell'antirazzismo, tutti quelli cioè che riescono a manifestare
con sfacciata disinvoltura per la chiusura dei CPT rifugiandosi, come
se niente fosse, sotto l'ala protettiva di chi i CPT li ha creati a suo
tempo e oggi non ha alcuna intenzione di eliminarli. Ed è
così che le mobilitazioni antirazziste rischiano di diventare
ghiotte passerelle per esponenti del centrosinistra e per tutto il
codazzo di portaborse fatto di sindacalisti, movimentisti di
professione, finti antagonisti e utili idioti.
Non escludiamo affatto che, in mezzo a questo pantano etico e politico,
ci siano anche molti militanti o sinceri democratici in assoluta buona
fede. Né siamo così sprovveduti da ritenere che i
furbacchioni che oggi portano acqua al mulino della sinistra al governo
fossero animati, nel recente passato, da intenti autenticamente
radicali. Noi non pretendiamo che i movimenti sociali siano di per
sé - e allo stato attuale - forze rivoluzionarie capaci di
volere e fare tutto e subito. Quello che vogliamo (e alla cui
realizzazione lavoreremo sempre) è un movimento che sia -
così come dovrebbe esserlo per definizione - un soggetto
veramente autonomo dal potere e dalle istituzioni. Non perché si
voglia che tutti diventino d'un tratto anarchici o antiautoritari, ma
perché è la storia stessa dei movimenti che insegna come
solo la capacità di progettare il futuro e i cambiamenti
indipendentemente da chi detiene il potere è la chiave giusta
per accendere il conflitto e ottenere risultati concreti. Questo
governo, come qualunque governo, mira proprio all'eliminazione del
conflitto passando attraverso la sua progressiva gestione, ed è
naturale che sia così.
A una strategia di questo tipo qualunque movimento dovrebbe saper
opporre la propria autonomia, la volontà di aggregazione a
partire da una dimensione veramente sociale, sganciandosi da padroni e
padrini e imponendosi con una soggettività che può
incidere davvero sui rapporti di forza. Non bisogna mai dimenticare che
quando - nello specifico - si parla di antirazzismo e di libertà
di circolazione, si parla di immigrati, di donne e uomini veri, delle
loro vite e dei loro diritti che sono anche (e soprattutto) i diritti
nostri e di tutti.
Niente di più lontano, quindi, dalle cortine fumogene prodotte
da chi uccide la libertà facendosi strumento della ragion di
stato.
TAZ laboratorio di comunicazione libertaria