Umanità Nova, n 29 del 24 settembre 2006, anno 86

La nuova linea politica del Vaticano
Benedetto alle crociate

Con il discorso all'Università di Regensburg Benedetto XVI ha dato nuovo vigore al clima da crociata che attraversa le società cristiane e musulmane, sempre più emotivamente coinvolte dalla forza persuasiva delle jihad che i clericali nostrani, come quelli islamici, proclamano dai media e nelle piazze.
Nel giro di pochi anni abbiamo visto rafforzarsi in maniera drammatica il fondamentalismo musulmano, ma nello stesso tempo il cristianesimo evangelico (ben saldo al governo degli USA) si è reso responsabile di una politica di espropriazione e guerra a danno dei popoli arabi.
In un concitato effetto a spirale, i fondamentalismi cristiani e musulmani si affrontano, si scontrano e si offrono l'un l'altro "sragioni" per attizzare gli incendi che stanno minacciosamente scotendo le nostre società.
Il clima che si respira è quello da guerra di religione, o meglio, da scontro di civiltà e ciò che più preoccupa è il fatto che i toni usati per descrivere i "nemici" siano forti e chiari, non attenuati neanche più dal politically correct che sembrava fosse diventato lo slang preferito dai poteri dominanti.
Il discorso di Ratzinger, dunque, non arriva certo come un fulmine a ciel sereno, perché eravamo già abituati ai deliri anti-musulmani di Badget-Bozzo o del Cardinal Biffi. Sapevamo, quindi, che anche nella chiesa cattolica le tendenza più retrive (e maggioritarie), di cui Benedetto XVI è espressione, avevano da tempo scelto la linea della crociata anti-islamica.
L'intervento del Papa non può, allora, essere interpretato come gaffe, né si possono accusare i musulmani di aver frainteso. Siamo in pieno scontro militare e culturale e la posta in gioco sembra essere diventata la sopravvivenza dell'una e dell'altra cultura, mentre la realtà vede il mondo occidentale schiacciare quello islamico rafforzandone, nel contempo, l'anima più irrazionale. l'escalation di violenza, quindi, avrebbe imposto una prudenza che il nostro "monaco" contro-riformatore non sembra aver intenzione di usare.
Di fronte alle solite reazioni scomposte degli islamici, gli occidentali gridano al fondamentalismo, mentre la santa sede (sempre meno santa e sempre più stato belligerante) si arrampica sugli specchi cercando di spiegare, a coloro che lanciano molotov contro le chiese di Nablus, quanto il papa intendesse tendere la mano ai musulmani.
In realtà le cose non stanno assolutamente così e Benedetto XVI ha scritto e letto ciò che sempre si è sforzato di dimostrare: il dio cristiano è dio di amore e ragione, mentre gli altri "son nessuno".
L'assoluta incapacità di riconoscere l'alterità è parte essenziale delle dottrine religiose. Per chi non ne è parte si preparano roghi, sia in terra che nell'al di là.
Sull'Osservatore Romano di oggi (lunedì 18 settembre 2006), il nuovo segretario di stato, Tarcisio Bertone, dichiara quanto segue: "La posizione del Papa sull'Islam è inequivocabilmente quella espressa dal documento conciliare Nostra Aetate: "La Chiesa guarda con stima i musulmani". Aggiunge poco dopo: "L'opzione del Papa in favore del dialogo interreligioso e interculturale è altrettanto inequivocabile".
Peccato che solo pochi giorni fa il pontefice si sia adoperato per oscurare l'incontro interreligioso di Assisi, in cui risplendeva la sua ostentata assenza, il significato della quale, in caso non lo si fosse ben interpretato, sta tutto in un suo messaggio al vescovo della città ospitante l'incontro, Domenico Sorrentino. In questo si faceva presente, contro qualsiasi tentazione sincretistica che l'incontro avrebbe potuto sollecitare, che lo spirito di Francesco d'Assisi non può essere interpretato con le categorie laiche dell'ecologia e del pacifismo, ma solo attraverso l'evento della sua conversione a Gesù Cristo (mica a Maometto!).
Il discorso di Regenburg è costruito su un'idea forte e chiaramente rimarcata: il dio dei cristiani è logos, cioè è il dio della ragione, per cui non agire secondo ragione è contrario alla volontà di dio. Al contrario, il dio dei musulmani non è legato a nessuna delle categorie umane, è assolutamente trascendente, ragion per cui un comportamento irrazionale, come quello dettato dalla violenza, è assolutamente conciliabile con questo dio. Il papa usa le parole dell'imperatore Manuele II Paleologo, ma queste sono assolutamente in linea con lo svolgersi della sua argomentazione. Addirittura, onde evitare la solita e reiterata obiezione che vorrebbe dare del Corano esclusivamente una lettura pacifista, il pontefice tiene a rimarcare sottilmente (quanto è colto, quest'uomo) che: "Sicuramente l'imperatore sapeva che nella sura 2, 256 si legge: "Nessuna costrizione nelle cose di fede". È una delle sure del periodo iniziale in cui Maometto stesso era ancora senza potere e minacciato. Ma, naturalmente, l'imperatore conosceva anche le disposizioni, sviluppate successivamente e fissate nel Corano, circa la guerra santa".
Questo per dire: inutile che vi affanniate a negarlo, le parti buoniste sono state vanificate e superate dalle successive sure sulla jihad.
Insomma, è evidente come, nonostante i distinguo e le scuse della curia, le parole del papa siano assolutamente tese a "marcare la differenza". Tra il cristianesimo e le altre religioni, tra il cattolicesimo e la scienza, prossima vittima della "ragione" papale.
Questo marcare la differenza, mi sembra, stia caratterizzando l'azione politica e pastorale del nuovo papa. Nelle cose della politica, infatti, gli spostamenti degli equilibri in campo sono preparati da cambiamenti di rotta che inizialmente possono non essere percepiti, ma poi, una volta che un processo si è avviato, restano solo gli idioti, o i servi della carta stampata, vaticanisti in primis, a far finta di niente. 

Paolo Iervese

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